La Nuova Sardegna

L’«albero» tuttofare che facilita la vita delle comunità rurali

di Stefano Ambu
L’«albero» tuttofare che facilita la vita delle comunità rurali

Progettato da tre sardi e presentato al Ces di Las Vegas Produce elettricità, ricarica cellulari e bici, invia Sos, trattiene CO2 

20 gennaio 2018
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Dall'Ogliastra a Las Vegas. Per stupire il mondo con un albero elettronico che crea acqua e energia. Il progetto si chiama Namastree e ha partecipato dal 9 al 12 all'ultima edizione del Consumer Electronics Show, la fiera internazionale che, accanto alle novità di Google, Sony o Samsung, mostra idee e proposte che arrivano da ogni parte del mondo. Namastree fa parte della squadra di sette start up sarde che quest'anno, anche con la spinta della Regione, ha fatto il grande balzo a stelle e strisce. L'idea è quella di una pianta-totem che, sfruttando le energie della natura e l'esperienza elettrica e elettronica dei suoi creatori, compie quelli che potrebbero sembrare miracoli. Per esempio produrre l'acqua dall'aria.

Namastree è in grado di raccogliere l’acqua dalla condensa dell’aria e purificarla, rendendola potabile. Ma l'albero può anche spazzare via lo smog. Un po' come fanno la quercia o l'abete: trattengono C02 e in cambio regalano aria pulita. Due funzioni fondamentali. Ma non c'è solo questo. L'albero è in grado di generare energia pulita attraverso l’uso di isole fotovoltaiche. E non solo. Diventa anche un punto di riferimento per fare chiamate d'emergenza: un sistema di soccorso in linea diretta con le forze dell’ordine o con enti ospedalieri. Può diventare anche un distributore di energia. Dalle ricariche più semplici per telefonini o tablet al rifornimento di auto, moto e biciclette elettriche. La squadra è composta da Salvatore Tegas, 53 anni, tecnico elettronico, titolare della T.s. Elettronica da tre decenni, originario di Lanusei. Con lui Marco Tegas, 23 anni, studente alla facoltà di scienze informatiche a Cagliari. E Giovanni Sanna, laureato in Economia manageriale all’Università di Cagliari e Master Entrepreneurship e Venture Initiation all’Università di Los Angeles.

«Noi e il nostro team – si legge nella presentazione del progetto – abbiamo così pensato di renderci utili a tutti coloro che hanno veramente bisogno di una mano, ridando vita ai luoghi più sfortunati. Esistono tanti modi per aiutare a distanza i meno fortunati, ma noi abbiamo pensato a un modo tutto nuovo che si adegui al territorio. E cosa avremmo potuto scegliere se non un albero e, più precisamente, l’albero della vita? Fin da piccoli ci hanno insegnato che gli alberi ci danno la possibilità di respirare e quindi di vivere, quindi perché non potrebbe essere proprio un albero “innovativo” a dare altre fonti di sostentamento a chi si trova in difficoltà?». Il nome nasce utilizzando la radice Namas che significa “salutare/ringraziare” e unendola alla parola Tree che significa “albero”. NamasTree diventa quindi una sorta di ringraziamento “all’albero” per i servizi messi a disposizione dalla startup. Un albero verde anche se non ha foglie.

Passaggio in America per aiutare anche Asia e Africa: «L’80 per cento delle popolazioni – spiegano i protagonisti del progetto – che si ritrovano a vivere in luoghi privi di energia elettrica risiedono principalmente in zone rurali dell’Africa e dell’Asia, come la Nigeria, l’Etiopia, il Bangladesh e l’India. L’assenza di energia elettrica contribuisce all’utilizzo spropositato di legna, sterco e carbone, causando così milioni di morti ogni anno. Queste persone poco fortunate vengono aiutate quotidianamente da numerosi enti, ma il loro lavoro, purtroppo, non basta e queste popolazioni si ritrovano a svolgere una vita a metà».

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