La Nuova Sardegna

Dalla Sardegna ad Aosta Identità aperte al mondo

di Giacomo Mameli
Dalla Sardegna ad Aosta Identità aperte al mondo

Oggi ad Armungia si discute della lezione di due grandi autonomisti: Lussu e Channoux

27 gennaio 2018
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Si riparla di Emilio Lussu in patria, ad Armungia, il paese dove nel 1890 era nato chi parlava di autonomia e federalismo fra le baionette del Carso. È quasi una rinascita del “Cavaliere dei Rossomori” perché «la politica italiana, compresa quella sarda, ha dimenticato Lussu, le forze del socialismo non parlano più del suo pensiero e della sua azione», dice Gianmario Demuro che con Roberto Louvin (docente all'università della Calabria ed ex presidente del Consiglio e della giunta in Val d'Aosta) ha pubblicato il libro “Emilio Lussu – Émile Chanoux”, sottotitolo “La fondazione di un ordinamento federale per le democrazie regionali”, editore LeChâteau. Il volume sarà presentato questo pomeriggio nell'auditorium di viale Gramsci in occasione delle celebrazioni per i 70 anni dello statuto sardo. Con gli autori interverranno il sindaco Donatella Dessì, l'assessore alla Cultura Antonio Quartu, lo storico Luciano Marrocu (“Il movimento autonomista nella Sardegna degli anni Venti”), lo studioso Giuseppe Caboni (“Emilio Lussu, dalla lotta al fascismo all'idea federalista”). Il libro, modera Massimiliano Rais, verrà commentato dagli assessori regionali Filippo Spanu e Cristiano Erriu. Demuro ricorda il ruolo di primo piano avuto da Lussu non solo nella strategia autonomistica del Psd'az ma nei primi passi dell'Italia politica dopo la tragedia fascista e l'avvio della democrazia. Ordinario di Diritto costituzionale a Cagliari, assessore regionale alle Riforme, Demuro sottolinea una delle frasi più illuminanti del pensiero di Lussu («noi siamo federalisti, non siamo separatisti») perché «l'idea forte per stare insieme è federarsi» senza coltivare il mito delle “piccole patrie”. Con una attenzione particolare alla “democrazia partecipata”.

TRASFORMAZIONI. Guardando anche le manifestazioni di questi primi giorni del 2018 in Tunisia, Demuro sottolinea alcune idee-forza di Lussu: «In Italia il problema principale dello Stato è questo: far coincidere, con le radicali trasformazioni politiche, le radicali trasformazioni sociali. Queste devono essere simultanee. Senza di ché la democrazia combatte senz'armi e lavora nel vuoto». Una politica che vada – sognava Lussu – di pari passo con la società: perché se questo non avviene la democrazia è zoppa e diventa, come sta avvenendo in molte parti dell'Occidente. È nato il termine “democratura”. Ancora Lussu: «Una democrazia che non sia sostenuta in Italia dalla masse popolari sarà una pseudo democrazia: essa conterrà nel suo seno i germi della reazione». Lussu anticipava la società degli anni Duemila, la frantumazione dell'Europa, il ritorno dei nazionalismi come sta avvenendo in Austria e in Ungheria e come rischia si avvenire anche tra le Alpi e il canale di Sicilia? Come leggerebbe Lussu le decisioni assunte da chi oggi può presentarsi al corpo elettorale con lo stemma dei Quattro Mori? Prevedeva lo scollamento politica-società con le elezioni alle quali partecipa molto meno del cinquanta per cento del corpo elettorale? Se torniamo indietro al 1921 leggiamo questa frase di Lussu: «Un movimento federalista ha bisogno di far partecipare alla politica la gran falange rurale che è rimasta estranea e sfruttata», facendola «partecipare con la sua purezza, la sua onestà». E oggi quanti elettori “onesti e puri” non partecipano alla politica? Sono assenti le “falangi rurali” ma anche quelle informatiche. Democrazia e burocrazia. L'Italia è transitata dallo Stato liberale di fine Ottocento, al fascimo e poi alla Repubblica senza alcuna sostanziale preparazione e “conversione” delle classi dirigenti.

REGIONI SPECIALI. È illuminante in tal senso un intervento di Lussu in Senato dopo vent'anni dalla creazione della Regione autonoma della Sardegna. Parlando anche delle altre regioni a statuto speciale, Lussu era stato molto netto: «Sarebbe utile che i consiglieri regionali – che in Sicilia si chiamano deputati, secondo lo Statuto – e i consiglieri regionali per le regioni a statuto normale, eventualmente eletti nell’autunno del 1969, o i rappresentanti dei loro partiti, visitassero almeno due cantoni della Svizzera, uno bilingue e uno ad unità etnica, e due provincie dell’Austria federale, tra le più vaste, per conoscervi, in conversazioni approfondite con i massimi loro dirigenti, il reale funzionamento interno, il loro rigore amministrativo, i bilanci, le spese delle assemblee e dei governi, l’assunzione del personale, gli stipendi dei massimi e dei minimi loro rappresentanti e funzionari, i parchi delle autovetture, le preclusioni ad ogni arbitrio e privilegio, ed altre consuetudini e tradizioni preziose. Per cui l’obbiettivo da raggiungere è l’interesse pubblico e non il potere per se stesso». Esiste da noi il “rigore amministrativo”? Sembra una denuncia dello strapotere che le burocrazie hanno sulla stessa politica. Burocrazie che consolidano gli “apparati clientelari” puntando a cementificare “il potere per se stessi”. Non è attuale questo dibattito? È mai stata pensata una riforma della burocrazia? La si vuole efficiente o obbediente? Demuro fa notare come funziona in Valle d'Aosta il sistema fiscale, lo stesso governo delle acque, la valorizzazione dell'agricoltura, la legislazione sulla tutela della lingua.

EMILE CHANOUX. Sotto il Gennargentu si governa come sotto il Monte Bianco? Lussu da una parte, Émile Chanoux dall'altra. Un federalista che sognava una «linea democratica e non elitaria nella rivendicazione politica dell'autonomia». Aveva scritto la “Carta di Chivasso” per molti un «testo complementare al Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli». Fu torturato dai nazi-fascisti nel maggio 1944. Si riparla di Chanoux dove era nato l'uomo – aveva scritto Alessandro Galante Garrone dopo la morte di Lussu nel 1975 – di cui «l'Italia di oggi avrebbe disperatamente bisogno». Gian Mario Demuro sottolinea anche che Lussu e Chanoux «possono dirsi federalisti integrali». Ma «il loro pensiero non è stato completamente vincente all'epoca della Costituente e anche in tempi recenti». Rimarca «la prematura scomparsa di Adriano Olivetti» e anche così è «sfumata negli anni Sessanta l'opportunità di un rilancio e di un'ampia diffusione del pensiero federalista nella politica italiana». Lussu di Armungia e Chanoux da Valsavarenche, sul solco del grande Camillo Bellieni «pensavano alla democrazia da rifondare, alle autonomie da costruire». Due fari spenti. Democrazia e autonomie sono in bilico.

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