La Nuova Sardegna

La cultura, una risorsa che serve a costruire una Sardegna migliore

di MARCELLO FOIS

Per il 2018 ci piacerebbe vedere una politica meno assente Perché gusto, senso critico e bellezza fanno anche reddito

02 gennaio 2018
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Non si può tentare, per la nostra isola, un bilancio culturale dell’anno appena passato senza premettere una caratteristica che persiste, da tempi non sospetti, nel nostro territorio: la Sardegna ha più agenti culturali che politiche culturali.

Il che, detto in parole povere significa che, almeno in campo culturale, un numero insospettabile di persone di buona volontà si danna per contraddire chi, ancora e ostinatamente, ritiene quel settore il bengodi dei nullafacenti. Ora questo è un settore che produce beni immateriali: gusto, linguaggio, senso critico, civiltà; tutte caratteristiche che al politico “cotto e mangiato” odierno risultano tutt’altro che positive.

Un cittadino ad alta intensità di aspettative è seccante, vuole capire le cose, percepire un governo attivo e competente, ricevere proposte non umilianti. Questo cittadino è il prodotto interno lordo della politica culturale quando quest’ultima è efficace. Questo 2017 non ha evidenziato tentativi in questo senso, ma ha evidenziato come la libera iniziativa di cittadini e associazioni, spesso di singoli enti, possa rendere coerente un assetto che altrimenti risulterebbe del tutto insensibile. Facciamo un esempio: il Man di Nuoro, che chiude l’anno in un attivo di pubblico, proposta e interesse, si posiziona nel gruppo dei Musei di arte contemporanea che fanno tendenza nell’intero Paese e che, pure, ogni anno, compreso questo, deve ribadire la propria incidenza a sostenitori locali blandi, amletici, assai poco convinti nonostante le performances ritenute unanimemente eccezionali. Cristiana Collu prima, Lorenzo Giusti dopo, hanno dovuto condurre una macchina da guerra gestendo fondi risicatissimi al meglio senza aspettarsi ringraziamenti per i risultati, ma frequenti minacce di chiusura. Eppure solo un’occhiata alla rassegna stampa di quest’anno, specializzata o meno, farebbe la gioia di strutture assai più supportate e garantite. Provare per credere. Ancora, il Teatro di Sardegna a Cagliari, che ha chiuso l’anno con due spettacoli, “Macbettu” e “Quasi Grazia”, che, partendo dal locale, sono riusciti a sfondare il muro del suono del mercato nazionale, ha ottenuto il massimo premio dedicato a un allestimento nel nostro Paese, e ha riempito i teatri dentro e fuori dal nostro territorio.

Anche in questo caso Guido De Monticelli prima, Massimo Mancini dopo, hanno dovuto essere più realisti del re e disobbedire a quel dictat che diceva che il teatro in lingua è teatro locale, o che il teatro di argomento sardo e solo per i sardi. Ci hanno creduto molto di più di certi politici che discutono di palcoscenico come se esistesse solo la Lirica, spiegandoci che la Lirica costa e dunque, per tutto il resto, bisogna accontentarsi delle briciole. Il Teatro di Sardegna è un ente che raggiunge i suoi obiettivi grazie alla buona volontà di chi vi opera, spesso pagato con grande ritardo. Un altro esempio in questo senso sono i vari festival letterari che sono diventati una caratteristica, diciamo autosufficiente, della nostra isola.

Le cose vanno in questo modo: si partecipa a bandi regionali per i finanziamenti, se tutte le richieste dei bandi vengono soddisfatte si accede ai finanziamenti in rapporto al punteggio acquisito. Tutto bene dunque? No. I finanziamenti assegnati non arrivano mai quando servono, associazioni di buona volontà si fanno spolpare dagli interessi passivi di Banche che anticipano quei fondi che occorrono per avviare la macchina: per lo più viaggi e pernottamenti degli ospiti invitati. Ogni anno si deve ricominciare come se fosse il primo anno, qualche assessore alla Cultura ancora chiede di cosa si occupi esattamente il festival Isoladellestorie o il Marina Cafè Noir, arrivati entrambi, eroicamente, al quindicesimo anno di vita, o Tuttestorie, al dodicesimo.

Certo non tutti i festival sono uguali, con i referenti giusti molte procedure si accorciano e tutte quelle regole apparentemente oggettive di assegnazione diventano magicamente soggettive. Musei, teatri, festival letterari, tre fenomeni, fra i tanti, che chiunque potrebbe, e dovrebbe, inserire nella colonna delle cifre attive del proprio bilancio, e che qualcuno, fuori dalla Sardegna, persino ci invidia. Peccato solo che siano attive soprattutto per la tenacia di chi le porta avanti. Eppure il valore generato dalla cultura nell’isola potrebbe essere pari a quello prodotto da un turismo rispettoso e responsabile.

Il mio augurio è che chi ci governa oggi, o governerà domani, questo settore delicatissimo, voglia caratterizzare il 2018 entrante con la novità di considerare quanta fortuna ha avuto ad essere chiamato a rappresentare la magnifica Cultura della nostra magnifica regione.

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