La Nuova Sardegna

«La vita è tutta una giostra»: parlano gli artisti circensi che hanno scelto la Sardegna

Andrea Massidda
«La vita è tutta una giostra»: parlano gli artisti circensi che hanno scelto la Sardegna

Una giornata al luna park Matherland con gli eredi dell'antico circo boemo dei Koska, chiamati nell'isola da due imprenditori sassaresi nell'ultimo dopoguerra

07 aprile 2018
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Il villaggio più piccolo della Sardegna – una settantina di anime che d’estate diventano poco più di cento – sta alle pendici delle montagne russe, nascosto da un castello stregato e da una gigantesca statua di Superman. È abitato da una comunità itinerante, perciò quello che si potrebbe definire il piano urbanistico del paese viene disegnato di volta in volta a seconda del territorio che lo ospita. Soltanto una regola non cambia mai: da una parte deve sorgere la zona commerciale, con i chioschi e le varie attrazioni per i visitatori, tante luci e tanta musica; dall’altra va invece allestita la zona residenziale, dove regna la tranquillità e le roulotte sono disposte a quadrato come se formassero un recinto che separa quell’accampamento dal resto del mondo. Benvenuti a Matherland, il luna park più antico e importante della Sardegna. Un microcosmo all’interno del quale gli abitanti parlano tra loro un gergo incomprensibile e si autodefiniscono “dritti”.

Le origini. Prima che sbarcasse nell’isola per non lasciarla mai più, questo parco giochi si chiamava Koska, dal nome dei fondatori, provenienti dalla Boemia. Siamo nella prima metà dell’Ottocento e la “giostra a cavalli” si muove ancora grazie alla forza umana. Soltanto successivamente sarà alimentata da un sistema a vapore. Un po’ come facevano le vecchie compagnie di saltimbanchi, la grande famiglia si sposta in mezza Europa e ogni volta che arriva in un luogo nuovo è una festa. Sarà così sino a un giorno del 1947, quando i proprietari di quella che adesso è diventata una cooperativa di servizi ricevono una proposta inattesa. Da Sassari.

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L’arrivo in Sardegna. La guerra è appena finita e l’Italia si sta faticosamente riprendendo dallo choc. Tra la gente c’è un gran voglia di leggerezza. «Fatto sta che a mio suocero, Luciano Matera, figlio di una Koska e all’epoca titolare del luna park, giunge una richiesta da due imprenditori sardi: erano il Commendator Pani, ramo autolinee, e Gino Delogu, un facoltoso macellaio», racconta Corrado Marengo, 74 anni, attuale “sindaco” di Matherland e memoria storica del luna park insieme con Gianna Bellucci, che nel campo c’è nata nel 1930. «I due – continua Marengo – intendevano organizzare una grande festa per il “Ferragosto sassarese” e volevano a tutti i costi piazzare il nostro “Muro della morte” all’emiciclo Garibaldi. Per farla breve, non solo l’accordo si fece ma i Koska-Matera s’innamorarono della Sardegna e non vollero più muoversi». Nomadi sì, quindi, ma all’interno di un’isola. «Una scelta che alla fine condizionò anche la mia vita – conclude Corrado Marengo –, perché frequentando proprio a Sassari questo luna park persi la testa per la figlia di Luciano, ci sposammo, e da quel momento anch’io iniziai a lavorare qua. Destino».

La missione. Una volta il giornalista e saggista americano William D. Tammeus scrisse delle parole toccanti: «Se non sai perché un bambino sulla giostra saluta i genitori a ogni giro e perché i suoi genitori gli rispondono sempre, non capisci la natura umana». Forse è davvero così. Lo ammette anche Luciano Marengo, 40 anni, primogenito di Corrado. «Mentre lavoriamo alla cassa di qualche attrazione – commenta – probabilmente possiamo apparire freddi e distaccati, in realtà per noi è molto gratificante vedere le persone che ridono e si divertono da impazzire. E del resto persino papa Francesco, nell’incontro dell’anno scorso con gli esercenti dello spettacolo viaggiante, ha ricordato come il nostro lavoro sia una missione: quella di offrire ai bambini, ma anche agli adulti e agli anziani, occasioni di divertimento sano e pulito. Ci ha definito “artigiani del bello”, sottolineando che con il nostro mestiere regaliamo a figli e genitori momenti di grande felicità. Ha detto che siamo i messaggeri della gioia che piace a Dio».

