La Nuova Sardegna

L'intruso. Moni Ovadia: «Il mio incontro con Pinuccio Sciola, l’uomo che scoprì nelle pietre il canto delle sirene»

Moni Ovadia, attore e musicista
Moni Ovadia, attore e musicista

Gli incontri significativi della vita sono rari, quelli eccezionali attengono quasi alla dimensione di un’epifania. Io ho incontrato Pinuccio Sciola, un immenso artista, un indagatore di forme, di...

26 maggio 2018
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Gli incontri significativi della vita sono rari, quelli eccezionali attengono quasi alla dimensione di un’epifania. Io ho incontrato Pinuccio Sciola, un immenso artista, un indagatore di forme, di interiorità, della materia e dei suoi recessi più celati all’evidenza. Da Pinuccio ho anche avuto il privilegio di essere accolto come un amico fraterno, un compagno di strada. Ricordo ancora vividamente il primo incontro con lui. Non alto di statura, appariva tuttavia come un gigante germinato dalla sua terra sarda che calcava a piedi nudi con un incedere radicato. Mi ricevette con un sorriso gentile, potente e una franca semplicità contadina ma i suoi occhi di un azzurro intenso, si esprimevano con lo sguardo fermo e lontano come quello di un falco. Pinuccio era nato povero, per sua buona sorte, ricordo che mi raccontava della sua felicità di bambino povero, di come con i suoi fratelli dormissero su delle stuoie intorno al tavola della cucina per prendere calore dalle ceneri calde del grande camino. Prima di addormentarsi, si mordevano i piedi a vicenda e si divertivano ridendo a crepapelle. Questa sua immagine mi si è scolpita nella memoria, anch’io sono nato povero, piccolo profugo di una famiglia ebraica che ancora una volta, dopo un’immane catastrofe, lasciava una terra cognita per una incognita col proprio bagaglio di origini e di lingue esuli, senza sapere il significato di appartenere ad una terra. Pinuccio invece era della sua terra, lo era fortemente, la conteneva in sé eppure il suo talento prodigioso – riconosciuto dal contesto culturale in cui era cresciuto – lo aveva portato nel mondo; aveva, infatti, studiato con grandi maestri che lo riconobbero maestro. Dal primo incontro diventammo amici, amici veri e quell’amicizia divenne per me uno dei più grandi doni che abbia ricevuto nella mia, ormai, non breve vita. Pinuccio mi portò in uno dei suoi giardini delle pietre, mi presentò le sue arpe scolpite di pietra basaltica e con un bastoncino della stessa materia ne sfiorò le “corde” ; tutte emisero un canto con una voce di fuoco... che prodigio! Mi cadde la mandibola come se avessi assistito ad un’apparizione, poi incontrai anche le arpe di pietra calcarea che, sfiorate dalle mani inumidite di Pinuccio, mi travolsero con un canto di sirene. Pinuccio, nella sua ricerca, aveva trovato il canto struggente della materia, dunque musica e canto precedevano la nostra comparsa rapinosa di padroni del Creato. L’arte scultorea di Pinuccio Sciola ci insegnava come, in quanto creature dell’universo e formati della sua stessa materia, appartenessimo al canto e non viceversa. Non ho più smesso di parlarne, in conferenze, incontri, spettacoli. Il maestro Pinuccio Sciola l’ho amato, l’ho ammirato e ne ho rispettato l’intrinseca e non esibita maestà. Ma non posso impedirmi di “essere in collera” con lui. Non doveva lasciarmi, non doveva lasciarci così presto perché con la sua arte e il suo pensiero illuminava il possibile riscatto dell’umanità.



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