La Nuova Sardegna

L’isola dei nuraghi nelle immagini di Berengo Gardin

di Antonio Mannu
L’isola dei nuraghi nelle immagini di Berengo Gardin

Che meraviglia i nuraghi! Segnati da ombre scure e forti, plasmati da una luce che pennella le pietre, scrutati da chiese antiche, accarezzati da alberi diversi. Noi li guardiamo e loro restituiscono...

26 maggio 2018
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Che meraviglia i nuraghi! Segnati da ombre scure e forti, plasmati da una luce che pennella le pietre, scrutati da chiese antiche, accarezzati da alberi diversi. Noi li guardiamo e loro restituiscono lo sguardo. Andate a vedere come li racconta Gianni Berengo Gardin, con il suo occhio asciutto e diretto, solido e chiaro. Potete farlo sino al 31 agosto, visitando la sede della Fondazione di Sardegna a Cagliari, in via San Salvatore da Horta, dove è esposta la mostra “Un fotografo in viaggio, Gianni Berengo Gardin e la Sardegna nuragica”. Quaranta immagini in bianco e nero, una selezione tra le tante scattate in occasione di una recente, e proficua, incursione in Sardegna, alla ricerca «delle cose importanti che non ho fotografato», spiega Berengo Gardin.

VIAGGIO IN ESTATE

Immagini accompagnate da brevi testi, con le impressioni di studiosi, archeologi, fotografi e giornalisti, incontrati durante il tragitto. Tra le testimonianze quella del fotografo sassarese Sergio Polano, titolare di Foto Studio Immagine: «Inizio estate. Mentre lavoro al mio archivio l’arrivo di tre forestieri. Con aria preoccupata e accento nordico mi chiedono, se per caso, ho dei rullini in bianco e nero. Il maggior numero possibile. Nella vetrina interna, impolverati, tre rulli Ilford HP5, 400 asa. Ma quel signore anziano ha un’aria familiare. Lo riconosco: è Gianni Berengo Gardin. Chiedo conferma. Purtroppo i rulli sono solo tre, ma creo per loro una mappa, un cammino che porta ad amici e colleghi, ad altre botteghe di fotografia».

ENORME PATRIMONIO

L’esposizione ospitata presso la Fondazione di Sardegna è divisa in sette sezioni, una per ogni giorno di viaggio nei territori dell’isola, un viaggio compiuto in compagnia dell’archeologo Marco Minoja che, dal 2009 al 2015, ha lavorato in Sardegna, dove ha diretto la Soprintendenza archeologica di Cagliari e Oristano, quella di Sassari e Nuoro e il Segretariato regionale. Insieme con loro la figlia di Gianni Berengo Gardin, Susanna, che oggi gestisce e amministra lo sterminato archivio paterno, e che gli ha fatto da assistente durante la campagna archeo-fotografica realizzata nel 2017. Una settimana dedicata a girare la Sardegna per documentare un gran numero dei tanti monumenti dello sterminato patrimonio archeologico dell’isola. Minoja, che oltre ad aver fatto da accompagnatore, è il curatore della mostra cagliaritana, é anche la persona che ha reso possibile la realizzazione di questo importante lavoro, proponendolo prima al fotografo e coinvolgendo poi la Fondazione di Sardegna.

TORRI DI PIETRA

A sentire Gianni Berengo Gardin, l’iniziativa è nata tutta da un’idea dell’ex soprintendente. «In realtà non è andata esattamente così», racconta Minoja in occasione dell’inaugurazione della mostra, lo scorso 26 aprile. «L’idea è nata durante una conversazione a margine di una ricerca iconografica, volta a selezionare alcune immagini da inserire nella tappa milanese di una grande mostra, “L’Isola delle Torri. Giovanni Lilliu e la Sardegna nuragica”, da allestire in occasione dell’Expo». Durante la preparazione di questa esposizione, dagli archivi del Museo Archeologico milanese di Corso Magenta, vengono fuori i provini a contatto di una campagna fotografica, realizzata da Berengo Gardin per una mostra del 1985, “Sardegna preistorica. Nuraghi a Milano”. Un reportage ricco e articolato, una selezione ampia delle diverse tipologie monumentali della Sardegna nuragica: templi a pozzo e tombe dei giganti, fonti sacre e tempi a megaron, e naturalmente diverse immagini di nuraghi. Nasce l’idea di realizzare una mostra dentro la mostra, e Minoja e Berengo Gardin si incontrano nello studio del fotografo. «Un luogo incredibile – diceMinoja –, stipato di immagini, di negativi, che trasuda storia e fotografia». Insieme Berengo gardin e Minoja scelgono una quindicina di foto da utilizzare per l’Expo, parlano a lungo. Berengo Gardin racconta quell’esperienza: «Era la prima volta che facevo foto senza abitanti, senza gente. A volte ho aspettato delle ore, in attesa che passasse qualcuno. Potevo fotografare con una certa calma, senza troppa fretta».

LA RICERCA

Poi la domanda da cui è nata quest’ultima occasione: «Ci sono ancora delle cose importanti che non ho fotografato?». Una domanda che dà la sensazione chiara di quale sia lo sguardo, l’interesse e la curiosità, che animano l’intenzione fotografica di un autore come Berengo Gardin. Una domanda che innesca tutto il processo successivo, generando un nuovo reportage, raccolto poi in un prezioso volume, “Architetture di Pietra - Fotografie della Sardegna nuragica”, realizzato dalla casa editrice nuorese Imago Multimedia. E’ pubblicato a nome di Gianni Berengo Gardin e di Marco Minoja, che ha curato la parte più narrativa dei testi che accompagnano le immagini fotografiche.

LUOGHI E PAESAGGI

Una domanda a cui l’archeologo risponde sulle pagine introduttive del libro: «Ce n’erano molte, alcune le troverete in questo libro; altre verranno evocate per similitudine, per vicinanza geografica, per assonanza, perché riprodurre tutto quello che compone il quadro dell’architettura nuragica è davvero impossibile. Migliaia sono i monumenti, i luoghi, i paesaggi. Rimarranno sempre cose importanti da fotografare». La mostra fa parte della piattaforma “AR/S – Arte Condivisa in Sardegna”, un’iniziativa che, alla promozione di mostre dedicate alla storia dell’arte sarda, alterna progetti artistici che raccontano l’identità dell’isola, attraverso l’opera di affermati protagonisti della cultura contemporanea.

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