La Nuova Sardegna

Con i giorni della merla a gennaio ricominciano le potature e le semine

di Monica De Murtas
Con i giorni della merla a gennaio ricominciano le potature e le semine

Via i rami secchi da rose e sempreverdi per favorire i nuovi germogli Tra i proverbi del mese: “Sotto la neve pane, sotto la pioggia fame”

27 gennaio 2018
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Gennaio è il mese del freddo e la natura appare come assopita in un’apparente immobilità. Non a caso questo periodo dell’anno coincide con una particolare lunazione detta “del sonno”. Ma in realtà si tratta di un torpore solo apparente perché la natura è invece in febbrile attività e cova sotto le zolle di terra ghiacciata e dentro i rami secchi: la primavera. Proprio per questo motivo sono tanti i lavori a cui ci si può dedicare in giardino per pulire e preparare terra e piante alla bella stagione. Con la luna crescente si possono seminare ad esempio calendula, zinnia, viola, e violaciocca, mentre in serra o sotto tunnel gran parte delle annuali da fiore. Se le condizioni climatiche lo permettono è questo il momento di completare i trapianti degli arbusti e delle piante ad alto fusto e trasferire in vaso o in terra al coperto le piantine prodotte in semenzaio.È tempo, inoltre, per chi ha piantato bulbi in novembre, di controllare come procedono ed eliminare eventuali muffe.

Ma gennaio è sopratutto il mese del “passaggio” (già dal suo nome ispirato a Giano Ianuarus), divinità preposta alle porte e ai ponti e a ogni forma di mutamento e dunque, in giardino, è il mese delle potature: via i rami secchi da rose e sempreverdi per favorire la nascita dei nuovi germogli.

Tradizione vuole che gennaio si concluda i “giorni della merla”, i più freddi dell’inverno. La definizione deriverebbe dal fatto che una merla, in origine bianca, per ripararsi dal gran freddo si rifugiò dentro un camino dal quale emerse il primo febbraio tutta nera a causa della fuliggine. Tanti anche i proverbi dedicati a questo temutissimo periodo dell’anno, tra questi: “Sotto la neve pane, sotto la pioggia fame”. Per l’uomo di oggi che non segue più i ritmi della natura e fa la spesa al market, gennaio è un mese come un altro ma anticamente la vita in questo periodo dell’anno poteva essere molto dura, specialmente se l’annata agraria non era stata buona e non si avevano provviste. Forse anche per questo per propiziare un buon raccolto il 17 gennaio si festeggia Sant’Antonio Abate, (detto anche Sant’Antonio del Fuoco) patrono della pastorizia e dell’agricoltura. Secondo la leggenda Sant’Antonio vagando negli inferi alla ricerca di anime da salvare rubò una scintilla di fuoco, che nascose dentro un tronco cavo per donarla agli uomini. La leggenda, che riprende il mito pagano di Prometeo, si lega di fatto alla celebrazioni dell’inizio dell’anno agricolo che secondo i vecchi trattati inizia proprio il 17 gennaio. La tradizione di Sant’Antoni de su fogu, è rimasta viva in molti paesi della Sardegna dove ancora viene celebrato il rito di Su fogarone di matrice paleocristiana che culmina con l’accensione di giganteschi falò che ardono per tutta la notte del 16 gennaio e proseguono ancora a seconda della zona.

Sas Tuvas, sas Frascas, Sos Focos, Su Fogarone, Su Romasinu o Su Foghidoni sono alcuni dei nomi attribuiti al grande fuoco che, dal primo imbrunire, suggella la vittoria della luce sulle tenebre e, dopo la benedizione del parroco, assume funzione purificatrice. Questa festa segna anche l’inizio del carnevale sardo e la prima uscita delle maschere tradizionali coincide proprio con i riti dedicati a Sant’Antonio, quando mamuthones, boes e merdules ballano intorno al fuoco. Tanti i fogaroni sono stati accesi in diverse località della Sardegna, tra cui Villamar, Villanovaforru, Furtei, Gesturi, Tuili, Sadali. La tradizione vuole che tutti gli abitanti del paese compiano tre giri in senso orario e tre in senso antiorario intorno al fuoco per sciogliere un voto o per chiedere una grazia.

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