La Nuova Sardegna

La cucina, una chance di riscatto

di Sabrina Zedda
La cucina, una chance di riscatto

I migliori chef sardi e i ragazzi preparano insieme il pranzo nel carcere minorile di Quartucciu

26 febbraio 2018
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CAGLIARI. Testa in cassetta su un letto di verdure in agrodolce, ghisadu (lo spezzatino alla sarda con pomodoro e cannonau), e ancora, pizza, riso alla cantonese, sushi, fregola con pecorino, cozze e finocchietto. Una tavola da re per un pranzo che i giovani detenuti dell’Istituto penale minorile di Quartucciu non dimenticheranno facilmente: ieri ai fornelli c’erano loro, insieme ai grandi chef della Sardegna.

L’iniziativa, voluta dalla Fondazione “Carlo Enrico Giulini” e dall’Istituto penale e il Cagliari Calcio, era inserita nelle “Giornate solidali”, progetto pensato per aiutare i giovani ad avere momenti di socializzazione ma anche per sottolineare una volta di più il vero significato della pena: la rieducazione del condannato. Tutto è partito da un’idea di William Pitzalis, chef ufficiale del Cagliari Calcio: «Mesi fa ho pensato a quanto sarebbe stato bello organizzare un’iniziativa del genere- racconta Pitzalis - Ne ho parlato con qualche collega, che all’inizio mi ha preso per pazzo: il nostro lavoro è molto impegnativo, spesso siamo occupati anche la domenica, e i pochi momenti liberi magari sono dedicati alla famiglia. Impegnarsi in un’attività extra sembrava impossibile». Ma poiché niente è impossibile per davvero, alla fine l’accordo si è trovato. In poco tempo lo chef è riuscito a mettere in piedi una squadra con una ventina di colleghi: nomi tra i quali figurano quello di Stefano Deidda, Luigi Pomata, Daniele Cui (lanciato dalla trasmissione televisiva Masterchef), sino allo chef della Caritas, Massimo Bruno, e a Gabriella Narciso e Maria Grazia Loddo della scuola di cucina “Il giardino dei piaceri”.

Il resto è venuto da sé, con le star dei fornelli che nelle scorse settimane hanno cominciato a prendere confidenza con i giovani: «Ogni volta che venivo nell’istituto di pena notavo che intorno a me c’erano sempre gli stessi ragazzi - racconta ancora Walter Pitzalis - Era il segno che davvero erano interessati alla cucina. In particolare volevano saperne di più sulle tecniche di panificazione e la preparazione dei dolci».

Ieri, l’esperienza è culminata nella giornata finale: un grande pranzo con tavole imbandite come nelle grandi occasioni. Non prima però di aver giocato una triangolare di calcio, dove gli chef, personale del carcere e ragazzi si son sfidati. Uno spasso vedere arbitrare la partita da suor Silvia Carboni, grinta da vendere e scarpette rosse da calcio che spiccavano sull’abito lungo nero. Incosueta è stata l’immagine di un detenuto che durante la partita stringeva la mano al suo avversario: una delle guardie.

«L’idea di queste attività nasce per aiutare i giovani a inserirsi in un contesto sociale - spiega Giovanni Pasculli, della Fondazione Giulini - Nel futuro immediato vorremmo organizzare altre giornate come queste, perciò stiamo cercando aziende con cui portare avanti nuovi progetti». Nel frattempo in questa struttura, nata come carcere di massima sicurezza ma poi convertita a luogo di dentenzione per minori (oggi ce ne sono dodici) non mancano altre cose da fare: «Di mattina i ragazzi si dedicano ai laboratori, come quello di falegnameria, mentre la sera ci si concentra di più su attività come lo studio- spiega la direttrice, Giovanna Allegri - Si fa anche giardinaggio: il Rotary club Est ci ha da poco donato cinquanta piante di agrumi».

Anche così i giovani reclusi ridisegnano il loro futuro: «Lo sport, la gente che arriva: c’è finalmente un po’ di affetto in giornate come queste, e cono contento», commenta con viso radioso uno di loro, vent’anni e la libertà in arrivo tra pochi giorni. Il futuro? Questo giovane non ha dubbi: «Voglio fare l’attore. Ho già partecipato a un film. Qui in uno spettacolo sono subito entrato nel personaggio: mi hanno detto che sono bravo, che ho del talento, di non smettere. E io ci credo, non smetto».

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