La Nuova Sardegna

In aereo verso New York il fatidico 11 settembre

In aereo verso New York il fatidico 11 settembre

Nella storia dello chef Giovanni Sias c’è un piccolo pezzo di storia. La sua carriera è decollata nelle Filippine ma ha cominciato a svoltare negli Stati Uniti negli stessi giorni in cui il mondo ha cambiato volto per sempre

30 dicembre 2017
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SORSO. Nella storia di Giovanni Sias c’è un piccolo pezzo di storia. La sua carriera è decollata nelle Filippine ma ha cominciato a svoltare negli Stati uniti negli stessi giorni in cui il mondo ha cambiato volto per sempre.

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Quando dal consolato gli consegnarono il visto non stava nella pelle chiamò il suo contatto per avvertire che l’indomani sarebbe arrivato a New york. «Avevo l’America sempre nella testa, quando dall’Olanda ho avuto la possibilità di spostarmi non c’ho pensato due volte e sono partito: era l’11 settembre del 2001».

Il viaggio ha preso una brutta piega mentre lo chef era in volo. «Siamo partiti da Malpensa – racconta Giovanni Sias – e un paio d’ore prima di arrivare a New York ci avvisarono che lo spazio aereo era stato chiuso. A un certo punto ci hanno detto che stavamo puntando verso le Isole Vergini ma quando l’aereo stava per toccare terra, il pilota ha dato manetta e il velivolo ha ripreso quota. A quel punto abbiamo iniziamo a preoccuparci». L’areo fece rotta verso Halifax, Canada: «Era una situazione surreale e infatti ci informarono che avevano attaccato le torri gemelle. Ci tennero venti ore a bordo e ovviamente cancellarono tutti i voli per New York». Nonostante la situazione critica, Giovanni Sias non rinunciò al suo sogno: «Mi son detto: “Se non vado perdo un’occasione che non mi si ripresenterà più”. E così son salito su un pullman che mi ha portato a New york dopo 24 ore di viaggio».

La permanenza negli Usa gli ha regalato molte soddisfazioni. Una per tutte, la chiamata di Lidia Bastianich, la mamma di Joe, oggi uno dei volti di punta del programma televisivo Masterchef. «Mi ha contattato poco dopo la nascita del mio secondo figlio – racconta lo chef – . Mi propose di andare a lavorare al Presbyterian hospital della Columbia. Dopo un vaglio di circa sei mesi da parte di manager e sindacati, mi fecero un’offerta fantastica: un buonissimo stipendio, assicurazione e viaggi premio». C’è da dire che il Presbyterian non è un ospedale qualunque, sia per il livello di servizi sia per i pazienti che lo frequentano: è al top in tutti i sensi. «Ho conosciuto pezzi grossi come Mohamed Al-Fayed – racconta ancora lo chef – un signore squisito che fa battute particolari, tipo british humor».

Quando Giovanni Sias decise raggiungere la moglie Magie Dalope e i figli Alessandro e Adriano nelle Filippine, al Presbyterian piansero in greco: «Mi volevano mettere a capo di tutti i campus, e io negli Stati Uniti stavo bene, ma ho preferito ricongiungere la mia famiglia. Quella per me è sempre al primo posto, tutto il resto viene dopo». (s.s.)

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