La Nuova Sardegna

«La cultura come vocazione»

di Costantino Cossu
«La cultura come vocazione»

Ai funerali di Brigaglia tanti ricordi e commozione: la chiesa di San Paolo stracolma

13 maggio 2018
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«Un patriarca ironico e generoso». Così il vescovo Pietro Meloni ha ricordato Manlio Brigaglia ieri mattina nella chiesa di San Paolo stracolma di gente raccolta in un abbraccio affettuoso intorno alla moglie dell’intellettuale scomparso, Marisa Bonajuto, al fratello Aldo e alla sorella Mimma. Meloni, sassarese, vescovo di Tempio dal 1983 al 1992, e poi di Nuoro, conosceva bene Brigaglia. Erano legati da un rapporto forte di amicizia durato decenni. Da lui è venuto un ritratto innanzitutto umano. «Come pochi Manlio sapeva – ha detto Meloni – come far ridere i bambini. Una persona aperta e disponibile, che aveva una forte vocazione pedagogica. Qui oggi ci sono molti suoi allievi, che in tanti anni di insegnamento, prima all’Azuni e poi all’Università, hanno stretto con lui un rapporto di comunanza affettiva che per tutti è andato oltre le convenzioni che regolano la relazione tra professore e allievo». «Manlio Brigaglia – ha aggiunto Meloni – sapeva essere insieme alto e popolare e partecipava con una straordinaria disponibilità all’ascolto e alla comprensione, alla vita della comunità sassarese e a quella di tutta l’isola. Si era diplomato all’Azuni a soli quindici anni, e laureato a venti, precocissimo. Il tirocinio da professore lo aveva fatto allo Scientifico di Pozzomaggiore. Come spesso ricordava, aveva anche giocato da portiere nella squadra di calcio di quel piccolo paese. Con alterno successo, diceva. Una volta, dopo aver preso in una sola partita ben otto goal, l’allenatore lo aveva sostituito con una riserva per qualche turno».

Meloni ha ricordato anche il Brigaglia professore all’Azuni: «In cattedra per quasi vent’anni, in una stagione in cui il liceo classico sassarese – ha ricordato il prelato – fu una fucina di cultura. Con docenti di straordinario valore. Come il professor Pittalis, che agli alunni un po’ meno diligenti – raccontava Manlio – era solito dire: “Ti promuovo; ti boccerà la vita”». E poi, dopo l’Azuni, nei primi anni Settanta i corsi di Storia alla Facoltà di Magistero. «Suscitatore – ha ricordato Meloni – delle energie intellettuali di almeno un paio di generazioni di giovani storici». E ancora, il lavoro di intervento culturale, la rivista Ichnusa curata insieme con Pigliaru. «La determinazione insieme orgogliosa e umile di un gruppo di intellettuali che hanno fatto arrivare i valori della tradizione sarda oltre i confini dell’isola. Dall’umiltà degli stazzi ai grandi temi della cultura mondiale del Novecento».

Il Brigaglia accademico è stato ricordato l’altro ieri, all’apertura della camera ardente, da due ex rettori, Maida e Mastino. Ieri sul tema è tornato lo storico Francesco Soddu: «Conosceva tutto. Prima dell’avvento di Google, se si voleva sapere qualcosa l’indicazione di rito era: “Chiediamo a Brigaglia”. Solo che lui era meglio di Google. Perché attingeva a una cultura di prima mano, vasta e profonda. Soddu ha ricordato, però, soprattutto il lato privato di Manlio Brigaglia. «Per me era padrino Manlio, e sua moglie Marisa, madrina Marisa. A casa nostra, vista l’amicizia che lo legava a mio padre (l’ex presidente della Regione Pietro Soddu n.d.r.) lui era una presenza costante, affettuosa. Ascoltare, sapeva farlo sempre; essere paziente, quasi sempre. L’ultima notte è andato a dormire felice per il trionfo della sua Juventus nella partita con il Milan».

L’arcivescovo di Sassari Gian Franco Saba si è riallacciato alla parabola evangelica delle vergini e delle lanterne per legare il ricordo di Brigaglia al tema della sapienza e della stoltezza. «Sapiente è chi in attesa dell’incontro con lo sposo della parabola, figura di Dio, provvede a mantenere piene le lanterne con una buona provvista d’olio; provvede cioè a tenere accesa la luce della fede e a orientare a essa la propria condotta quotidiana. Brigaglia ha saputo condursi in vista dell’incontro finale con Dio e perciò ha vissuto all’insegna dell’amore. Da questa scelta di sapienza è derivata la sua costante sollecitudine di marito, ma anche la sua disposizione all’ascolto nel rapporto con i suoi studenti e in generale con il prossimo. Anche nella sua attività di studioso ha sempre cercato la sapienza piena, quella divina. Nell’attesa dell’incontro con lo sposo, Manlio Brigaglia ha vissuto la cultura come espressione della vocazione all’amore cui siamo chiamati dalla fede».

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