La Nuova Sardegna

I soccorritori: «Un salvataggio nella tempesta»

I soccorritori: «Un salvataggio nella tempesta»

OLBIA. Nell’hard disk della sua memoria ricorda ancora qualche immagine di quella notte. Antonio Camboni era il comandante della Capitaneria di Olbia che nella notte del 22 giugno aveva ricevuto l’Sos...

16 dicembre 2017
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OLBIA. Nell’hard disk della sua memoria ricorda ancora qualche immagine di quella notte. Antonio Camboni era il comandante della Capitaneria di Olbia che nella notte del 22 giugno aveva ricevuto l’Sos della Nadine, lo yacht da 50 metri del miliardario Jordan Belfort. «Ho qualche immagine ancora nella mente – racconta –. Per noi era uno dei tanti salvataggi che abbiamo fatto. Negli anni ’90 la Costa Smeralda era popolata di tanti yacht di grande valore e non tutti avevano una grande conoscenza del mare. La patente nautica la prendevano con il mare piatto, non certo con una tempesta simile. Ricordo che ho mandato uno degli uomini migliori che avevo con una motovedetta. Ma il recupero è stato complesso anche perché è stata un’operazione congiunta».

A comandare la motovedetta c’era Pietro Fiori, di Ploaghe. «Ricordo benissimo quella notte. Le onde erano altissime, era mare 8. Quando siamo usciti da Capo Figari ci ha investito un’onda che ha girato la motovedetta di 180 gradi. Abbiamo navigato per 40 miglia per raggiungere il Nadine. Quando siamo arrivati lo yacht era semi affondato. Nel frattempo si era attivata tutto un sistema di soccorso. Era partito un elicottero da Ciampino, un altro era arrivato dalla nave San Marco della Marina che faceva esercitazioni in zona. Era stata fermata anche un traghetto di linea delle Ferrovie dello Stato che faceva la tratta Golfo Aranci-Civitavecchia. Per prestare soccorso. Le onde erano altissime. Una parte dei naufraghi è stata salvata con l’elicottero. Veniva calato un cestello e i passeggeri salivano tre alla volta. Poi venivano trasbordati su un mezzo da sbarco della Marina. Ogni trasporto portava via 20 minuti. Gli ultimi tre li abbiamo fatti salire sulla motovedetta, perché lo yacht era completamente affondato. La cosa incredibile è che erano tutti tranquilli. Avevano preso la cosa con una serenità mai vista. Gli ultimi ad andare via sono stati il comandante e Belfort. Arrivati si davano il cinque e si abbracciavano. Ci hanno ringraziato a lungo. Ma sinceramente non ho mai visto una persona che aveva perso un’imbarcazione da 20 miliardi così felice. Le donne con loro, le ricordo erano tutte modelle e attrici, erano molto più preoccupate». (l.roj)

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