La Nuova Sardegna

Identità, cultura e business: Mamoiada si apre al futuro

Giacomo Mameli
Identità, cultura e business: Mamoiada si apre al futuro

«Vogliamo l’Unesco delle maschere e un centro-studi antropologico di valore mondiale» 

14 aprile 2018
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Tutto è pronto (o quasi) per il primo festival internazionale delle maschere: fedeli a Su Connotu, radici ancorate saldamente al nuraghe e alla storia ma pronte a confrontarsi col mondo. Battesimo di colori e di suoni, campanacci e pelli di pecora, issohadores e visèras nel prossimo solstizio d'estate, sabato 16 e domenica 17 giugno, mese del sole e della libertà, mese in sardo detto Làmpadas, fiamme che danno luce anche in tempi bui. Primo Paese ospite, il Portogallo con le maschere Caretos di Podence, regione di Tràs-os-Montes e Alto Douro, nelle vicinanze di Macedo de Cavaleiros. Verrà in Barbagia anche l'Associazione degli Amici portoghesi del Fado di Sassari. Il gemellaggio sarà sancito a Mamoiada, patria dei Mamuthones, paese della Sardegna di dentro con distese di margheritoni gialli e primule bianche nelle tanche tra Gonare e Monte Listru, centinaia di vigneti con i primi germogli verdi fra Lorettatèsu ed Elìsi e migliaia di filari di uve cannonau allineati con perfezione monacale, “tirati a lenza” in questa parte di Ichnusa che, in alcuni pendii, comincia a prendere l'aspetto delle colline del Chianti e del Monferrato.

VISIONI. È Mamoiada 4.0. È il paese sardo che più di altri ha saputo trasformare un bene immateriale, cosiddetto identitario, in fatto economico, chiamatelo pure business. Con la cultura qui si mangia. E nascono visioni a lungo raggio, da politica culturale carente in altre zone dell'isola. Si vuole creare l'Unesco delle maschere. «Perché abbiamo preso coscienza del valore antropologico e sociale del nostro Carnevale, lo sentiamo nel cuore, in sas intragnas, siamo riusciti a farlo apprezzare prima sotto il Gennargentu e poi nel mondo. Dagli anni Settanta in poi è stato un crescendo costante. Ma non ci basta. Mamoiada deve diventare un centro-studi globale delle maschere dei cinque Continenti». Se ne parla in gruppo perché l'individualismo è stato sconfitto, detta legge il fare collettivo, molte le associazioni culturali, gelosia bandita. È “forza paris” il tratto moderno del lavorare attorno al santuario di San Cosimo. Cancellate cronache da preistoria, nel paese, da almeno due decenni, si vede sorgere un'aurora decisamente nuova. Ne parla Giannino Puggioni, 72 anni, bancario in pensione, dna mamoiadino certificato, traghettatore fra i Mamuthones del mito (Costantino Atzeni, Mondino Meloni, Chiccu Ganu, Peppino Meloni detto Gabbùda, Giovanni Bandinelli noto ziu Bimbo) e i gruppi moderni. Ne parla Mario Paffi, 47 anni, presidente della cooperativa Viseras, nata nel 2001 proprio per gestire il Museo delle maschere inaugurato il 12 gennaio 2002. Ne parla Rita Mele, 42 anni, mamma di Arianna ed Emma, responsabile dei servizi educativi. Stesse cose le sentite da Gianluigi Paffi, 49 anni, socio. Parla la stessa lingua Giuliana Gungui, 36 anni, presidente della Pro Loco. A Mamoiada - per tornare al business - trovate una società tutta al femminile chiamata Meskes (è un intraducibile intercalare-slang da puro giambo mamoiadino). Meskes si occupa, anche con competenze linguistiche, di gestire i servizi turistici. Ne fanno parte Alice Medda, laurea in Archeologia, 38 anni e mamma di un bambino; Cinzia, ovviamente Gungui, diplomata di 36 anni con due figli, e una Manuela (ri-ovviamente Gungui) di 36 anni, diploma e mamma. Dicono: «Riusciamo a conciliare il lavoro col nostro essere mogli e mamme. Ma proporre il nostro paese ci esalta. C'è molto da fare, possiamo e dobbiamo crescere».

