La Nuova Sardegna

Un romanzo sulla grazia della giovinezza

di Alessandro Marongiu
Un romanzo sulla grazia della giovinezza

Per la collana Scrittori di Sardegna “La stagione che verrà” di Paola Soriga

29 marzo 2018
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In Sardegna sono nati e cresciuti, ma poi la Sardegna l’hanno lasciata, in momenti diversi, per andare a vivere o studiare altrove. È stato proprio fuori dall’isola che hanno stretto amicizia, a Pavia per la precisione, città che hanno imparato ad amare o che almeno si sono fatti piacere, col trascorrere delle stagioni, pur se così lontana dalla quotidianità e dai paesaggi d’origine. Si chiamano Dora, Agata e Matteo, e le loro differenti parabole, ora che i tempi universitari sono un ricordo quasi remoto, li stanno facendo ricongiungere a Cagliari, ognuno con un proprio variabile carico di ansie, aspettative più o meno deluse, speranze non del tutto tramontate.

La prima ad andar via è stata Dora, che a quindici anni da Alghero si è trasferita in Catalogna, a Calella, al seguito dei genitori. Ambientamento poco agevole, a dispetto della convinzione che la lingua non sarebbe stata un problema (lo è stata, invece), che non intacca però neppure per un attimo la sua voglia di scoprire il mondo: ed eccola in Sudamerica a operare nelle favelas una volta entrata a far parte di una Ong, e poi ancora in Italia e ancora in Europa, ma soprattutto ancora e solo alle prese con contratti che non le verranno rinnovati. L’approdo più recente del suo peregrinare le provoca sentimenti contrastanti: «Cagliari è vicina ma Dora la conosce poco, ha già un lavoro e un posto dove stare ma amici nessuno, conoscenti pochi. Poi in qualche modo Cagliari vuol dire tornare, per rassicurarsi Dora si ripete che non deve essere per sempre». A differenza di lei, Agata ha potuto decidere per sé: dopo il liceo, dritta in Lombardia verso la facoltà di Medicina. Il collegio sembra una caserma e i colleghi fanno pesare le ricchezze dei genitori, ma piano piano la ragazza trova i giusti canali, le giuste frequentazioni, e anche alcuni amori, che però giusti forse non sono. Specie l’ultimo, per Gianluca, dal quale adesso aspetta un figlio che darà alla luce in Sardegna, accogliendo l’invito di Dora ad andare a stare con lei.

Gianluca è un pensiero fisso, ma Agata sa che difficilmente lui tornerà sui suoi passi: meglio cominciare ad abituarsi all’idea di dover fare tutto da sola. Matteo a Bologna ha fatto carriera, ma solo fin dove gli è stato concesso: oltre non c’era possibilità di avanzare, e l’insegnamento a scuola è arrivato come un doloroso ripiego, svanite le velleità accademiche. Tempo addietro, in uno dei suoi numerosi viaggi a Pavia, ha incontrato Dora, con cui ha stabilito un rapporto tanto speciale che, durante una successiva vacanza a tre con lei e la fidanzata Valentina, l’aria non è parsa delle più rilassate. Valentina che lo attenderà a Bologna, perché Matteo rientra in Sardegna a curare il brutto male che lo consuma dall’interno, vicino a padre, madre e fratelli. Non troppo vicino, comunque: in casa con Dora e Agata ci sarà spazio anche per lui.

Nel romanzo “La stagione che verrà”, da domani in edicola con La Nuova per la nona uscita della collana “Scrittori di Sardegna” (a 6,70 euro oltre al prezzo del quotidiano), Paola Soriga racconta le vicende, distinte quanto intimamente connesse, di tre figure comuni dell’oggi, tre cosiddetti “giovani adulti” smarriti nel caotico scenario contemporaneo. Scrive correttamente Barbara Bonomi Romagnoli per La 27esima Ora del Corriere della Sera che i protagonisti rappresentano «molto bene una minoranza, forse quella più consapevole o semplicemente più “attrezzata” a muoversi sotto la spinta di cambiamenti globali che ricadono nelle nostre vite». In questa storia c’è quel pezzo di trenta/quarantenni che ha vissuto le giornate genovesi del 2001, che non è iscritta ad un partito e fa politica nei movimenti in maniera intermittente, con il rischio che a volte il privato sembra prendere il sopravvento sulla collettività. Ad essere, per certi aspetti, “politici” sono i lavori che fanno, nella misura in cui sono votati all’altro/a da sé – dall’impegno nella Ong di Dora, alle professioni di Agata e Matteo». I cambiamenti evocati ricadono anche, com’è inevitabile, sulla concezione di nucleo famigliare, che ormai non è più soltanto quello basato sui legami di sangue, ma anche quello che si coagula attorno agli affetti, alle esperienze fatte e ai posti visti e sognati assieme con compagni incrociati sulla via. Dice in proposito l’autrice al sito “Gli amanti dei libri” che Dora, Agata e Matteo sono «persone ad un certo punto uscite volontariamente dalle reti più familiari degli amici dell’infanzia, e che quindi per forza se ne sono dovute costruire di nuove. E queste nuove assumono anche la valenza della famiglia, in particolare in queste vite in cui nessuno di loro ancora sa se avrà o no una famiglia. Fanno fatica a fare a meno uno dell’altro, non vogliono».

Tracciando un piccolo bilancio della sua carriera per Mezza-penna.it – «Amo le poesie perché sono il mio primo e più profondo sguardo alla parola, “Dove finisce Roma” perché è stata la mia prima narrazione lunga, che mi ha permesso di essere letta, di ricevere commenti commoventi» –, la Soriga definisce “La stagione che verrà” il romanzo degli anni della sua giovinezza, il «romanzo a cui mi sembra di aver lavorato, dentro di me, da sempre».

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