La Nuova Sardegna

I gesti che dicono l’orrore in scena il dramma della Shoah

di Marco Vitali
I gesti che dicono l’orrore in scena il dramma della Shoah

Al Verdi di Sassari “L’ultima marcia”, al Teatro Dei di Lanusei “Il sacco umano” A Cagliari “Le lettere alla madre” di Edith Bruck della compagnia Il Crogiuolo

27 gennaio 2018
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SASSARI. Sono diversi gli appuntamenti che, sulla scena teatrale sarda, sono dedicati alla Giornata della memoria. “L’ultima marcia. Letture musicate in ricordo della Shoah” sarà proposto oggi alle 11 e in replica serale alle 19 nella sala concerti del Teatro Verdi. La drammaturgia e la messa in scena del progetto sono di Emanuele Floris, che ricostruisce in questo nuovo lavoro uno degli episodi meno indagati nella storia dell’Olocausto la “fuga forzata” dei prigionieri dai lager nazisti prossimi ad essere liberati dalle truppe alleate. Sotto la minaccia costante di un’esecuzione sul posto da parte delle SS i prigionieri furono costretti a marciare per centinaia di km, sfiniti dalla fatica e da tormente di neve che si abbattevano sul loro cammino. Tragedia nella tragedia immane della Shoah le famigerate “marce della morte” del 1945 rappresentano il capitolo conclusivo dell’abominio nazista. Ormai verso la fine della seconda guerra mondiale le forze di Stati Uniti e Gran Bretagna muovevano verso i campi di concentramento provenienti da ovest mentre le forze dell’Unione Sovietica avanzavano da est. I nazisti decisero perciò di abbandonare i campi minacciati, trasferendo gli internati e distruggendo le prove delle atrocità commesse. Tra le diverse marce effettuate le principali furono quelle tra: Flossenburg e Ratisbona di 380 chilometri, Berga e Plauen di 275 chilometri e tra Neungamme e Sandbostel di 345 chilometri. Chi non riusciva a seguire le colonne in marcia veniva brutalmente ucciso dalle guardie di scorta.

Si intitola invece “Il sacco umano” lo spettacolo – scritto e diretto da Lea Karen Gramsdorff e impreziosito dalle scenografie e dalla colonna sonora di Simone Dulcis – che stamattina andrà in scena all’Istituto “Martini” di Monserrato e lunedì 5 febbraio alle 21 al Teatro “Tonio Dei di Lanusei”. Lea Karen Gramsdorff s’interroga sull’atavico conflitto culturale tra ebrei e cristiani. Due giovani, uno ebreo e l’altro cristiano, incontratisi sulla riva di un ruscello si accusano reciprocamente di furto, dando il via ad un duello fisico e verbale in cui mettono in gioco forza e astuzia, nel tentativo di affermare ciascuno contro l’altro la propria superiorità fisica e intellettuale, finché un’inquietante scoperta li porrà di fronte ad una terribile verità, trasformandoli loro malgrado in alleati nella lunga attesa dell'alba. Il nuovo giorno poterà con sé una speranza di salvezza e – forse – il perdono.

Da Sassari a Cagliari. Dopo l’anteprima della scorsa settimana, prende il via ufficialmente “Giro di vite - Memoria Società Teatro”: titolo e sottotitolo a voler significare un carosello di temi e vicende esistenziali, diversi fra loro, in una giostra dedicata al teatro sociale e della memoria. E nella nuova rassegna del Crogiuolo, sotto la direzione artistica di Rita Atzeri, irrompe il dramma della Shoah. Oggi alle 21, nello spazio Fucina Teatro della Vetreria di Pirri, va in scena “Lettera alla madre”, tratto dal romanzo della scrittrice ungherese Edith Bruck, adattamento e regia di Alessandra Bedino, con la stessa Bedino, regista, autrice e attrice teatrale torinese ma di stanza ad Arezzo, e la musica dal vivo di Claudia Bombardella, compositrice, polistrumentista, cantante, nata a Lussemburgo.

«Cara madre, carissima madre, madre adorata, madre sconosciuta, madre sempre in collera, madre di tanti figli, madre cenere, madre... Come posso chiamarti? Non le ho mai scritto... Scrivere a una morta è da pazzi». Edith Bruck, nel 1988, al culmine della sua carriera di scrittrice e regista, inizia a scrivere una lettera a sua madre, morta ad Auschwitz nel maggio del 1944. Una donna ferita e allo stesso tempo invincibile, che ancora si interroga sul proprio destino di bambina ebrea trascinata a forza nei lager (Auschwitz, Dachau e Bergen-Belsen) e sopravvissuta ai suoi cari, su un Dio che sembra essere sempre troppo lontano, su uno Stato, quello d’Israele, che sembra non aver imparato niente dalla sua stessa storia. E’ una lunga impossibile lettera, quasi cinquant’anni dopo. Un atto d’accusa e una disperata richiesta d’amore, fra ribellione e riconciliazione, analisi dei sentimenti e preghiera.



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