La Nuova Sardegna

Coerenza e tradimento Le ragioni di Giuda mentre Cagliari dorme

di Maria Giacobbe
Coerenza e tradimento Le ragioni di Giuda mentre Cagliari dorme

Nelle librerie martedì l’ultimo lavoro di Mariangela Sedda  Emilio Lussu in carcere e i suoi compagni passati al fascismo 

04 febbraio 2018
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Pubblichiamo in questa pagina la prefazione che Maria Giacobbe ha scritto per il romanzo, in uscita martedì 6, di Mariangela Sedda “La cancellazione” edito da Maestrale.



Forse è effetto di presunzione o forse di troppa modestia, ma leggendo un libro raramente mi capita di pensare: questo libro avrei voluto scriverlo io. E invece è proprio ciò che ho pensato leggendo “La cancellazione” di Mariangela Sedda, già autrice di due toccanti romanzi epistolari sulla emigrazione sarda in Argentina nei primi decenni del secolo scorso e, fra l’altro, di uno stimolante volume, “Nel vuoto arioso del mondo. Storie: di lettori, di libri, di letture” e di un racconto polifonico “Sotto la statua del re” che apparentemente è una moderna fiaba cittadina, ma che in realtà è una rievocazione delle cause – e un’utopia sulle possibili soluzioni felici – degli attuali drammatici problemi del mondo.

Questa fondamentale gravità e serietà dei temi trattati da Mariangela Sedda potrebbe far temere noiose e tetre sequenze di frasi paludate, di date e di cifre, particolarmente in questo suo ultimo libro che più esplicitamente dei precedenti è un romanzo “storico”. E che invece, anche più di quelli, è percorso da una vena satirica che nostro malgrado lo rende divertente anche quando ciò che realmente sta accadendo nel romanzo, e accadde nella realtà storica della quale “La cancellazione” è una rievocazione quasi documentaria, non lo fu neanche un poco.

La realtà storica che più che sfondo è materia del romanzo, era quella del primo fascismo ancora in fase difensiva e apertamente forcaiola. Il luogo è Cagliari, una Cagliari bella e sonnacchiosa che proprio in quei giorni si prepara a una nuova manifestazione di «spontaneo entusiasmo» fascista, e al «ritorno di S.Efisio» dalla rituale visita annuale nel contado. Nonché, per i pochi eletti, a un elegante ricevimento in prefettura.

Tutto, in Italia e in casa del Consigliere Istruttore della Commissione Reale Straordinaria dell’Ordine degli Avvocati di Cagliari, la cui sposa si avvicina senza problemi al nono mese di gravidanza e prepara una toeletta adatta al ricevimento in prefettura, va a gonfie vele. Il trasvolatore di tre continenti Francesco De Pinedo, ha di recente aggiunto nuova gloria all’Italia ormai tutta luminosamente fascista, e ha addirittura promesso ai Sardi una linea aerea che dallo stagno di Elmas li congiungerà a un aeroporto italiano.

Un gruppo di turisti nordici è appena sbarcato a Cagliari da una nave in crociera nel Mediterraneo e, sebbene la città sia «avvolta dallo spirito guerriero come da una coltre nebbiosa», il loro entusiasmo è al massimo. Le aspettative dei Don Giovanni locali a caccia di straniere, anche. E proprio in quei giorni le autorità, sempre attente al benessere della popolazione, stanno provvedendo a rimediare al problema di una certa scarsezza di alcune merci di prima necessità nel mercato municipale.

Questo ed altro potevano leggere i cittadini di Cagliari nel loro giornale in quel mese di maggio del 1927, e ritroviamo noi lettori di oggi riferito in questo rievocativo romanzo di Mariangela Sedda.

È primavera, una primavera solare, bella, mediterranea. Dal Colle di Buon Cammino, dove il Consigliere Istruttore della Commissione Reale ci viene presentato per la prima volta, il panorama sul golfo è stupendo.

Eppure il Consigliere Istruttore non è felice come potrebbe essere, e deve sostare a lungo per riflettere, e per asciugare lo sgradevole sudore che gli bagna l’elegante camicia, prima di varcare il portone del Carcere di Buon Cammino dove entra non certo da imputato, ma per consegnare ufficialmente una notifica al carcerato «Lussu Emilio, fu Giovanni, domiciliato in Cagliari, d’anni 36, avvocato». Lussu Emilio fu Giovanni è il solo personaggio a essere presente con le sue vere e complete generalità in questo romanzo “storico” nel quale tuttavia, pur senza molte righe a sua disposizione, domina, come “Il Convitato di Pietra” del “Don Giovanni”, dal buio e dal silenzio della sua cella.

Agli altri personaggi la scrittrice ha regalato, con generosità efficacemente satirica, insieme alla possibilità di spiegare le proprie ragioni in quasi tutte le pagine del libro, un pietoso anonimato, presentandoli per nomi fittizi o solo attraverso le cariche che ricoprirono e i titoli di cui si avvantaggiarono nella società dell’epoca. (I loro nomi e cognomi sono scritti nei documenti ufficiali e nella stampa sarda e italiana dell’epoca, nonché negli studi esegetici sulla Storia della Sardegna nella prima metà del secolo scorso).

Il giorno in cui il Consigliere Istruttore si reca al Carcere di Buon Cammino e sosta, cercando di farsi coraggio col ripetere le proprie ragioni e i torti dell’altro, Emilio Lussu è chiuso da oltre sei mesi in una cella malsana di quell’edificio dove si è gravemente ammalato di tubercolosi. Ma purtroppo non accenna a voler morire e a levarsi definitivamente di torno. Ragion per cui, visto che la morte fisica si fa attendere, i suoi colleghi ne hanno decretato la morte civile attraverso la sua cancellazione dall’Ordine degli Avvocati. È questo che il Consigliere Istruttore ha avuto «l’onore e l’onere» di comunicare al carcerato. “Onere” perché purtroppo si dà il caso che il Lussu Emilio, anni addietro mitico eroe della Brigata Sassari, sia anche stato un suo amico d’infanzia, compagno di studi, e collega. E che sia stato il fondatore e capo di quel Partito Sardo d’Azione cui anche il Consigliere Istruttore appartenne e dal quale si staccò per aderire al Partito Fascista. Mentre il protervo Lussu Emilio fu Giovanni ebbe, insieme a pochi altri «pazzi», il torto di restare avversario irriducibile del Regime, al quale tutte le persone di buon senso che avevano a cuore la loro salute e il benessere della loro famiglia avevano ormai giurato sottomissione e fedeltà. Perché loro sapevano che «è inutile andare contro la Storia» e non erano stati «presuntuosi» come «quell’egoista» che se lo poteva permettere, perché lui era in una «comoda posizione. Lui era solo, non aveva moglie né figli, era malato».

E dunque non aveva nulla da perdere, come i suoi ex-amici e compagni che «avevano famiglia» e si erano ben sistemati con importanti cariche di responsabilità che non potevano lasciare…

Leggendo questo bel libro, nel quale i vincitori del momento hanno avuto la possibilità di portare dall’interno delle loro per così dire coscienze le ragioni del tradimento, mi sono domandata se esiste, e probabilmente esiste a mia insaputa, un approfondito ritratto di Giuda.

Forse anche Giuda, poverino, aveva famiglia.

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