La Nuova Sardegna

La saga dei Chironi Uno specchio della storia dell’isola

di Alessandro Marongiu
La saga dei Chironi Uno specchio della storia dell’isola

Venerdì con il giornale “Luce perfetta” di Marcello Fois Il quarto volume della collana “Scrittori di Sardegna”

20 febbraio 2018
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Cominciamo dalla fine. All’inizio dello scorso dicembre Mirko Giacchetti intervista Marcello Fois per il sito Milanonera.com in occasione del Premio Scerbanenco, alla cui vittoria lo scrittore è candidato con il suo ultimo romanzo, “Del dirsi addio” (gli verrà poi preferita un’opera massimamente brutta come “Lissy” di Luca D’Andrea: ma questa, come si suol dire, è un’altra storia). Alla domanda su quale sia, tra i suoi, il libro che più ama, il narratore risponde: «Sempre l’ultimo per una faccenda di vasi comunicanti: dentro l’ultimo romanzo si riversa, anche in maniera inconscia, tutta l’esperienza precedente. Quindi la risposta esatta alla sua domanda sarebbe: preferisco il prossimo». Segue il classico quesito sui progetti per il futuro: «Scrivere, dovrete eliminarmi fisicamente per farmi smettere, e magari verrete stanati e assicurati alla giustizia da Sergio Striggio» (Striggio è il commissario protagonista appunto di “Del dirsi addio”).

C’è molto di Fois in queste parole. A partire dall’urgenza, viene da pensarla quasi fisica, qualcosa cui non ci si può sottrarre se non dietro costrizione, di scrivere. Il termine “urgenza” non è qui usato a caso, perché nella nota alla ristampa del suo debutto voluta da Einaudi nel 1999 è lo stesso Fois a farvi ricorso: «Quando ho iniziato a scrivere “Ferro recente” non sapevo che sarei diventato uno scrittore. Forse è così che succede: uno ha una storia che gli urge, che preme per uscire, che vuole essere scritta e la scrive». E le storie, per Fois, sembrano non esaurirsi mai: dai primi anni Novanta a oggi sono già una trentina i suoi titoli di narrativa, cui si devono aggiungere i racconti in volume collettanei, le poesie, i testi teatrali, persino un libretto operistico, basato sul romanzo “Tanit” di Valerio Evangelisti, e le collaborazioni a sceneggiature per la televisione (“Distretto di polizia”, “Crimini”, “L’ultima frontiera”) e per il cinema (“Ilaria Alpi. Il più crudele dei giorni”, “Certi bambini”).

L’aver dato vita a una produzione così corposa potrebbe di per sé essere poco rilevante, se alla quantità non si affiancasse anche la qualità: che in Fois va rinvenuta in special modo nell’attenzione verso la parola esatta, prima soppesata e limata e solo dopo scelta e adoperata. A immaginarlo intento a scrivere, più che del battere delle dita su di una tastiera pare di sentire i suoni che provengono da una bottega d’altri tempi, dove gli strumenti del mestiere si danno il cambio sulla materia informe e i trucioli, a fine lavoro, sono spazzati via da un colpo di scopa.

I primi passi come autore Marcello Fois li compie lì dove è andato a frequentare l’università, cioè a Bologna, quando attorno a Loriano Macchiavelli, il creatore del personaggio di Sarti Antonio, una decina di giovani di belle speranze (tra cui lui, Carlo Lucarelli e Pino Cacucci) dà vita al Gruppo 13 e mette assieme un’ormai celebre antologia illustrata di racconti gialli. È grazie all’intuito del compianto Luigi Bernardi, che la fa uscire per la sua Granata Press sotto il marchio Metrolibri, se quell’antologia vede la luce in libreria, e ci sono sempre Bernardi e la Granata dietro “Ferro recente”, l’esordio in proprio del nuorese datato 1992, e definito dal collega Lucarelli «un romanzo bellissimo in cui l’orrore e la tensione della narrativa di genere si fondono alla coralità fatale di una vera e propria tragedia, una tragedia noir». Dello stesso anno è “Picta” (Marcos y Marcos), il cui manoscritto è valso a Fois la vittoria al Premio Calvino (ex aequo con “Gilbert. Nascita e morte di un rivoluzionario” di Mara De Paulis): un libro di segno completamente diverso rispetto al simultaneo “Ferro recente”, che fa intuire da subito un’altra caratteristica dell’autore, poi confermata nei tempi a seguire, ossia la varietà di temi e orizzonti letterari esplorati. Perché se è vero che le vicende a sfondo criminale sono per Fois in tutta evidenza un terreno prediletto in cui coltivare le storie, è pur vero che per lui le sortite in altri campi sono sempre state frequenti, e altrettanto valide: valgano per tutte l’anomalo e intrigante “Ex voto” (minimum fax, 2015) e la trilogia einaudiana dei Chironi inaugurata da “Stirpe” (2009), portata avanti con “Nel tempo di mezzo” (2012) e chiusa nel 2015 da quel “Luce perfetta” che i lettori troveranno in edicola venerdì di questa settimana con La Nuova per il quarto appuntamento con la collana “Scrittori di Sardegna”.

Proprio “Luce perfetta” è anche l’ultima fatica di Fois in ordine di tempo ad aver ricevuto un premio – si tratta dell’Asti d’Appello, nel 2016; in un’ormai ricca bacheca lo hanno preceduto “Nulla”, che ha vinto il Premio Dessì; “Sempre caro”, tassello iniziale della serie in cui Fois ha fatto vestire i panni dell’investigatore al poeta-avvocato Sebastiano Satta, che ha vinto il Premio Scerbanenco-Noir in festival e il Premio Zerilli-Marimò; “Memoria del vuoto”, incentrato sulla figura della «tigre d’Ogliastra», il bandito Samuele Stocchino, che si è aggiudicato il Super Grinzane Cavour, il Premio Volponi e il Premio Alassio; “Stirpe”, cui sono andati il Città di Vigevano e il Frontino Montefeltro, e “Nel tempo di mezzo”, che è stato finalista al Campiello e allo Strega.

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