La Nuova Sardegna

Dalla Pelosa al monte Fuji alla ricerca della bellezza

di Fabio Canessa
Giovanni Piliarvu
Giovanni Piliarvu

Il fotografo sassarese Giovanni Piliarvu da dieci anni racconta il Giappone coi suoi scatti

20 gennaio 2018
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A giugno compirà quarant'anni, da oltre dieci vive in Giappone. Dopo aver lasciato la Sardegna ha trovato approdo in un'altra isola: l'Honshu, la più grande dell'arcipelago sul quale si distende il Paese del Sol Levante. Lì, a Tokyo, il sassarese Giovanni Piliarvu ha scoperto la passione per la fotografia. O meglio riscoperto perché in qualche modo legata alla sua infanzia, alla famiglia. E così la ricerca dello scatto perfetto è diventata un lavoro, mezzo attraverso il quale esprimersi. «Il mio percorso nella fotografia – racconta – è iniziato quando ero piccolo. Mio zio Antonello aveva il negozio Fujicolor in viale Mancini, mia madre una Minolta e la casa pullulava di rullini. Un po’ di anni dopo e a tanti chilometri di distanza ho ripreso in mano la macchina fotografica, questa volta mia e con una scheda digitale al posto dei rullini». E catturando istantanee è entrato a far parte degli autori della Island Gallery a Kyobashi, un quartiere di Tokyo.

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VERSO IL GIAPPONE. Appartiene alla generazione felicemente contaminata dall'invasione di anime e manga, ma a differenza di tanti altri della sua età l'amore per il Paese del Sol Levante non è nato da un particolare interesse per quel mondo. «Nel mio corso di studi ero uno dei pochi che non riusciva a capire tutti i riferimenti ai personaggi» racconta il fotografo, che si allontana da Sassari quando prende la decisione di lasciare la Sardegna per il percorso universitario. «In realtà ho frequentato un anno la facoltà di lingue di via Zanfarino, ma all'inizio del secondo ho deciso di trasferirmi a Firenze per iniziare lo studio del giapponese. Con la letteratura ho cominciato ad appassionarmi, cosa molto utile quando vuoi portare a termine un corso di studi improntato su una lingua non facile». Sopravvissuto allo studio dei kanji della scrittura giapponese, e dopo ulteriori studi post universitari, finisce a Tokyo per un tirocinio all'Ice. «E sono ancora qui, ormai da più di dieci anni».

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UNA VITA NUOVA. Città super affollata e in continuo movimento dove, però, i grattacieli e i simboli della modernità si alternano a elementi tradizionali e giardini che rappresentano oasi di tranquillità. Ecco Tokyo. Giovanni Piliarvu si ambienta in breve tempo. In fondo non dev'essere così difficile in un Paese famoso per la sua organizzazione, il basso livello di criminalità e l'efficienza del sistema di trasporti «anche fin troppo idealizzato – sottolinea Giovanni Piliarvu – ma è vero che si diventa viziati e quando si esce fuori dal Giappone...». Di Tokyo il fotografo sassarese dice di adorare il fermento culturale, la vitalità, la possibilità di conoscere sempre persone nuove e stimolanti. «Se qualcuno mi avesse detto, quando ero ragazzo, che avrei incontrato per caso in un locale il regista dell'anime “Evangelion”, guardato la torre di Tokyo dagli uffici di Google Japan, o che avrei visto l'alba dall'alto del monte Fuji, mi sarei messo a ridere». Ma c'è anche un altro lato, più intimo, lontano dai riflettori, di una bellezza difficile da raccontare: «Ho ancora un ricordo vividissimo del primo albero di momiji (acero giapponese) che ho visto sulla sponda di un piccolo fiumiciattolo durante la mia prima visita in Giappone. Un semplice alberello, in un piccolo e sconosciuto quartiere della città».

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IL PAESE DELLA BELLEZZA. Nel ricordo di quell'alberello si può in fondo racchiudere il concetto estetico giapponese, il mono no aware che esprime una forte partecipazione emotiva nei confronti della bellezza della natura e della vita, con una sensazione anche nostalgica per il suo mutamento. «Il Giappone sa essere un Paese commovente per la sua bellezza. Occupandomi soprattutto di fotografia paesaggistica (come si può vedere dal suo sito giovannipiliarvu.com) l'ho girato tanto. Non sono un amante delle folle e quindi cerco di evitare di trovarmi con i miei quindici chili di zaino sulle spalle a sgomitare tra la massa. Ciononostante sono convinto che posti famosi anche per il turismo come Kyoto, Nikko, Kamakura siano da vedere. È un po' come andare in Italia la prima volta. Non si possono evitare Venezia, Firenze o Roma».

