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danza e cinema 

Arriva in Italia Sergei Polunin, il bad boy del balletto

Arriva in Italia Sergei Polunin, il bad boy del balletto

MILANO. «Il video di “Take Me to Church” è stato l’inizio di un nuovo viaggio» dice l’astro del balletto Sergei Polunin, in scena a Parma con “Satori”, il primo spettacolo nato dal Project Polunin, e...

05 febbraio 2018
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MILANO. «Il video di “Take Me to Church” è stato l’inizio di un nuovo viaggio» dice l’astro del balletto Sergei Polunin, in scena a Parma con “Satori”, il primo spettacolo nato dal Project Polunin, e da oggi nei cinema italiani con il documentario biografico “Dancer”. Quando era primo ballerino del Royal Ballet di Londra, a soli 19 anni, Polunin si era guadagnato la fama di “bad boy” per l’uso di droghe, i tatuaggi, le scarnificazioni e le feste finché, all’apice del successo, aveva abbandonato il corpo di ballo. La seconda parte della sua vita è iniziata nel 2013, quando ha interpretato il video di “Take Me to Church” dell’irlandese Hozier, diretto da David La Chapelle. Aveva deciso di abbandonare la danza per fare l’attore, ma quell’esperienza lo ha riportato al balletto in un modo nuovo, «trasformato, più focalizzato, ho iniziato – racconta – ad ascoltarmi». Quando era a Londra, dove era arrivato dall’Ucraina a 13 anni, entrando nella Royal Ballet Academy grazie a una borsa di studio della Fondazione Rudolf Nureyev, «quello che desideravo di più era essere libero, libero di viaggiare, di fare altre esperienze, di creare nuove compagnie».

Un desiderio che ha realizzato un poco alla volta, anche grazie ai 23 milioni di visualizzazioni del video di LaChapelle, che hanno fatto conoscere il suo nome anche fuori dalla cerchia di appassionati di balletto. A LaChapelle si sente talmente legato che si è fatto tatuare le sue iniziali e lo ha chiamato a collaborare anche a Project Polunin, per le scene di “Satori”, di cui lui firma la coreografia. Anche questa è una novità per il ballerino ucraino: «Avevo avuto poche esperienze in precedenza per cui sì, questa è la prima volta che sono io a creare una coreografia». E lo fa nel balletto che dà il titolo al primo spettacolo del suo Project Polunin, con cui ha realizzato il desiderio di produrre nuove creazioni coreografiche grazie alla collaborazione con artisti provenienti da diversi ambiti. «Satori mi sembrava un bel messaggio da passare agli spettatori perché – spiega – parla di risveglio e presenza, il segreto della vita. È un termine buddista, io non sono buddista, ma credo che ci sia una grande saggezza in questa religione. Se sei presente e continui a credere e a lavorare su questo concetto ti accorgi che non vuoi più ripetere sempre gli stessi errori».

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