La Nuova Sardegna

Due giorni con Wiseman il maestro dei documentari

Fabio Canessa
Due giorni con Wiseman il maestro dei documentari

A Sassari ospite il leggendario regista premio Oscar. Un’iniziativa all’interno degli incontri internazionali dell’Accademia di Belle Arti

13 aprile 2018
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SASSARI. Leone d’oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia e Oscar onorario per il contributo dato in una carriera ormai lunga più di mezzo secolo. Frederick Wiseman è una leggenda. E se i riconoscimenti aiutano a sintetizzare la sua importanza, non bastano a sottolineare quanto il suo lavoro abbia influito nell’evoluzione del genere documentario. Chiedere un po’ a tutti i registi che oggi si approcciano al cinema del reale. Il maestro, il punto di riferimento, è quasi sempre lui. Il grande autore americano che martedì e mercoledì (mattina e pomeriggio) sarà a Sassari ospite dell’Accademia di Belle Arti.

Un nuovo appuntamento degli incontri internazionali organizzati all’interno del biennio specialistico di cinema documentario, ideato dal direttore Antonio Bisaccia, grazie al quale sono già arrivati in città per delle masterclass importanti registi. Adesso, dopo un lungo inseguimento, un maestro assoluto come Wiseman. «I nostri incontri internazionali sul cinema documentario – sottolinea Bisaccia – arrivano con la presenza di Frederick Wiseman a un giro di boa davvero importante. L’osservazione del reale si fa densa e intensa. Wiseman attiva l’accezione più congrua dell’osservazione: la custodia. Custodire il reale, dargli una forma, indicare un tema senza le seduzioni semantiche che lo circondano. È questo il nucleo forte della sua poetica che ci ha spinto, come Accademia di Belle Arti, a invitare Wiseman a un incontro articolato con gli studenti. I suoi film sono monumentali sculture di tempo, in cui ciò che conta sono gli intervalli di senso che dimorano nel respiro stesso del reale». A coordinare l’incontro, organizzato in questa occasione dall’Accademia in collaborazione con il Nuovo Circolo del Cinema e la Sardegna Film Commission, ci sarà come al solito Lorenzo Hendel. Documentarista e docente del corso a Sassari. «Wiseman ha dato un significato al documentario – evidenzia Hendel – che primo esso non aveva. Con lui la macchina da presa impara a entrare in punta di piedi nella realtà, ad osservarla con attenzione e rispetto, ad adeguarsi ai suoi spazi e ai suoi tempi. La forza propulsiva del suo cinema era, ed è, una forma nobile di curiosità. Lo stesso Wiseman dice che lui non investe quasi nessun tempo nella ricerca prima di girare un film, perché il girare stesso è la ricerca. Una macchina da presa curiosa, umile, rispettosa della vita in tutte le sue manifestazioni. Questo messaggio ha una importanza capitale dal punto di vista formativo, per gli studenti. Imparare a rispettare il mondo che stiamo riprendendo con le nostre macchine e i nostri dispositivi è il punto di partenza per diventare domani dei bravi documentaristi».

Un autore, Wiseman, che da quando ha iniziato realizzare documentari, nel 1967, non si è più fermato. Sono oltre quaranta i film girati. E continua ancora oggi, anche se ormai ha 88 anni, a portare avanti progetti. Soltanto pochi mesi fa, all’ultima edizione della Mostra del cinema di Venezia, ha presentato un nuovo lungometraggio che è stato molto apprezzato dalla critica: “Ex Libris – The New York Public Library”, viaggio nel sistema bibliotecario della Grande Mela. Un’altra istituzione al centro di un suo documentario, una costante nella filmografia di Wiseman che comincia con un lavoro fondamentale come “Titicut Follies” girato in un ospedale psichiatrico giudiziario. Nel corso della carriera ha raccontato con il suo sguardo, e una rara capacità di penetrare nel tessuto sociale mostrandone anche le contraddizioni senza per questo fare film a tema, campi d’addestramento militare (“Manœuvre”), grandi magazzini (“The Store”), parchi pubblici (“Central Park”), università (“At Berkeley”), il sistema di case popolari (“Public Housing”), musei (“National Gallery”). Solo per citare alcuni titoli che dal punto di vista stilistico sono accomunati da scelte osservative, senza interazione diretta del regista con la realtà filmata, dalla mancanza di interviste, di didascalie e voci fuori campo.

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