NOTTE NIGHEDDA. Primo appuntamento la settimana prossima all'Isre di Nuoro per mettere a punto il programma scientifico. Sabato 17 tornerà “Notte nighedda”, iniziativa calamita di tanta gente, nera in omaggio al colore del cannonau che verrà servito nelle ormai ventidue aziende private che si sono ritrovate unite nel consorzio Mamujà presieduto da Francesco Sedilesu dell'omonima cantina. Non solo brindisi nei calici di vetro. Durante le degustazioni sentirete letture di brani classici sul vino nella letteratura, da Alceo a Dante, da Grazia Deledda a Giuseppe Dessì, da Dannunzio a Mario Soldati. Se siete fortunati troverete un mix fra letteratura e musica, con qualche violino che vi propone Bach o le canne delle launeddas con su passu torràu. E sarà un'altra occasione per rivitalizzare il Pil paesano non solo con la vendita di migliaia di bottiglie eleganti ma anche con i prodotti d'artigianato (maschere comprese) e le eccellenze alimentari. Aggiungeteci le presenze nei nove Bed and Breakfast, affittacamere, locande, ristoranti, punti di ristoro e bar tra i rioni di Santa Rughe, Sansu Sustianu e Terra Ihos (terra dei fichi). Tutto ciò viene da lontano. Dai padri fondatori Atzeni and Company. Con l'Isre ci aveva pensato Giovanni Lilliu a dare spessore culturale a questo tesoro in maschera. Con Lilliu, Bachisio Bandinu, Margherita Satta, Paolo Piquereddu. Era stato il grande antropologo Alberto Mario Cirese a scrivere, nella prefazione a un libro Cuec nell'ottobre 2004, che «fu Raffaello Marchi il primo a disvelare i mamuthones al mondo».

PLUSVALORE. Sindaci illuminati come Annico Montisci e Graziano Deiana hanno creato il plusvalore. Ci ha pensato poi Viseras a far capire che Mamuthones e Museo non era staccare due biglietti. Museo e Mamuthones è cosa viva. Museo e Mamuthones non è la sfilata per Sant'Antonio e Carnevale ma è fatto che deve animare il paese dal primo gennaio al 31 dicembre. Con metodo naturalmente. Con studio. Perché Mamuthones è Mamoiada, Europa, mondo. Si raccoglie il frutto di chi ha ben seminato. Anno dopo anno, con la Pro Loco sempre in primo piano, dopo il gran lavoro dei Raffaele Moro e Raffaele Ballore, dei Chiccu Mele Zicheddu Culotto, di Annino e Tonino Dessolis, si è giunti a questa nuova corsa con un traguardo lontano ma raggiungibile. Dalle sole sfilate ai convegni, ai confronti. In attesa della nascita di un'Accademia Internazionale, di un Parco-maschere che metterà insieme storia e cronaca, antropologia e integrazione fra popoli diversi attorno ai mille significati del travestimento. E tutti potranno dissetarsi alle fonti di Istedène e Muzzànu o passeggiare nelle campagne attorno a San Cosimo. Ma per far questo occorre programmare, avendo anche un portafoglio adatto agli scopi. Le premesse per far bene ci sono tutte. Con i due gruppi (Associazione Atzeni e Pro Loco), con l'ingresso dei mamuthones baby, col Comune sempre attento a queste iniziative, Mamoiada – dice Mario Paffi - «si aprirà sempre più al territorio e andrà oltre i confini nazionali». Si era partiti nel 1974 con i giochi di atletica leggera all'Olimpico di Roma. Poi Venezia, tutte le capitali europee, Saint Patrick a Dublino, Cuba con Ichnos nel 1998, New York, Australia. E il nome di Mamoiada diventa globale. Il futuro? Mamoiada sta programmando. Con i mamuthones seniores sono pronti i ricambi. Ci sono gli juniores, a Mamoiada li chiamano i piccoli, in sardo raddoppiano con sos pizzinnos-minores. Pochi giorni fa hanno sfilato ad Alghero alla prima edizione di “parlano i giovani” nell'iniziativa Freemos antispopolamento. Va detto che la gente era in visibilio. Campanacci e lazos, visèras e pelli di pecora. Il gruppo era capitanato dal sorriso di Vito Sale senior. Ma l'ovazione se l'è presa tutta Gian Mario Muggittu, ses annos, minoreddu, viso da Marcellino pane e vino. Saranno internazionali anche sos minores. Li attendono a New York, Mosca, Sidney, Città del Capo, Shangai. Come volevasi dimostrare. I mamuthones in orbita nei Cinque Continenti. Con un sogno: creare a Mamoiada il centro internazionale per lo studio delle maschere. L'Unesco in Barbagia. C'è già il logo, Mamu Mask: per la prima volta lo vedete in queste pagine. E vedrete che anche l'attuale sede di piazza Europa verrà sostituita. Già adesso gli spazi sono angusti. Sembra già di vedere un team di architetti e urbanisti progettare il Museo delle maschere del mondo. Made in Mamuiada.

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