La Nuova Sardegna

«Una Pompei del mare fotografata con i droni»

di Costantino Cossu
«Una Pompei del mare fotografata con i droni»

«Ecco le immagini del maremoto che devastò la Sardegna nuragica»

08 aprile 2018
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In una mostra la documentazione fotografica (e geografica) che fa vedere come la Sardegna coincidesse perfettamente con quanto affermato dalle fonti antiche sulla Terra di Atlante: al di là delle Colonne d’Ercole c’era davvero una grande isola, da quest’isola si raggiungevano altre isole e le terre che quel mare circondava. Alle 16 di martedì prossimo a Villa Celimontana, la sede romana della Società geografica italiana, sarà inaugurata “Omphalos, la Sardegna di Atlante, primo centro del mondo” (aperta sino al 2 maggio 2018). Trecento foto che raccontano gli albori della storia della Sardegna. Il tutto a partire dal libro di Sergio Frau che ha lo stesso titolo della mostra. In occasione dell’esposizione, il volume sarà presentato durante un incontro al quale parteciperanno, insieme con Frau, Andrea Cantile (Università di Firenze), Franco Farinelli (Università di Bologna), Andreas Steiner (direttore della rivista Archeo), Mario Tozzi (geologo del Consiglio nazionale delle ricerche)ed Ettore Tronci (ricercatore).

«La Sardegna – spiega Frau – nel secondo millennio a.C. era ricca di tutto: metalli, clima mite, acque calde e fredde, triremi. Governava sull’intera Tirrenìa, attaccava l’Egitto. Questo in sintesi quel che ci dice Platone – a poche ore dalla morte del suo amatissimo maestro Socrate – raccontando una storia sacra anche per Atene. Eschilo, nel “Prometeo incatenato”, fa dire al fratello di Atlante incatenato al Caucaso: “Sono disperato per le sciagure capitate ad Atlante, che in Occidente, al centro del mondo…». Ebbene, soltanto due tasselli mancavano per far coincidere perfettamente la Sardegna con l’Isola di Atlante: lo “Schiaffo di Poseidone”, il terribile maremoto che avrebbe ferito a morte quella terra, e la posizione al Centro del mondo, con Atlante che regge il cielo degli Antichi. In mostra – e nel libro “Omphalos” – anche questi due tasselli sono andati a posto».

Cioè?

«Al di là delle prime Colonne d’Ercole, situate sul Canale di Sicilia e non a Gibilterra (e su questo mi hanno dato ragione all’Unesco e all’Accademia dei Lincei ) c’era davvero, nel II millennio a.C., un’isola strabiliante. Cento foto, realizzate con il suo drone da Ettore Tronci, che ha mappato il Medio Campidano, faranno conoscere ai visitatori un’inedita Pompei del mare: sono almeno cento i nuraghi “sepolti vivi” da un’ondata di fango che, arrivata dal Golfo di Cagliari, ha raschiato la pianura che secondo Platone era “la più bella di tutte le pianure”, massacrando e mettendo fine alla civiltà nuragica».

Sepolti vivi?

«Gli scavi in tre grandi nuraghi – Barumini, Gennamaria a Villanovaforru, Su Mulinu a Villanovafranca – hanno restituito materiali d’uso, blocchi d’ossidiana, bracieri di bronzo, strumenti di lavoro… Talmente tanta roba che ci sono voluti musei appositi per farla conoscere: non appartiene alla storia dell’uomo lasciare in un luogo abbandonando tante cose sigillate sotto colline di fango».

E quella posizione che Eschilo dice al centro del mondo?

«Non solo Eschilo: sono quattordici gli autori antichi che giurano che Atlante era al centro del mondo. Io sono il primo e l’unico che si è preso la briga di controllare e di misurare: sul 40° parallelo nord (forse il primissimo equatore e comunque il parallelo chiamato “La linea degli Olimpi”), che percorre l’Asia fino a Pechino attraverso la Via della seta e passa, a Ovest, per Toledo, “l’ombelico di Spagna”, la Sardegna è esattamente al centro. Sorgono, che è il cuore dell’isola con i suoi 200 menhir più antichi di Stonehenge, dista 11.359 km dalle coste pacifiche degli Usa e 11.035 da quelle del Giappone. Soltanto un caso? Io non credo».

Ma come hanno fatto, gli Antichi, a misurare?

«Probabilmente come fece Eratostene che – alla fine del III secolo a.C. – calcolò l’intera circonferenza della Terra con due pozzi (uno ad Alessandria e uno ad Assuan) e con i raggi del sole, sbagliando di soli 30 chilometri. Per questo è definito il “Padre della geografia”. Io, ormai, sospetto che ne sia il nipote o il pronipote. In mostra si potrà vedere un planisfero di 3 metri per 2 che permette di controllare queste distanze persino a spanne».

Tu sostieni anche che gli Shardana erano sardi che fuggivano dall’isola devastata, che approdarono in Toscana e che divennero il ceppo originario del popolo etrusco. Su quali evidenze si basa questa convinzione?

«Gran bella storia quella degli Shardana: da prima guardia scelta di Ramses II e poi – con Ramses III – migranti anche in Egitto. Questo scolpiscono e raccontano i testi e le sculture egiziane. Eppure fino a vent’anni fa, visto che si diceva che i Sardi non navigassero, venne attribuito tutto ai popoli della Lidia. Oggi che, ormai, la Sardegna si sta facendo capire meglio, si aprono nuovi capitoli d’indagine. In un testo egizio che riporto nel libro, gli Shardana vengono definiti “Quelli del Centro”. Possiamo fregarcene, ovvio… Ma è molto interessante approfondire. Gli Etruschi? Gli Etruschi siamo noi, Sardi in fuga dall’isola che ci ha traditi. Lo testimonia Plutarco: quelle genti pagano Caronte per tornare al luogo di origine, tengono un omphalos in mano per indicare la rotta e quell’omphalos è un simbolo del Centro del mondo. Le loro tombe – i tumuli – sono troppo simili ai nuraghi sepolti che hanno visto abbandonando la Sardegna per essere solo una coincidenza».

E come mai, invece, il concetto di Centro del mondo viene di solito archiviato come un “archetipo nato dall’inconscio collettivo”?

«Perché cent’anni fa, quando scrivevano Freud (padre dell’Inconscio) e Jung (padre del Collettivo), eravamo molto più ignoranti: pensavamo che l’uomo avesse quattro o cinquemila anni e che prima ci fossero in giro primitivi/scimmioni che, certo, non potevano aver fatto nulla di rilevante. Ma il Novecento ci ha regalato le grotte di Altamira, Cosquer, Lascaux, opere sublimi che hanno decine di migliaia di anni. Non solo: oggi sappiamo che l’uomo ha un milione e mezzo di anni: ha avuto tutto il tempo per saperla lunga, larga e tonda».

Credi che in Sardegna il tuo lavoro potrebbe aprire prospettive di valorizzazione e di promozione del patrimonio archeologico anche sul piano turistico.

«La Sardegna è stata un’enorme, strabiliante città galleggiante. La Manhattan dell’Antichità, ho avuto l’azzardo di scrivere. Oggi, con le sue Domus Janas, con le sue Tombe dei Giganti, con i suoi 20 mila nuraghi è ancora e di nuovo in grado di affascinare il mondo intero. Certo, se poi si trovano i Giganti di Mont’e Prama e li si tiene nascosti negli scatoloni per trent’anni... Spero, però, nelle nuove generazioni: questa Sardegna delle meraviglie è loro».

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