La Nuova Sardegna

Maria Lai, l’arte della condivisione

di Paolo Curreli
Maria Lai, l’arte della condivisione

Due importanti volumi nell’anno della consacrazione internazionale dell’artista di Ulassai

18 gennaio 2018
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SASSARI. Il 2017 è stato l’anno della conferma della dimensione internazionale dell’opera di Maria Lai. Grandezza sancita dallo spazio dedicato all’artista di Ulassai (scomparsa nel 2013) dalla Biennale di Venezia – dopo 39 anni dall’ultima partecipazione – dove la sua arte ha trovato una profonda corrispondenza nella ricerca della direttrice Christine Macel di un nuovo umanesimo solidale basato sulla condivisione.

Ad aprile le sue opere sono state esposte alla quattordicesima edizione della mostra internazionale Documenta, che varcava i confini della Germania per arrivare ad Atene. A novembre il lavoro di Maria Lai ha attraversato l’oceano per essere presentata, per la prima volta negli Usa, alla galleria Art Basel di Miami Beach. Mostra che servirà da apripista per una serie di esposizioni quest’anno e una grande mostra finale a New York nel 2019. L’arte di Maria Lai sarà anche alla Galleria degli Uffizi a Firenze, a marzo 2018. Un ciclo di esposizioni importanti che avevano avuto inizio con la mostra “Cucire il mondo” nel 2015 al Man di Nuoro a due anni dalla scomparsa dell’artista.

L’opera, la vita e l’enorme lascito che Maria Lai ha donato sono studiati e documentati, nel 2017, in due progetti editoriali: “Maria Lai. Arte e relazione” di Elena Pontiggia, un prezioso volume in grande formato del Banco di Sardegna edito dall’Ilisso, (360 pagine, 57,80 euro), e “Maria Lai. Il filo dell’esistere” di Maria Elvira Ciusa, un altrettanto elegante e curato volume proposto da Carlo Delfino editore (304 pagine, 30 euro). Elena Pontiggia, figura di primo piano della storia dell’arte, ripercorre nel densissimo volume dell’Ilisso il tragitto della giovane del paesino di Ulassai che sbarca a Roma nel 1939 per studiare al Liceo Artistico. Una scelta eroica per una ragazzina che arriva dalla sperduta Sardegna, si forma a Roma per arrivare alla scuola del grande Marino Marini all’Accademia d’arte di Venezia.

Uno studio fondamentale per avvicinarsi all’opera dell’artista che documenta il lavoro, le amicizie gli incontri e gli esperimenti che condurranno Maria Lai a proporre – anticipando la scena internazionale – la sua visione di “arte relazionale” che la porterà al capolavoro della performance di “Legarsi alla montagna”. Questa strada è un fertile cammino lungo cui l’artista affronterà anche gli aspetti più classici del fare arte, per larga parte inediti al grande pubblico: disegno, pittura, ceramica e scultura (sempre con altissimi esiti innovativi).

Basilare anche il libro, in inglese ed italiano, di Maria Elvira Ciusa, storica dell’arte e pubblicista, pronipote dello scultore Francesco Ciusa e figlia dello scrittore Mario Ciusa Romagna. Un lavoro che ha le radici nella ventennale frequentazione dell’autrice con l’artista, una relazione intima che nasce nella casa romana dello scrittore Ciusa Romagna. Densissimo di particolari inediti, illuminanti sulla vita di Maria Lai e su i suoi numerosi e variegati interessi umani e culturali.

La Roma vitale, degli anni ’50 e ’60 – come racconta bene Elvira Ciusa Romagna – delle gallerie coraggiose che propongono l’arte di avanguardia che arriva dagli Usa e danno credito alle sperimentazione dei giovani talenti, è l’habitat fertile per la visione di Maria Lai, che nella capitale insegna educazione artistica ai bambini. L’autrice svela l’enorme interesse che l’artista aveva per la letteratura e la poesia, la filosofia e perfino l’etologia di Konrad Lorenz. Con particolari sulla sua amicizia con Salvatore Cambosu e Giuseppe Dessì e la scoperta, davvero interessante, di quella con Italo Calvino.



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