La Nuova Sardegna

Acqua millenaria a Martis

di Mauro Tedde
Acqua millenaria  a Martis

In Anglona la cascata di Triulintas E a pochi chilometri gli alberi fossili di Carrucana

26 maggio 2018
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È un piccolissimo centro dell’Anglona, la regione incastonata fra la Gallura e il Sassarese, ma nel suo territorio ci sono le più antiche testimonianze della storia dell’uomo in Sardegna. L’area geografica attorno a Martis infatti fu abitata sin dal Paleolitico, tra i 120 e i 500mila anni fa. Lo dimostrano i tanti utensili di pietra scoperti a Serra Preideru e quelli trovati a Perfugas e Laerru, unici nell’isola a testimoniare la presenza di umani che si organizzarono per creare un civiltà. E poi c’è la foresta pietrificata, stupefacente, studiata dai paleobotanici di tutto il mondo.

A Martis si arriva attraverso la statale 127 che proviene da Nulvi (ora quest’ultimo centro è ben collegato al capoluogo sassarese da una nuovissima strada) ma anche dalla statale che proviene da Chiaramonti e, in direzione di Laerru, dalla stessa 127 che prosegue verso Tempio Pausania. Proprio in prossimità dell’ingresso del paese da Nulvi vale la pena soprattutto in questo periodo fare un’escursione nella profonda gola di Badde Traes scavata dal rio Masino (o rio Iscanneddu) per raggiungere, attraverso un sentiero silenzioso interrotto solo dal canto d’amore delle gallinelle d’acqua, la cascata di Triulintas che con il suo salto vorticoso di una quindicina di metri è ancora un piccolo angolo di paradiso immerso nella folta vegetazione. A lato della cascata sono ancora visibili i resti di un mulino ad acqua che è rimasto in funzione sino agli inizi degli anni Cinquanta del 1900. La scarpinata lungo il sentiero che per due volte guada il fiume attraverso due piccoli ponticelli di legno ristora il corpo e l’anima per la freschezza dei luoghi e lo spettacolo della natura in fiore. In questo periodo, grazie alle abbondanti piogge, la cascata è ancora più potente.

Tornati in paese si potrà fare un giro fra i vicoli del centro storico per sbirciare all’interno delle chiesette di San Giovanni, del Rosario e dello Spirito Santo e delle antiche palazzine signorili ottocentesche caratteristiche per le altane (o logge), utilizzate in passato per il controllo delle proprietà terriere. Ma anche nella piazzetta Funtana Noa dove sorge l’omonima fontana di fine 800 realizzata con 12 facce di tufo rosso e bianco alternate fra loro. Da qui si può raggiungere anche a piedi la maestosa chiesa di San Pantaleo che sorge nell’immediata periferia del paese, in stile romanico con influssi gotico-aragonesi e lombardi. La chiesa, eretta agli inizi del 1300 con un sola navata e in seguito ampliata a tre navate, ha subito in seguito altri rimaneggiamenti nel 1500 e poi nel 1800 a causa della scarsa stabilità dello sperone di roccia su cui poggia, che ha influito molto sulle vicissitudini architettoniche dell’edificio e sul suo infelice destino, profondamente segnato dai problemi statici. Tanto che a partire dal 1920 venne definitivamente abbandonata. Uno dei suoi tesori, la tela del “Miracolo di San Pantaleo”, una delle poche opere ritrovate del pittore manierista Andrea Lusso, è però osservabile, insieme al altre importanti opere d’arte, all’interno della chiesa parrocchiale di San Giuseppe di recente costruzione. Ora il bell’edificio svetta solitario sulla vallata del rio Carrucana e manca quasi completamente della copertura ma la sua visita è proprio per questo ancora più suggestiva. Prima di imboccare la statale per Laerru si può visitare, al civico 33 di via Amsicora la casa Puliga-Dettori, che ospita una piccola ma interessante mostra permanente della civiltà agropastorale.

Appena imboccata la strada per Laerru un percorso che si apre sulla destra porta al sito paleobotanico di Carrucana, dove, in un’area di circa 5 ettari, è disseminata la famosa “foresta pietrificata”, conosciuta dagli specialisti di tutto il mondo per la sua unicità e per l’abbondanza di reperti in ottimo stato di conservazione e per l’elevato interesse paleobiogeografico: è ritenuta fra le più importanti del Mediterraneo. Sul prato scosceso sono visibili decine di grandi cilindri di pietra. Hanno “solo” 20 milioni di anni e sono tronchi di albero arrivati fino a noi grazie a un raro fenomeno di silicizzazione del legno. Il sito fa parte del più ampio Parco paleobotanico dell’Anglona che interessa anche i comuni di Laerru, Perfugas e Bulzi. Dopo pochi chilometri una visita merita anche la chiesetta di San Leonardo, visibile dalla strada su una piccola collina sulla sinistra. Si tratta della più piccola chiesa romanica della Sardegna che è stata sottoposta di recente a un accurato restauro.

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