La Nuova Sardegna

Arriva Caparezza Cagliari è pronta a infiammarsi

di Grazia Brundu
Arriva Caparezza Cagliari è pronta a infiammarsi

Martedì l’unica data sarda del rapper, già sold out Dai vecchi successi al nuovo album “Prisoner 709” 

17 febbraio 2018
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Mancano ancora tre giorni al concerto di Caparezza a Cagliari, ma i biglietti sono già finiti da un pezzo. Tutto sold out, come si poteva facilmente prevedere da novembre, quando è stata annunciata l’unica data sarda del tour “Prisoner 709”, che da tre mesi riempie i palazzetti italiani con un turbinio di musica e scenografie clonate da un cartone animato. O da un dark fantasy. In puro stile Caparezza. Per chi si è assicurato un posto l’appuntamento è martedì alle 21 alla Fiera. Tutti gli altri dovranno ovviamente aspettare che Michele Salvemini da Molfetta ripassi da queste parti.

Caparezza arriva a Cagliari con i vecchi successi ma soprattutto con il suo ultimo album. “Prisoner 709” è uscito lo scorso settembre, tre anni dopo “Museica” (Premio Tenco per il disco dell’anno), ed è schizzato immediatamente in cima alle classifiche dei più venduti. Tanto da aggiudicarsi prima il Disco d’Oro e poi quello di Platino. Settimo album in studio dal debutto nel 2000 con “?!” – ma il successo arriva tre anni dopo con “Verità supposte” e il singolo “Fuori dal tunnel” – “Prisoner 709” segna una nuova fase per Caparezza. In sedici brani, dove il rap si mescola all’hard rock, il pop ai suoni elettronici e ai cori (anche) di bambini, il cantautore pugliese si racconta con la consueta vena surreale e una qualità di scrittura allo stesso tempo pirotecnica e profonda, ma senza nascondere debolezze, malinconie, dubbi esistenziali. E, prima di tutto, la sensazione di prigionia dovuta alla convivenza forzata con l’acufene. Un disturbo cronico dell’udito, un fischio continuo che, scrive Caparezza nella scheda di presentazione del disco, «dal 2015 è aumentato fino a diventare una tortura, probabilmente a causa dell’abuso dei volumi. Per diversi mesi – prosegue – mi sono chiesto perché proprio a me. Me lo sono chiesto perché ho concentrato tutta l’esistenza sulla musica come fossi un predestinato, almeno fino a questo colpo di scena. Poi anche stavolta sono tornato a scrivere».

“Prisoner 709” è un concept album, un diario che si sviluppa da una crisi, anche artistica, e si risolve nella decisione di andare comunque avanti. Sebbene un po’ pesti e, a 44 anni, non più indistruttibili come a venti. Il nuovo album, si legge nella presentazione, è «un’autoanalisi che parte da una situazione di disagio rappresentata nel brano d’apertura “Prosopagnosia” (“Cantavo per fuggire dal mondo in un solo slancio/ ora che cantare è il mio mondo ne sono ostaggio”) ed arriva alla sua accettazione nella traccia finale “Prosopagno sia!”». Tra l’inizio e la fine c’è spazio per altre quattordici canzoni che, alla faccia della crisi, non hanno incertezze o cedimenti né sul piano dei testi né della musica. Leggerezza e profondità, giochi di parole e rime sciroccate che frullano insieme divertimento e introspezione, citazioni pop e riferimenti alla psicoanalisi. Quest’ultima, anzi, è una presenza costante in tutto il disco. Non solo, appunto, in “Prosopagnosia”, dove la sindrome che impedisce di riconoscere i volti diventa difficoltà a riconoscere sé stessi, ma anche in “Forever Jung” con il parallelo tra rap e analisi junghiana, o nelle visoni di “Autoipnotica”: “Le vetture sono pendoli, mica macchine./ Alla guida sono lento io mica Hakkinen/, seguo fili che tesso tipo aracnide/, dalle onde sommerso, mito Atlantide”.

L’autoanalisi, poi, diventa un emozionato viaggio nel tempo in “Una chiave” (terzo singolo dopo il rock della titletrack e i ritmi dance di “Ti fa stare bene”), con il Caparezza adulto che ritrova quello bambino: «Potessi apparirti come uno spettro lo farei adesso/ ma ti spaventerei perché sarei lo spettro di me stesso/ e mi diresti: “Guarda tutto a posto/, da quel che vedo invece tu l’opposto/. Sono sopravvissuto al bosco ed ho battuto l’orco/. Lasciami stare fa uno sforzo e prenditi il cosmo».

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