La Nuova Sardegna

Dogman, l’atroce vendetta di un uomo docile

di Francesco Gallo
Dogman, l’atroce vendetta di un uomo docile

Successo a Cannes per il film di Matteo Garrone ispirato alla vicenda de “Er Canaro della Magliana”, originario di Calasetta

18 maggio 2018
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CANNES. Lontano mille miglia da “Il racconto dei racconti”, uscito nel 2015, e dalle sue favole colorate, Matteo Garrone è tornato in concorso a Cannes con il suo lato oscuro e le sue atmosfere sporche, le stesse de “L’imbalsamatore”. E lo ha fatto fa con “Dogman”, ispirandosi alla storia vera di uno dei fatti di cronaca più efferati e splatter della storia di Roma degli anni Ottanta. Un fatto che ha per protagonista Pietro De Negri, originario di Calasetta, ma toelettatore di cani e piccolo delinquente della Magliana. L’uomo che divenne drammaticamente celebre con il soprannome de “Er Canaro”.

La pellicola di Garrone, presentata a Cannes mercoledì notte, è piaciuta moltissimo alla critica e al pubblico del Gran Theatre Lumiere, che al termine della proiezione le ha dedicato dieci minuti di applausi. Presenti in sala i due attori protagonisti, Marcello Fonte e Edoardo Pesce. Il film è già in sala da ieri con 370 copie distribuite da “01”ed è stato talmente apprezzato sulla Croisette – ottime le recensioni internazionali – che è immediatamente entrato nel “ Totopalma”, cioè a un giorno dalla chiusura della manifestazione si candida a vincere il corcorso cinematografico di Cannes.

La storia che ispira il lungometraggio fece grande scalpore. Era il 18 febbraio 1988 quando Pietro De Negri, che nel popolare quartiere della Magliana aveva un toilette per cani, attrasse tale Giancarlo Ricci, ex pugile, suo complice di piccoli delitti ma anche suo persecutore seriale, nel proprio negozio. Lo convince a nascondersi in una gabbia per cani, un appostamento per una ventilata rapina, e poi consuma lentamente nel sangue la sua rancorosa e ragionata vendetta seviziando l’ex pugile per sette lunghe ore. Ma nel film del regista romano, più che la violenza perpetrata dal toelettatore Marcello (Marcello Fonte) nei confronti dell’energumeno Simoncino (Edoardo Pesce), è protagonista la lunga gestazione della vendetta di un uomo mite, fragile, che cerca solo di sopravvivere in un quartiere di periferia (quello ricreato dallo stesso Garrone a Pinetamare ed esattamente sulla darsena abbandonata di Villaggio Coppola a Castel Volturno).

Marcello con la sua voce nasale, buffa, è uno che ama davvero i cani, li chiama tutti con trasporto «ammore», condivide addirittura con il suo bastardino un piatto di penne al pomodoro: un boccone a me e uno a te dice al cane servendolo con la sua stessa forchetta. Adora la sua figlia adolescente Alida che coinvolge appena può nel suo lavoro, è amato dai suoi amici del bar con cui gioca a calcetto e ha il solo desiderio di immaginare un futuro migliore per lui e la sua ragazzina. La vendetta monta in lui piano piano, quasi non se ne accorge, ma alla fine arriva con tutta la forza di una diga che si rompe. Va detto che il film ha il valore aggiunto dalla faccia triste di Marcello Fonte, un attore straordinario. È stato proprio il felice incontro con Fonte (da Palmares) che sembra abbia spinto lo stesso Garrone a chiudere la lunga gestazione di questo film difficile rimasto a lungo nel cassetto.

Per la cronaca, nella realtà dopo aver scontato sedici anni, De Negri nel 2005 fu rilasciato anche per effetto della buona condotta ed tornato a vivere con moglie e figlia rifiutando qualsiasi intervista.

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