La Nuova Sardegna

La lunga storia della Facoltà di Giurisprudenza

di Costantino Cossu
La lunga storia della Facoltà di Giurisprudenza

Oggi alle 16 a Sassari il presidente emerito della Corte costituzionale Paolo Grossi presenta il libro di Antonello Mattone

04 maggio 2018
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SASSARI. Poche università italiane hanno una storia della Facoltà di Giurisprudenza così ampia e dettagliata come le oltre 1000 pagine del volume di Antonello Mattone, “Storia della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Sassari” (il Mulino editore). E’ un’opera, frutto di pluriennali ricerche archivistiche che parte dalle origini seicentesche per giungere sino ai primi anni Sessanta del Novecento. Mattone, laureato in Giurisprudenza a Sassari e già professore ordinario di Storia delle istituzioni politiche nell’Ateneo turritano, è stato vicepresidente del Centro interuniversitario per la storia delle università italiane (CISUI di Bologna) e ha dedicato numerosi studi alla storia universitaria, fra cui si segnala la cura dei due volumi “Storia dell’Università di Sassari” editi da Ilisso. Il libro sarà presentato a Sassari oggi alle 16 nell’aula magna dell’Università da Paolo Grossi, presidente emerito della Corte costituzionale, in una tavola rotonda alla quale parteciperanno Antonio Serra, Omar Chessa, Gianpaolo Demuro e Francesco Sini.

Come è nata l’idea di un libro sulla storia della facoltà giuridica sassarese?

«Vi sono state tre esperienze che mi hanno spinto ad affrontare questo argomento: la prima è dovuta agli studi sulla storia dell’università di Sassari e sulla storia degli atenei italiani in generale; la seconda è maturata all’interno della direzione, insieme ad altri colleghi, del Dizionario biografico dei giuristi italiani (edito da il Mulino in due volumi). A cui bisogna aggiungere il mio insegnamento di storia del diritto medievale e moderno nella facoltà giuridica sassarese. Tutte esperienze che mi hanno permesso di approfondire i temi della scienza giuridica italiana e della circolazione delle idee, soprattutto in un periodo compreso tra l’Otto e il Novecento».

Come concretamente ha ricostruito la storia della Facoltà?

«Innanzitutto bisogna dire che non avevo a disposizione altri modelli, sia a livello locale che per certi versi a livello nazionale (a parte il lavoro di Paolo Grossi sulla Facoltà fiorentina). La ricerca si è basata soprattutto sulla consultazione delle carte, dei verbali, delle cartelle dei docenti e degli studenti, conservate nell’archivio storico dell’Università. Integrate naturalmente dalle fonti nazionali e da alcuni archivi privati (ad esempio, quelli di Enrico Besta, di Flaminio Mancaleoni, di Antonio Segni). Ho attinto poi ai bollettini ufficiali del ministero della pubblica istruzione e poi dell’educazione nazionale, utilissimi per la ricostruzione delle vicende accademiche e concorsuali».

Qual è l’immagine della città che si ricava dalle memorie e dalle esperienze dei professori “continentali”?

«Nel complesso emerge l’immagine di una città povera ma accogliente. Ad esempio, Arturo Carlo Jemolo, che ha insegnato diritto ecclesiastico dal 1920 al 1922, così descrive le sue sensazioni: “impressioni sassaresi: grosso villaggio, popolazione cordiale, l’Università pare un grande fienile, ha davanti uno sterrato dove giocano ad ogni ora del giorno una cinquantina di monelli ed un centinaio di cani (non so se sappi che le pagine relative ai cani vagabondi di Stambul si applicano anche a Sassari; vi sono due cani per ogni cittadino, la sera è fantastico lo spettacolo di quelle piccole ombre fuggenti. Impressioni universitarie: buone. Scolaresca oltremodo scarsa, ma tranquilla e con qualche volontà”. Anche il filosofo del diritto, Giuseppe Capograssi, che insegnò a Sassari dal 1933 al 1935, descriveva nelle lettere alla moglie una vita tranquilla caratterizzata dallo studio e dai frequenti e cordiali colloqui con i colleghi: “qui sto bene, tutto va bene, in questo ambiente buono e cordiale. D’altra parte non c’è altra cosa da fare che lavorare e sognare, e chiudere gli occhi”».



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