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LE QUATTRO STAGIONI. Dopo aver visitato i luoghi più noti si può però scoprire un Giappone diverso, meno conosciuto. Il fotografo sassarese è la persona giusta alla quale chiedere consigli per puntare su posti fuori dalle classiche rotte turistiche. Eccone quattro, uno per ogni stagione. «In primavera qualunque posto dove ci siano ciliegi è uno spettacolo, ma la sponda a nord del lago Kawaguchiko a Yamanashi ha una splendida vista sul monte Fuji ed è così ampia da permettere di evitare il soffocamento da folla. In estate l'Haguro-san, una delle tre montagne di Dewa (oggi Yamagata): un posto incantato sacro alla religione shintoista e allo Shugendo degli eremiti yamabushi. In autunno la foresta di faggi Bijinbayashi a Niigata: la combinazione di nebbia, i candidi tronchi dritti e sottili, il tappeto rosso di foglie e i raggi che si fanno strada tra i tronchi sono uno spettacolo della natura. In inverno il paesino di Ainokura coperto di neve, nella prefettura di Toyama: meno blasonato del vicino e famoso Shirakawago, più intimo e magico».

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CACCIATORE DI ALBE. Luoghi scoperti spesso viaggiando alla ricerca di paesaggi da fotografare, andando a caccia di albe. Uno degli interessi principali di Giovanni Piliarvu. «A differenza di fare foto in studio nel paesaggio è la natura che decide la luce. È un gioco stimolante, difficile, a volte stancante. Però mi da enormi soddisfazioni. Aspettare. Farsi sorprendere dal mondo che esce dal buio e butta fuori i colori che non ha potuto usare durante la notte. Tutto questo mi dà ogni volta la carica per dimenticare di aver dormito solo poche ore e di aver dietro centinaia di chilometri al volante. E poi correre da un impegno all'altro tra i grattacieli di Tokyo tutti i giorni mi scarica un po' le batterie. Il perfetto modo di ricaricarle è prendere la macchina e infilarmi tra gli alberi di cryptomeria, i campi di riso pieni d'acqua che riflettono il cielo, i torii lungo l'oceano arrabbiato o i ponti sospesi agitati da una bufera di neve».

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LA PELOSA A TOKYO. Un mestiere, quello di fotografo, intrapreso dopo essersi stabilito in Giappone già da qualche tempo e inaugurato pensando alla Sardegna. «Una volta che ho deciso di seguire seriamente la strada della fotografia ho fatto un viaggio in Italia per raccogliere materiale da presentare per una mostra. Al ritorno sono praticamente entrato nel retrobottega di una famosa galleria d'arte a Kyobashi, Tokyo, e mi sono proposto al gallerista. Mi è andata bene. Ricordo chiaramente la soddisfazione nel vedere la “mia” spiaggia della Pelosa di Stintino appesa alle pareti della Island Gallery. A oggi ho all'attivo due mostre personali e quattro collettive nella stessa galleria e una mostra a due nel teatro Za Koenji dedicata a una festa popolare giapponese chiamata Awaodori. Ho anche collaborato con alcune riviste all'estero e qui in Giappone e alcune mie foto sono state esposte alla fiera internazionale di fotografia CP+ a Yokohama. E poi l'estate scorsa ho fatto anche una piccola mostra al music bar l'Abetone a Sassari».

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NOSTALGIA DELL'ISOLA. Diecimila chilometri non bastano a separare un sardo dalla Sardegna. L'isola manca anche quando si vive lontano da tempo. La famiglia e le vecchie amicizie. E non solo. «Anche il mare – aggiunge Piliarvu – Non quello d'estate, dei bagni, delle gite in gommone. Parlo del mare come presenza, anche d'inverno. Il profumo di salsedine mischiato a quello del territorio. Certo Tokyo è sul mare, ma probabilmente c'è qualcosa di diverso tra l'Oceano e il nostro Mediterraneo». E con il pensiero rivolto alla Sardegna il fotografo sassarese si occupa insieme ad altri emigrati (Valeria Pirodda e Alessandro Piroddi di Cagliari, Guido Cossu di Pozzomaggiore) dell'attività dell'associazione “Isola Giappone” che nel 2017 è stata riconosciuta come circolo ufficiale dalla Regione Sardegna.

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