La Nuova Sardegna

 

“L’ultima caccia” di Joe R. Lansdale: in lotta contro il cinghiale sognando Moby Dick

di Alessandro Marongiu
“L’ultima caccia” di Joe R. Lansdale: in lotta contro il cinghiale sognando Moby Dick

Le legioni di appassionati italiani di Joe R. Lansdale rimaste scottate da “Io sono Dot” dello scorso anno si erano già sentite ampiamente rinfrancate dall’entusiasmante “Bastardi in salsa rossa”,...

26 maggio 2018
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Le legioni di appassionati italiani di Joe R. Lansdale rimaste scottate da “Io sono Dot” dello scorso anno si erano già sentite ampiamente rinfrancate dall’entusiasmante “Bastardi in salsa rossa”, uscito appena pochi mesi dopo, e avranno ora di che gioire per la più recente pubblicazione targata Einaudi dello scrittore statunitense, “L’ultima caccia” (124 pagine, 11 euro), romanzo breve apparso in patria nel 2005 con il titolo di “The boar” (il cinghiale). Siamo dalle parti di un precedente meraviglioso titolo di Lansdale, “Acqua buia”: dalle parti, cioè, della grande tradizione narrativa nordamericana consolidatasi tra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, una tradizione qui richiamata in maniera aperta quando il giovane protagonista Richard Harold Dale, figlio atipico di un contadino del periodo della Grande Depressione, visto il suo amore per la lettura, svela i volumi passatigli tra le mani «almeno mezza dozzina di volte: “Moby Dick” di Herman Melville, “Il richiamo della foresta” e un libro di racconti di Jack London, “Le avventure di Huckleberry Finn e Tom Sawyer” di Mark Twain» e «il preferito di sempre, “La principessa di Marte” di Edgar Rice Burroughs». Richard vive con il padre Leonard, che arrotonda facendo il lottatore nelle fiere itineranti, con la madre incinta del terzogenito e con il fratello minore nelle zone paludose attorno al fiume Sabine, nel Texas orientale. La loro esistenza è fatta di povere cose, ma i Dale sono in fondo felici, consapevoli che accontentarsi di ciò che si ha, quando là fuori c’è una crisi che pare interminabile, è il miglior rimedio contro la miseria. Una mattina l’amico Doc Travis, durante una visita delle sue, riporta notizie allarmanti: nei paraggi della casa e dei terreni dei Dale si è ripresentata da qualche tempo una temibile bestia, un cinghiale di circa duecento chili dalle «zanne grandi e affilate come pugnali» che ha già causato danni a proprietà e persone senza che nessuno riuscisse a fermarlo. È conosciuto come “Il Vecchio Satana” ma c’è chi lo ha soprannominato il “Cinghiale del Demonio”; qualcuno ritiene che sia uno sciamano indiano reincarnatosi nell’animale per compiere una vendetta, qualcuno che sia il diavolo stesso sotto mentite spoglie. Quando Leonard si allontanerà per partecipare a degli incontri con altri uomini forzuti e, in contemporanea, Il Vecchio Satana comincerà a devastare i campi di famiglia e a mostrarsi sempre più minaccioso, a Richard, quindici anni, resteranno da fare due sole cose: diventare adulto in un battibaleno, e difendere a ogni costo la vita dei suoi cari. “L’ultima caccia” ci propone un Lansdale davvero in ottima forma. Fosse tutto qui sarebbe comunque molto, ma, al di sotto della superficie dell’opera di formazione e d’avventura, c’è pure dell’altro, perché il romanzo è anche il racconto di una doppia passione (ma, come diremo a breve, “passione” è un termine che non rende appieno l’idea): quella per la lettura e quella per la scrittura, tanto del personaggio principale quanto del medesimo Lansdale. Impossibile infatti guardare verso Richard e non vedere in controluce il suo creatore quando il primo, in risposta al padre che gli chiede cosa voglia fare da grande, risponde: «Mi piacerebbe scrivere delle storie. Come quelle delle riviste che mi ha portato Doc Travis». Il genitore, un po’ sorpreso, lo incalza: «E perché lo vorresti fare, figliolo? Perché vorresti scrivere storie?», e lui replica: «Perché sì. Sento che devo farlo». Ecco svelato il segreto di uno dei maggiori narratori dei nostri giorni per quantità e, soprattutto, qualità: il vincolo interiore, quasi l’obbligo, a raccontare storie. Finché l’ispirazione lo sosterrà come ha fatto finora, noi saremo sempre ben lieti di accogliere ogni sua nuova invenzione.

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