La Nuova Sardegna

I misteri di un capolavoro: “L’adorazione dei pastori”

di Paolo Curreli
I misteri di un capolavoro: “L’adorazione dei pastori”

La Pinacoteca Nazionale di Sassari propone le opere legate alla Natività Tra loro un bellissimo quadro anonimo in un’incisione antica firmata Raffaello

18 dicembre 2017
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SASSARI. La Pinacoteca Nazionale di Sassari offre in questi giorni un’interessante digressione dalla passeggiata per lo shopping natalizio. Per far conoscere le opere più rappresentative sul tema della Natività, il Polo museale della Sardegna, diretto da Giovanna Damiani, inaugura la mostra “La Notte Santa nel tempo dell’arte”.

L’evento rientra nel calendario delle manifestazioni previste per Musei di Storie. Un’ottima occasione per scoprire i tanti capolavori che la Pinacoteca di Piazza Santa Caterina custodisce fino al 6 gennaio. Ma per i visitatori più curiosi la Pinacoteca offre anche l’affascinante storia che sta dietro ogni opera d’arte. Tra attribuzioni, possessori, committenti e mercanti, ogni quadro è testimone di un’avventura. E questa storia la può ben raccontare “L’adorazione dei pastori”, secondo il Lavagnino che curò il catalogo della Pinacoteca, è un’opera di scuola fiamminga di grande pregio del XVII secolo, centrale per il tema dell’esposizione.

L’opera era stata regalata da Giovanni Antonio Sanna – ricchissimo mecenate sassarese dell’800 a cui si deve il fondo centrale della collezione – alla figlia Zely Bertolio. Sanna aveva fama di appassionato collezionista e i mercanti più importanti d’Europa si rivolgevano a lui per un suo particolare pregio: quello di pagare subito e in contanti. Molte acquisizioni del facoltoso imprenditore venivano fatte in blocco, ma non fu il caso dell’“Adorazione dei pastori”.

«In seguito a recenti studi per la cura della collezione – spiega la direttrice della Pinacoteca Giannina Granara – risulta che il dipinto originale venne attribuito al pittore Andrea Meldolla, detto lo Schiavone (1510-1563), da Pierre Jean Mariette uno fra i maggiori conoscitori d’arte del tempo che pare sia stato l’unico a vedere il quadro a Parigi, nel 1759, prima che fosse portato in Inghilterra, dove poi si sono perse le tracce».

A fare da filo rosso sulle vicende del quadro scomparso sono le numerose incisioni che lo riproducono. Opere che sostituivano le foto di oggi, servivano ai mercanti per i loro commerci, ai collezionisti e ai pittori che le usavano per le copie o come ispirazione per opere originali. «Il proprietario dell’opera il veneziano Giovanni Battista Franceschi ne fece fare delle incisioni, a metà del ’600, a due maestri: Cornelis Bloamaert e Pietro del Po – dice ancora la storica dell’arte –. Queste incisioni presentano un suo ritratto, che compare anche nel quadro sassarese, e una scritta che attribuisce l’opera riprodotta al grande Raffaello».

Lo Schiavone nasce dieci anni prima della morte di Raffaello avvenuta nel 1520, l’opera ha un impianto raffaellesco e può essere una riproduzione manierista ispirata alla scuola di Raffaello. Nel quadro conservato alla pinacoteca il pixit (la firma) di Raffaello non si vede.

Esistono delle copie? Lo storico Pietro Zani nel 1817 scopre l’incisione di Guillame Vallet (Parigi 1632-1704) che riproduceva “L’adorazione”, tale e quale a quella esposta a Sassari. L’incisione è datata 1691. A questo punto bisogna chiedersi chi è l’autore dell’ “Adorazione” della pinacoteca sassarese? È di Andrea Meldolla, detto lo Schiavone. Oppure e una copia di bottega? Che fine ha fatto il quadro di proprietà di Franceschi? Perché nell’ “Adorazione” di Sassari compare il ritratto di Franceschi ma non c’è più la firma di Raffaello dipinta proprio sotto, sulla stessa colonna? Forse Franceschi aveva voluto apporre la firma di Raffaello non per errore, ma per dolo in quanto dovendo vendere il dipinto poteva avere più probabilità facendolo circolare come opera di Raffaello.

«Il tema è molto affascinate – sottolinea Granara –. Il dipinto scomparso, come testimoniano, le incisioni di Vallet, di del Po, e di Bloamaert, con certezza riportava le stesse caratteristiche dell’impianto compositivo centrale, appartenenti allo stile della bottega di Raffaello. Franceschi, proprietario del dipinto, fa realizzare delle incisioni da i grandi maestri del tempo, con un impiego di denaro cospicuo, per certificare il suo status, di nobile ricco notaio. Tutto questo è dimostrabile dalle stampe realizzate con dedica specifica e con il riferimento inequivocabile allo stemma araldico inviato al Granduca di Toscana, con l’incisione firmata Del Po; e ancora di più con la dedica a Ferdinando III D’Aragona e a sua figlia Anna Maria Regina di Spagna. Una copia dello stesso dipinto, con poche varianti, è stata recentemente attribuita da una casa d’aste al discepolo di Raffaello Polidoro da Caravaggio, forse il nostro quadro è una copia di quest’ultimo». L’ “Adorazione” era già stata oggetto di studi in passato e più recentemente dalla storica dell’arte Lucia Arbace. Al di fuori delle attribuzioni e della sua affascinate storia, l’opera, e le altre in mostra a Sassari, sono dei capolavori da vedere e da ammirare ancora oggi.

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