La Nuova Sardegna

Le cimici di Stalin per spiare Togliatti, i misteri del Pci

Costantino Cossu
Le cimici di Stalin per spiare Togliatti, i misteri del Pci

Le cimici di Stalin: Nilde Jotti sospettata dall’ala più filosovietica del Pci di avere contatti con il Vaticano e il segretario del partito, Palmiro Togliatti, spiato con microfoni nascosti in casa

20 aprile 2018
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Le cimici di Stalin: Nilde Jotti sospettata dall’ala più filosovietica del Pci di avere contatti con il Vaticano e il segretario del partito, Palmiro Togliatti, spiato con microfoni nascosti in casa per controllare la sua compagna. Una rivelazione clamorosa contenuta nel libro “Il nemico. Intrighi, sospetti e misteri nel Pci della guerra fredda” (198 pagine, 16 euro), appena pubblicato dal giornalista Vindice Lecis per la casa editrice romana Nutrimenti. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Come andarono le cose?

«Secchia, il numero due del partito ma anche antagonista di Togliatti, ne lasciò traccia in alcune carte del suo archivio. La sua versione fu che le microspie furono messe da Vladimiro Roncagli, fedelissimo capo della Commissione di Vigilanza, su ordine di Edoardo d'Onofrio, il responsabile del severo Ufficio centrale quadri. Altri, come il gappista Giovanni Pesce, ad esempio, ritennero anni dopo che l'ordine venne dato dallo stesso Secchia. Perché e per ordine di chi tento di ricostruirlo. Di certo si trattò di un fatto assolutamente fuori dal normale, raccontato anche da Miriam Mafai che resta avvolto nel mistero. Non ci sono infatti carte sull'argomento, ma nel libro ricostruisco quanto sappiamo e incrocio dati e testimonianze in una sorta di docufition. Su una cosa c'è invece chiarezza: che una parte del partito non vedeva di buon occhio la Jotti, ritenendola capace di influenzare il segretario generale. I sovietici, raccontò Secchia, avevano fatto capire che fosse troppo assidua in ambienti cattolici e persino Vaticani, come il cardinale Ottaviani. L'avevano accusata di essere anche contigua a una rete di deviazionisti filo jugoslavi, espulsi quell'anno dal partito».

Ma poi c’è anche l’incidente stradale in cui Togliatti rimase coinvolto nell’agosto 1950. Cosa accadde veramente?

«In Val d'Aosta, l'Aprilia sulla quale viaggiavano per andare in vacanza Togliatti, la Jotti, la figlia Marisa, oltre all'autista e alla guardia del corpo, si trovò la strada improvvisamente ostruita da un camioncino carico di verdure che doveva svoltare. L'auto si ribaltò e i cinque occupanti se la cavarono con ferite lievi. Ma per Stalin e il vertice del Pcus quello era stato certamente un attentato. Lo fecero apertamente sapere ai dirigenti italiani. In quei giorni due leader comunisti europei erano stati assassinati da sicari. Il clima era incandescente e carico di tensione. Un'inchiesta si fece ma non portò a nulla anche se molti sospetti che quello non fosse un episodio casuale restarono. Il Pci disponeva per il controllo - e di questo parlo diffusamente grazie all'ausilio di documenti e di un protagonista di fantasia, Antonio Sanna - di una struttura riservata che curava la vigilanza delle sedi, la sicurezza dei dirigenti più esposti, l'autodifesa e per far espatriare a Praga quegli iscritti minacciati di arresto dalla polizia di Scelba per reati politici.

E ancora: dopo il malore che colpì Togliatti ad alcuni mesi dall’incidente stradale, i sospetti che il segretario del Pci fosse stato avvelenato. Un altro episodio oscuro…

In seguito a quell'incidente Togliatti entrò in coma. Dopo l'intervento chirurgico d'urgenza, il medico di Togliatti, Spallone confidò subito a Secchia alcuni sospetti: anzitutto la possibilità che fosse stato avvelenato e dubbi sulle diagnosi. Lo stesso Togliatti ordinò al suo vice un'inchiesta segreta e rigorosa senza guardare in faccia a nessuno».

Qual era, nel secondo dopoguerra, il clima politico interno e internazionale nel quale si inseriscono i fatti che il tuo libro ricostruisce?

«Dopo la rottura dei governi di unità antifascista e la vittoria della Dc nelle elezioni del 1948 l'Italia entrò a pieno titolo nell' era del centrismo di Scelba e di De Gasperi. Furono gli anni della ricostruzione ma anche della guerra fredda, della paura nucleare, della discriminazione e della repressione anticomunista. Si respirava un clima cupo e greve. Qualche dato: dopo l'attentato a Togliatti del 14 luglio 1948 furono arrestati e rinviati a giudizio 92 mila cittadini, di cui 73 mila erano iscritti al Pci. Poco meno di ventimila furono condannati a varie pene. Inoltre dal 1948 al 1950 furono uccisi dalla forza pubblica o da squadre di agrari o fascisti 62 lavoratori e i feriti furono oltre tremila. Il titolo del libro, Il nemico, si riferisce proprio alla divisione del Paese in due bòlocchi contrapposti».

Che ruolo ebbe nei fatti che racconti l’opposizione a Togliatti dentro Il Pci?

«Pietro Secchia era all'opposizione di Togliatti. Ma non perché sognasse la lotta armata. Secchia era a suo modo un togliattiano, ma stava costruendo un partito meno legato alle dinamiche del parlamentarsimo, meno attendista e più capace di mobilitarsi nei momenti di crisi, dunque di difendersi e passare all'offensiva. Si scontrò con Togliatti più volte, anche sulla conduzione della battaglia parlamentare della legge truffa. Secchia fu uno dei protagonisti della costruzione di un partito che ebbe in quegli anni due milioni di iscritti e 11 mila sezioni. Certamente era assai legato al partito sovietico. Nel 1950 Stalin chiese a Togliatti di lasciare la guida del Pci per assumere quella del Cominform. La direzione nazionale votò a favore di quella proposta ma Togliatti la rifiutò decisamente comprendendo che lo volessero allontanare dall'Italia. Stalin non la prese bene».

Si parla anche della Sardegna?

«In molte parti del libro. Si ricostruisce, ad esempio, la vicenda che vide Togliatti accusato dal giornalista di un quotidiano vicino alla Dc di Segni di aver nientemeno che ordito un attentato per uccidere De Gasperi a Sassari. Un processo che si concluse con la piena ritrattazione delle accuse, ma certamente figlio dell'epoca. Nel libro ci sono inoltre schede riservate e inedite redatte dall'ufficio quadri sugli iscritti al Pci della Sardegna. I giudizi sono severissimi anche su personalità note! O le reprimende di Secchia verso le federazioni sarde a proposito delle questioni finanziarie o della vigilanza, e anche le cifre sugli stipendi miseri dei funzionari. Ci sono anche i programmi della scuola quadri sarda e alcune curiose note sulle possibilità di finanziamento attraverso la vendita di trattori. E molto altro ancora».

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