La Nuova Sardegna

ORISTANO, Patriciello al convegno sulla comunicazione 

Il prete della Terra dei fuochi «Bello rivedere la Sardegna»

di Giuseppe Centore
Il prete della Terra dei fuochi «Bello rivedere la Sardegna»

ORISTANO. «Prete ambientalista? Ma quando mai. Qualunque aggettivo vicino al termine “prete” lo sminuisce. Io sono solo un prete, la mia missione è la stessa di quella di tanti confratelli; mi occupo...

03 maggio 2018
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ORISTANO. «Prete ambientalista? Ma quando mai. Qualunque aggettivo vicino al termine “prete” lo sminuisce. Io sono solo un prete, la mia missione è la stessa di quella di tanti confratelli; mi occupo della mia terra, ma la mia terra è il mondo». Maurizio Patriciello è un sacerdote speciale, anche se a lui questa definizione non piace. Speciale per il suo cammino spirituale, nel 1984 lascia l’ospedale dove era caporeparto ed entra a 29 anni in seminario, e soprattutto per il suo impegno civile nella cosiddetta “Terra dei Fuochi”. Si tratta di quell’area tra le provincie di Napoli e Caserta che comprende 59 comuni e dove vivono oltre due milioni di persone che per anni è stata ricettacolo di ogni tipo di rifiuto industriale proveniente dal Nord sversato illegalmente dalle imprese con l’aiuto e il sostegno logistico della Camorra. Uno scandalo coperto per anni, spesso negato se non sminuito e ancora oggetto di confronto tra chi, come l’ex pentito Carmine Schiavone, delinea scenari apocalittici di inquinamento nel territorio e chi invece da studi e ricerche riduce, ma non annulla i pericoli per l’ambiente. In ogni caso è un fatto che quei terreni un tempo paradisiaci siano oggi inquinati.

Parroco a Caivano, paesone in provincia di Napoli, don Maurizio è diventato il simbolo dell’impegno per l’ambiente contro le illegalità e gli inquinatori nella sua terra.

Oggi Patriciello sarà a Oristano per partecipare a due dibattiti all’interno del Festival della Comunicazione promosso dalla Diocesi.

Il suo sarà un ritorno, dopo tanti anni «nella mia Sardegna». Patriciello infatti ha trascorso la prima parte della sua vita ad Abbasanta. «Negli anni Cinquanta mio padre è venuto in Sardegna: faceva l’ambulante e vendeva stoviglie. Sono rimasto nel centro Sardegna sino ai primi anni delle elementari poi sono tornato a casa, ma l’isola è sempre rimasta nel cuore».

Don Maurizio il Primo Maggio è stato ricevuto insieme ai lavoratori del quotidiano della Cei Avvenire da Francesco. Il Papa li ha incoraggiati a custodire «lo spessore del presente; a rifuggire l'informazione di facile consumo, che non impegna; a ricostruire i contesti e spiegare le cause; ad avvicinare sempre le persone con grande rispetto. Nessuno detti la vostra agenda – ha concluso – tranne i poveri, gli ultimi, i sofferenti». Don Maurizio quando ha cominciato la sua battaglia non immaginava il grumo di interessi e connivenze tra camorra, politici e industriali; né pensava di essere oggetto di attenzioni e intimidazioni da parte dei malavitosi. «Ho solo dato la voce ai poveri, a chi si ammalava di tumore e non capiva perché, a chi ha visto deturpato quello che un tempo era un giardino ricco e fecondo e adesso è una immane discarica. Anche per merito della volontà di tanti parrocchiani in Italia c’è una seria legislazione contro i reati ambientali».

Don Maurizio è diventato il megafono della disperazione, e della rabbia, di una terra ostaggio del malaffare e della criminalità da una vita. «Però con la verità e la parola abbiamo obbligato i governi a fare qualcosa. Adesso dobbiamo continuare a obbligarli a fare il loro dovere, perchè le bonifiche non sono rapide come promesso e i fondi a disposizione non bastano. Anche voi in Sardegna avete aree compromesse, che drenano risorse imponenti per incuria, incapacità e malafede. Siete, siamo stati traditi, ma possiamo risollevarci, con la denuncia e l’impegno».

@gcentore. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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