La Nuova Sardegna

«Mare e corallo per raccontare un’isola magica»

di Grazia Brundu
«Mare e corallo per raccontare un’isola magica»

Esce il nuovo libro della scrittrice cagliaritana Storia d’amore nella Sardegna tra le due guerre

31 gennaio 2018
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SASSARI. «Al terzo libro non ho ancora realizzato il sogno di fare la scrittrice a tempo pieno, però spero di riuscirci presto», dice Vanessa Roggeri, cagliaritana, classe 1978, autrice di romanzi ambientati in una Sardegna misteriosa, ad alto tasso di magia. Lontana ma non troppo nel tempo e abitata da uomini e donne passionali. Decisi a riscattarsi da un destino imposto dalla famiglia o dalla società. Una formula brevettata, un secolo fa, dalla Deledda e che, da allora, continua a incuriosire, con il suo intreccio di esotismo e aneddoti storici, gli editori nazionali. Anche quelli grossi come Rizzoli, che, dopo aver pubblicato con un buon successo di vendite “Fiore di fulmine” e “Il cuore selvatico del ginepro”, punta adesso sul nuovo libro di Vanessa Roggeri, “La cercatrice di corallo”, presentato in questi giorni dall’autrice nelle librerie sarde (per le date, www.rizzoli.eu). Scritta in maniera fluida, la storia si svolge tra le due guerre mondiali e collega le vicende private di due famiglie con quelle economiche della Sardegna relative alla pesca del corallo e al commercio del guano, richiestissimo come fertilizzante. Fortunato è un pescatore benestante, che, per uno sgarbo risalente al passato, rifiuta di aiutare Dolores, vedova di un suo cugino, caduta in miseria insieme ai figli. Da quel momento, la donna giura di vendicarsi del parente e non abbandona il proposito nemmeno quando, diventata ricca, potrebbe dimenticare il passato. Anzi, prova a coinvolgere nella vendetta anche uno dei suoi figli, Achille, che però si innamora di Regina, la figlia del pescatore, e mette in moto le vicende che porteranno all’epilogo.

“La cercatrice di corallo” si svolge in gran parte sul mare e sulle coste di Alghero. Da dove nasce questo interesse per la vita dei pescatori e per le tradizioni marinare?

«Dalla mia curiosità per la storia del corallo, che ho scoperto abbastanza di recente. Un’estate di tre anni fa mi trovavo proprio ad Alghero, e di fronte alle vetrine mi sono detta: “Possibile che io non sappia nulla della storia del corallo e di come veniva pescato?”. Questo pensiero mi ha colpito profondamente, perché il nostro corallo, uno dei più pregiati al mondo, è stato veramente fondamentale per l’economia della Sardegna. Non solo delle coste, ma anche dell’entroterra, perché poi è entrato a far parte integrante della gioielleria sarda. Mi piace pensare che sia stato il corallo a scegliermi per raccontare una parte della sua storia».

Una storia che poi ha approfondito in una nota alla fine del libro.

«Sì, ho fatto una ricostruzione delle notizie che sono riuscita a trovare sui libri e negli archivi. Così ho scoperto che il corallo si raccoglieva fin dal Neolitico. O che fino agli anni ‘70 del Novecento veniva pescato attraverso una grossa croce di legno, chiamata “ingegno”, alla quale erano appese delle reti, che veniva trascinata sui fondali per strappare il corallo dalla roccia e portarlo in superficie. Un sistema che, nel corso dei secoli, ha causato dei danni enormi attraverso uno sfruttamento selvaggio».

Anche nel nuovo romanzo sceglie di raccontare un storia abbastanza lontana nel tempo. Non ha mai il desiderio di provare a confrontarsi con il presente della Sardegna, di immaginare personaggi contemporanei?

«No, mi piace tutto ciò che attiene al passato, l’archeologia, la storia. Trovo che le storie del passato abbiano un fascino superiore rispetto a quelle del presente, troppo prosaiche e tecnologiche, e mi piace raccontare aspetti meno noti delle nostre radici, come, per esempio, la vicenda del corallo. Le storie contemporanee, invece, secondo me, proprio perché appartengono alla vita di tutti i giorni, non contengono abbastanza luci e ombre, magia, suggestione».

Magari dipende dai punti di vista. Comunque, anche se ambientate al passato, le storie che lei racconta rimandano lo stesso al presente dell’isola. È d’accordo?

«Certo, per esempio quando mi stavo documentando sul periodo tra le due guerre mondiali, e leggevo che in quegli anni la Sardegna attraversava una crisi nerissima e che la gente faticava a sopravvivere, mi veniva da pensare: “ma allora è cambiato veramente poco in tutti questi decenni”. Credo che il passato recente, come quello relativo alla metà del secolo scorso, serva anche come chiave di lettura di quello che succede oggi».

In che senso?

«Per esempio per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse da parte di gente venuta da altre regioni, che alla Sardegna non ha mai portato nessun vantaggio. Mi riferisco, come racconto in “La cercatrice di corallo”, non solo alla sfruttamento minerario, per esempio da parte dei piemontesi, ma anche a quello dello stesso corallo. I corallari venivano per la maggior parte da fuori: soprattutto da Torre del Greco, e poi dalla Toscana, da Genova, da Marsiglia. I sardi, nel corso della loro storia, si sono praticamente assuefatti a questa depredazione da parte dello straniero».

Un personaggio fondamentale del romanzo, Dolores, riesce però a risollevarsi dalla povertà proprio opponendosi agli stranieri, che vorrebbero sfruttare una sua proprietà, e mettendo in piedi un’attività per conto suo.

«È stato il mio modo di creare una sorta di riscatto con la fantasia. Dolores, con il suo coraggio e la sua intraprendenza, fa quello che avrei voluto avessero fatto i sardi in tantissime occasioni passate della nostra storia».

Nel libro, gli ostacoli arrivano non solo dagli stranieri predatori, ma anche dai familiari che vorrebbero determinare le azioni e i pensieri di Achille e Regina, i due protagonisti più giovani. La famiglia, per lei, ha sempre un ruolo negativo?

«Penso che a volte possa essere un rifugio sicuro, altre un luogo dove si consumano drammi poco visibili all’esterno. A volte può determinare il destino dei propri membri, se il singolo individuo lo permette. Achille, invece, non accetta fino in fondo la vendetta affidatagli dalla madre, e quindi tutti i momenti cruciali che determinano la sua vita sono frutto di una libera scelta. Sceglie di autodeterminarsi, affrancandosi dalla famiglia, di prendere in mano la sua vita, invece di seguire il destino che altri vorrebbero per lui».

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