La Nuova Sardegna

Un videogame per attraversare l’isola sconosciuta

di Mario Frongia
Un videogame per attraversare l’isola sconosciuta

Un gioco interattivo inventato da Sardegna Ricerche  Intervista con Ivan Blecic, responsabile del progetto

03 marzo 2018
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I luoghi meno paparazzati di una Sardegna ricca di emozioni e istigatrice di desideri, viaggeranno sul web. Un innesco utile alle imprese del turismo e delle vacanze. Ma non solo. La rivoluzione, innovativa e ricca di opzioni occupazionali ed economiche, si apre con due videogames a cui si accede gratis dal pc o da uno smartphone. Giochi interattivi che svelano bellezze naturali meno note. «La Sardegna ha scenari ideali per il progetto Pac Pac: per i giochi non utilizziamo ricostruzioni in 3D ma luoghi e paesaggi reali riadattati per i videogame» dice Ivan Blecic, responsabile scientifico del progetto. Insomma, Baunei e Castiadas ma anche San Sperate e Ozieri in mondovisione. Colline e vallate da raccontare e svelare. Calette, siti archeologici, musei, itinerari, spiagge, chiese, grotte, enogastronomia, folclore e sagre come sfondo e percorso di una storia che cattura il giocatore e lo trascina in paradisi con pochi eguali. Con un coinvolgimento che porta a scegliere una vacanza tra i Quattro mori. «Sì, costruire il desiderio è alla base della nostra idea. Abbiamo pensato a valorizzare territori e paesaggi, qualità culturali, storiche e archeologiche, specie quelli meno noti». Il professor Blecic, 42 anni, nato a Labin («A metà tra Pola e Fiume»), ha trascorso dieci anni da ricercatore ad Alghero, facoltà di architettura dell’ateneo di Sassari. Nel 2015 ha vinto il concorso da associato bandito dall’ateneo di Cagliari. Ora, insegna estimo e valutazione di piani e progetti a Ingegneria. “Pac pac”, promosso da Sardegna Ricerche, è un balzo verso un futuro innovativo, digitale, naturalistico. Con al centro l’isola. Non solo film o fiction tv su Carloforte o Stintino ma «videogiochi d’avventura che calamitano i turisti ed esaltano il dna della Sardegna, fuori stagione e verso mete insolite».

Magari, ambientati in Costa Smeralda o a Cala Sisine?

«No, lavoriamo su narrazioni basate su zone meno note dal punto di vista mediatico e promozionale. Partiamo dal Parco geominerario, archeologia industriale e paesaggi naturalistici di pregio. Però, un noir ambientato a Porto Cervo non sarebbe male».

Siete già al lavoro anche su altre trame?

«Sì. L’altro videogame chiederà al giocatore di visitare e spostarsi in varie località della Sardegna. Si può passare da Alghero al Gennargentu a Bosa. Nei giochi si è coinvolti in prima persona in esperienze di esplorazione».

Dunque, la trama del gioco comanda le danze?

«Sì. Vanno risolti enigmi, scoperti dettagli, trovate soluzioni. Il tutto matura in scenari reali, si incontrano personaggi, ci si incuriosisce a ricostruire la trama narrativa di una storia che si dispiega in modo interattivo».

Qual è il bersaglio?

«I giochi d’avventura, a basso costo e con alto valore culturale e tecnico, fiction tv e cinema interattivo premiano una regione ricca di competenze di alto livello tecnico e culturale. Competenze sofisticate che si integrano in un prodotto rivolto al grande pubblico».

Quello che fa il tour dei luoghi dei film?

«Anche. Dopo Il trono di spade la gente va a Dubrovnik in Croazia e fa le adunate. E in tanti visitano Scampia dopo aver visto Gomorra. Le nostre sono produzioni di nicchia, ma potrebbero essere imitate e far desiderare i luoghi».

A cosa vi siete ispirati?

«In parte al gioco americano Myst, sèguito da Riven: storytelling, narrazione, qualità e tecnica d’eccellenza. Ma anziché andare su ambienti inventati, fantasy o ricostruiti in 3D, usiamo foto e video delle realtà locali sarde».

Perché l’idea è appetibile?

«In sintesi, la mettiamo a disposizione di consorzi e guide turistiche, charter, noleggi, sistemi museali, catene alberghiere e imprenditori delle vacanze, promotori di escursioni e altri possono ritrovarsi in un percorso di visibilità ad alta diffusione. Risparmiando tempo e soldi si esalta lo spettacolo degli scenari isolani».

Ma non si rischia di monetizzare e mercificare il tutto?

«No. Stiamo attenti alla fedeltà e alla congruità storico culturale dei luoghi. La Sardegna non è una vetrina o un palco, ma un’esperienza di gioco con elementi autentici dei valori identitari».

Come si sviluppa il progetto?

«Durerà trenta mesi e siamo al lavoro da gennaio. Entro settembre del 2020 contiamo di affinare il tutto con laboratori, workshop game jam nelle superiori, corsi universitari e scuole estive in cui i ragazzi si cimentano nel fare altri giochi con le nostre piattaforme».

Avete già in mente la terza puntata?

«Penso a un gioco su Castello, a Cagliari e un altro all’Asinara, su una storia di sofferenza e detenzione».

Ci sarà un sito di riferimento?

«I giochi saranno on line. Va battezzata la piattaforma, una sorta di Youtube dei video giochi accessibile universalmente, e ci sarà una App. Di fatto, il turista vede e gioca da Ferrara, Shangai o Stoccolma ed è invogliato a venire in Sardegna».

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