La Nuova Sardegna

Sua maestà il Carignano conquista il mondo

di Pasquale Porcu
Sua maestà il Carignano conquista il mondo

Il boom del vino del Sulcis rilanciato dall’enologo Giacomo Tachis

24 marzo 2018
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Il vino Carignano esiste in diversi continenti, ma quello del Sulcis è il migliore al mondo. Lo sostiene da tempo Jancis Robinson, uno dei più autorevoli critici enologici a livello internazionale. Dipende dal fatto che quei vigneti del sud ovest della Sardegna non hanno subito l'attacco della fillossera, a cavallo tra Otto e Novecento? O il segreto sta nella particolare composizione dei terreni? E chissà che non contribuiscano alla qualità di quelle uve anche i venti salmastri che vengono dal mare a carezzare le vigne. Di sicuro a rendere uniche quelle uve è il sole rovente che riempie ogni acino di una energia unica e preziosa. Era proprio questa luce a far collocare le uve Carignano nell'Olimpo delle eccellenze enologiche del mondo, come sosteneva Giacomo Tachis, enologo di casa Antinori per mezzo secolo, fulminato sulla via di Santadi negli anni dell'età matura. Del Carignano si era innamorato quell'uomo mitizzato dai seguaci di Bacco.

E' stata una intuizione di Antonello Pilloni, presidente della Cantina Santadi e motore della rivoluzione enologica isolana a chiedere a Tachis la rinascita del Carignano. Erano i primi anni Ottanta quando l'enologo di Asti si appassionò ai vini del Sulcis. Fino a quel momento il Carignano era stato usato come gregario per dare forza agli esangui vini del Piemonte e della Francia nelle annate di crisi. Una sorta di capitano di ventura da mobilitare a seconda delle necessità per dare gloria a etichette di blasone ma in debito d'ossigeno.

Con Pilloni e grazie a Tachis il Carignano si riprende il ruolo da protagonista sulla scena internazionale. Ed ecco nel 1984 la prima annata del Terre Brune, 95% di Carignano e 5% di Bovaleddu, qualità certificata ii ogni bottiglia da tanto di timbro e firma del notaio Fernanda Locci. Il vino nel bicchiere ha un colore rosso rubino intenso con leggeri riflessi granati. Al naso ha profumi complessi: senti la macchia mediterranea, il mirtillo e le prugne, l'alloro, il tabacco e il cioccolato. Note che in bocca esplodono con potenza ed eleganza creando una sinfonia di gusti mai sentita prima di allora in Sardegna. Un vino diventato subito l'orgoglio e la bandiera della Sardegna enologica, da esibire al Vinitaly, New York e Londra. Sulla scia del Terre Brune, oggi prodotto in 120 mila bottiglie, ecco anche il fiero Rocca Rubia, Carignano in purezza, prodotto in 600 mila bottiglie.

Il rapporto tra Santadi e Tachis è andato avanti fino alla morte di quest'ultimo. Un rapporto di amicizia e di stima che ha prodotto molti frutti. Uno dei più importanti è Agripunica, una azienda per metà di proprietà di Santadi e per l'altra metà della Tenuta San Guido di Bolgheri, uno dei nomi più prestigiosi del mondo del vino, del marchese Nicolò Incisa della Rocchetta, produttore del Sassicaia e del Solaia. Da Agripunica sono nati tre vini: Barrua, uvaggio di Carignano del Sulcis e tre vitigni internazionali e Montessu (Carignano più 4 internazionali) e il bianco Samas. Le migliori annate in commercio: per il Terre Brune il 2001, per il Barrua il 2003. Chi li possiede e li beve è un uomo felice.



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