La Nuova Sardegna

L'intruso. Gavino Murgia: «Al Man le feminas balèntes del Futurismo: loro volavano mentre Marinetti pedalava»

Gavino Murgia, musicista nuorese
Gavino Murgia, musicista nuorese

«Per avere successo avrei potuto dipingere tanti bei fiori, ma non l’ho fatto e non ne ho mai avuto la tentazione». Con questa frase la Badiali consegna, a noi spettatori della stupenda mostra...

12 maggio 2018
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«Per avere successo avrei potuto dipingere tanti bei fiori, ma non l’ho fatto e non ne ho mai avuto la tentazione». Con questa frase la Badiali consegna, a noi spettatori della stupenda mostra ospitata al Man, un esempio di fedeltà all’arte ed ai principi che portano un artista, siano essi donna o uomo, a perseguire un idea ed uno scopo di vita. Appartenere ad un movimento come quello futurista (qui parliamo del secondo futurismo italiano) significava per una donna, negli anni venti e trenta del secolo scorso, confrontarsi realmente “alla pari” con uomini e artisti ancora prima che l’emancipazione e la parità di genere fossero conquiste vagamente riconosciute. Dalla visione dell’esposizione, emerge come il Futurismo sia stato uno strumento efficace per uscire fuori dagli schemi che, stando dentro stili artistici più canonici, difficilmente si poteva pensare di trasgredire ed abbattere, allargando ovviamente tale considerazione ad ogni forma di espressione. La mostra rivela una corrente artistica che aiuta le donne (che in quegli anni nefasti per l’Italia, a causa della chiamata alle armi degli uomini, conquistavano posti e posizioni in ambito lavorativo mai occupate prima di allora) a trovare la propria identità espressiva ma anche quella libertà che solo l’arte come linguaggio d’avanguardia protesa al futuro può dare. Esempi incredibili di totale dedizione all’arte, intesa come nuova soluzione espressiva, si evincono anche dai quadri di alcune aeropittrici futuriste. A una lettura distratta di questa categoria nata da una “branca” del futurismo, sembrerebbe che la particolarità di queste artiste fosse quella di comporre le loro opere attraverso l’uso dell’aerografo (passatemi la battuta “d’ispirazione futurista”). Assolutamente no, si trattava bensì di aviatrici pittrici futuriste ! A Nùoro le avrebbero definite feminas balèntes e atrivìas, perché donne di grande spessore artistico ed evidentemente coraggiose, capaci di usare una macchina complessa come un velivolo e compiere imprese notevoli che, probabilmente, né Balla né Boccioni né tantomeno Marinetti, fondatore del Futurismo, osarono tentare. Quest’ultimo, illuso e ammaliato dalle sciagurate mire espansionistiche del regime fascista, si arruolò non da aviatore ma, è tutto dire, da volontario ciclista. Forse la più nota tra le “pilotesse” pittrici è Barbara (pseudonimo di Olga Biglieri) la quale prende il brevetto di pilota addirittura a soli 16 anni: al Man sono sue le tele ad olio di più grandi dimensioni, riuscendo con vortici e pennellate decise, colori accesi e prospettive azzardate a trasmettere con esattezza l’idea di ciò che si prova a manovrare in alta quota un velivolo di quell’epoca. Scrive Barbara : «Quando ero su nel cielo, non avevo più un corpo, ero uno spirito».



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