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Dritti e Contrasti. Al di là dei complimenti di papa Francesco, chi ha scelto di passare la propria esistenza al seguito di una carovana, si sente speciale. «Speciale, non migliore, eh – precisa Luciano –, in ogni caso siamo diversi. Per questo motivo, noi, che siamo sempre in giro da una città all’altra, ci definiamo “dritti”, mentre quelli che conducono una vita stanziale e borghese li chiamiamo “Contrasti”. Non è un’offesa, sia chiaro: è soltanto un modo per distinguerci dalle persone che forse non colgono il fascino dell’essere nomadi».

La figlia delle Rane. Gironzolando tra le attrazioni di Matherland si fanno anche altre scoperte. Ad esempio, se chiedi di parlare con Letizia Sing (una giovane donna che è cresciuta con la carovana sin dalla nascita), capisci che lei è per tutti “La figlia delle Rane”, perché il papà è il titolare del chiosco dove si fa la pesca miracolosa con le rane, appunto. Luciano, invece, è “Il figlio della Ballerina e dell’Autoscontro”. Quasi una creatura mitologica. «Quando da bambino mi chiamavano così – racconta – mi mettevo a ridere, anche perché a pensarci capivo che era verissimo. Noi ci scherziamo, eppure Giulio Beranek, l’attore che ha recitato anche per Matteo Garrone e i fratelli Taviani, ha appena pubblicato un bellissimo libro sugli spettacoli viaggianti che s’intitola proprio Il figlio delle Rane».

La vita quotidiana. Ma come si svolge la vita all’interno del campo? «Al sorgere del sole – racconta Luciano – si comincia a sentire il rumore delle porte delle roulotte: sono i bambini che si preparano per andare a scuola e le donne che iniziano a fare i lavori all’interno della casa viaggiante. Nel frattempo gli uomini si occupano delle giostre: controllo dei livelli, manutenzioni varie, pulizie e così via. Tutto questo sino all’una, quando al rientro degli scolari ognuno pranza con la propria famiglia, ma ovviamente sempre in comunicazione con tutti».

Dopo mangiato, invece, regna il silenzio assoluto. «La siesta pomeridiana – continua Luciano – per noi è un rito imprescindibile. Soltanto al risveglio ci si prepara per l’ apertura del luna park: ognuno prende possesso della propria postazione e lì rimane sino alla chiusura del parco giochi, quando si ritorna in carovana, si va a cena e poi ci si ritrova tutti insieme a chiacchierare. Questo, naturalmente, se non ci sono imprevisti, che però si manifestano spesso sotto forma di forte vento o di temporali con temuti acquazzoni». Tra gli abitanti delle roulotte – che per inciso sono tutte pulitissime e attrezzate di televisori e collegamenti a internet – possono naturalmente nascere amori e anche piccoli screzi. «Ma tra noi – chiarisce Luciano – esiste comunque un fortissimo senso della solidarietà. Nessuno viene lasciato da solo o indietro: nelle carovane non ci si abbandona».

I giochi intramontabili. Le migliori fabbriche al mondo di attrazioni per luna park sono in Italia, precisamente in Emilia-Romagna. Un’eccellenza della meccanica che qualcuno tenta invano di scopiazzare e che per qualche anno ha rischiato la concorrenza dei cosiddetti “gonfiabili” di plastica. Un moda ora relegata ai bambini più piccoli, perché basta dare un’occhiata alle preferenze degli avventori per capire che i giochi più richiesti sono sempre gli stessi. Dall’Autoscontro alla classica giostra con i seggiolini volanti (chiamata comunemente “Calcinculo”), dalla Ballerina girevole alle tradizionali montagne russe. Ma non mancano certo l’Ottovolante e il mitico Brucomela (ormai sostituito da Pluto). Insomma, la tecnologia regala sempre nuove versioni dei giochi con livelli elevatissimi di sicurezza, ma le attrazioni sostanzialmente restano sempre le stesse. Infatti funziona molto anche il Tirasségno. Intramontabile, infine, lo zucchero filato.
 

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