La Nuova Sardegna

In un nuovo album il jazz del Devil Quartet

di Andrea Massidda
In un nuovo album il jazz del Devil Quartet

Venerdì prossimo esce “Carpe diem”, ultimo lavoro discografico di Paolo Fresu e dei suoi tre compagni di viaggio

14 febbraio 2018
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SASSARI. C’è il timbro del flicorno artigianale “Van Laar” suonato da Paolo Fresu, e ci sono le inconfondibili spazzolate sulla batteria di Stefano Bagnoli, impegnato anche con un drum set. Non mancano poi il contrabbasso di fine Ottocento pizzicato da Paolino Dalla Porta e gli arpeggi di Bebo Ferra su una chitarra acustica prodotta per lui da un famoso liutaio piemontese. C’è insomma, oltre all’immenso amore per la musica jazz, la maniacale cura dei dettagli, in “Carpe diem”, il nuovo lavoro discografico del Devil Quartet di Paolo Fresu, che uscirà venerdì prossimo per l’ormai affermata etichetta Tuk Music, creata otto anni fa dal trombettista di Berchidda. L’album, completamente acustico, è stato registrato nel gennaio del 2017 in formato Hi-Res, che migliora sensibilmente lo standard qualitativo delle usuali tecniche di registrazione digitale dei cd. Si tratta della terza esperienza discografica del quartetto e segue “Stanley Music”, inciso nel 2007 per la Emi-Blue Note” e il premiatissimo “Desertico” (Tuk Music, 2013), festeggiando così il dodicesimo anno di attività del Devil Quartet, che registrò il proprio album d’esordio nel 2006 per una collana curata dal gruppo editoriale Repubblica-L’Espresso.

Le quattordici tracce di quest’ultima opera sono equamente suddivise in composizioni di tutti e quattro i protagonisti, segno di coesione e coerenza all’interno di un progetto che non passerà certamente inosservato alla critica e al pubblico. Tra i pezzi più suggestivi dell’album, a parte quello che dà il titolo al disco (ma anche “Home”, che invece lo apre) ci sono delle vere e proprie delizie. Per esempio “Un tema per Roma”, in cui emerge tutto il talento di Fresu e Ferra. E non si possono non citare gli stupendi “Enero” e “Secret Love”. Oppure la delicata dedica composta da Stefano Bagnoli alla figura di Giulio Libano, leggendario creatore musicale di capolavori della musica italiana (leggi Celentano e Mina) ma anche direttore dell’orchestra che incise con Chet Baker una delle importanti testimonianze lasciate ai posteri dal grande trombettista americano durante i suoi mitici soggiorni italiani.

Nel disco, inoltre, c’è anche spazio per un nemmeno tanto ironico divertissement dedicato alla sigla della soap opera più famosa della televisione italiana, vale a dire quel “Un posto al sole” che ogni sera accoglie la nazione dal lontano 21 ottobre 1996. «Una scelta che non deve stupire più di tanto – spiegano dalla casa discografica – anche considerando l’attenta analisi di Paolo Fresu che, ben conscio del successo del momento in cui la musica jazz entrò finalmente dalla porta principale nella casa della musica, riconosce il valore delle composizioni dell’universo sonoro popolare, utilizzate per creare musica sicuramente alternativa e ricca di nuove prospettive». Completano l’album “Ballata per Rimbaud”, “Lines”, “Ottobre”, “Human Requiem” e “In Minore”.

Abbandonando l’aspetto musicale, merita infine una citazione anche la splendida immagine di copertina creata con una tecnica digitale da Barbara Valsecchi, che vive a Milano. La sua attività comincia dopo aver frequentato l’istituto Europeo di Design. Da allora le immagini sono il suo lavoro: ha collaborato come grafica, come illustratrice e come art director con le maggiori case editrici Italiane.

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