La Nuova Sardegna

Il mondo di Fernanda Pivano nei suoi “Viaggi ad alta voce”

di Mauretta Capuano

In un libro le registrazioni su nastro dei suoi percorsi e incontri “on the road” I dialoghi con i grandi della cultura e col marito, l’architetto Ettore Sottsass  

08 gennaio 2018
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ROMA. Viaggiava e registrava. Incideva sul nastro emozioni, interviste, riflessioni personali. Fernanda Pivano non si allontanava mai da casa senza il suo piccolo registratore giapponese, inseparabile compagno di viaggio che le ha giocato anche brutti scherzi – come nel 1971 quando, per le batterie scariche, ha perduto la sua conversazione con William Burroughs – ma dove è rimasto inciso il suo sguardo sul mondo.

E proprio dal ritrovamento, nell’archivio Pivano, delle registrazioni realizzate nei suoi percorsi on the road è nato “Viaggi ad alta voce”, un libro speciale pubblicato da Bompiani, a cura di Enrico Rotelli, con introduzione de La Pina. È un diario vocale di alcuni dei luoghi visitati tra il 1968 e il 1979, spesso in compagnia dell’allora marito Ettore Sottsass, il suo Ettorino, morto nel 2007, conosciuto quando lei era una ragazza dalla lunga treccia bionda, che ha scattato le migliori foto dei suoi «anni felici». Dal Giappone a Papua, al Marocco, alla Tunisia, alla Spagna, Vienna, l’India, il Nepal e gli Stati Uniti, dove la Pivano andò la prima volta nel 1956, si rivive soprattutto il piacere e la meraviglia della scoperta di luoghi che in quegli anni erano poco visitati, oltre ad entrare in un’atmosfera irripetibile. Poi ci sono i dialoghi con il marito e le conversazioni e confidenze con amici vecchi e nuovi: Andrea Branzi a Interlaken, Gretel Marinotti in Marocco, Jack Crockett in Tunisia, Davide Maroni in Scozia.

Come viene sottolineato nell’avvertenza «Fernanda prendeva nota di ogni cosa, incideva i suoni e i rumori di sottofondo e tutte le voci che si intrecciavano alla sua: gli scambi di battute con le guide turistiche che la accompagnano in Giappone e in Nepal o con il pilota di elicottero con cui sorvolava i grattacieli di New York». Ma, «nel necessario lavoro di selezione – continua la nota – che è alla base di questo libro, l’editore ha scelto di non far comparire tutte queste voci, così come non sono riportate tutte le trascrizioni e non si è dato conto di tutte le tappe». A cento anni dalla nascita, il 18 luglio del 1917, della Nanda, come gli amici chiamavano la Pivano, e a poco meno di dieci anni dalla sua morte, il 18 agosto 2009, ritroviamo in queste pagine lo spirito dell’esploratrice, della pioniera e dell’americanista che ha sprovincializzato l’Italia, allieva di Cesare Pavese, amica di Hemingway, Kerouac, Ginsberg e Gregory Corso, che è rimasta sempre «l’eterna ragazza della cultura».

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