La Nuova Sardegna

Ventimila bollicine sotto i mari: la posa dello spumante Akènta Sub

Gabriella Grimaldi
Ventimila bollicine sotto i mari: la posa dello spumante Akènta Sub

Le casse con il vino della Cantina Santa Maria La Palma sui fondali dell’area protetta di Porto Conte

26 maggio 2018
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Per poter mangiare nell’esclusico Neptune Oyster Bar di Boston ci vogliono ore di fila e un bel po’ di dollari in tasca. Si gustano ostriche di prima qualità, ovviamente, e il famoso panino con l’aragosta. Ma il massimo, per gli americani snob, è pasteggiare con l’Akènta Sub, lo spumante della Cantina Santa Maria La Palma che completa la propria maturazione a 40 metri di profondità immerso nella bellezza verde-blu della baia di Porto Conte. Le bottiglie di questo vermentino frizzante, tutte incrostate da organismi marini come se fossero uscite da un galeone affondato in un mare esotico, sono irresistibili per il mercato internazionale, rappresentano il risultato di una ricerca enologica originale e di un’operazione di marketing vincente. Venerdì 18 maggio abbiamo potuto assistere alla posa di due casse di spumante (924 pezzi in totale) sul fondale proprio sotto Punta Giglio. Adesso, dopo una complessa operazione portata a buon fine grazie all’elicottero, a un gommone, ai sub e agli enologi della cantina sociale, il vino affinerà la sua maturazione per un minimo di sei mesi. Contemporaneamente da sotto il mare è venuta fuori una cassa di bottiglie che sembravano avere 300 anni (e invece erano laggiù da novembre 2017) e che ora sono già confezionate per la vendita.

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Routine spezzata. Lo speciale trasporto è cominciato intorno alle 11 di venerdì mattina quando l’elicottero della ditta piemontese Star Work Sky è atterrato in un vortice di polvere e rumore nell’ampio piazzale all’interno della cantina Santa Maria La Palma, Nurra di Alghero, spezzando la tranquilla routine del lavoro di tutti i giorni. Subito sono cominciate le manovre per avvicinare le due grandi gabbie (oltre mille chili di peso per ciascuna) all’elicottero che tre quarti d’ora più tardi le porterà sul pelo dell’acqua con tutto il loro strascico bianco di boe galleggianti. Intanto un membro dell’equipaggio volante si è unito al gruppo di tecnici, al presidente della cantina cooperativa Mario Peretto e all’enologo Gaetano La Spina per imbarcarsi assieme ai sub sul gommone che attende l’elicottero in corrispondenza del punto in cui si trova la cantina subacquea dell’Akènta. «Contiamo di tirare fuori dal fondale marino, a regime, 6mila bottiglie all’anno – dice il presidente Peretto, che è anche dirigente scolastico nella borgata –. È un progetto sul quale puntiamo molto e che ci premia sia dal punto di vista commerciale che sotto il profilo dell’immagine. Al conferimento delle uve vermentino da cui viene prodotto lo spumante partecipano tutti i 300 soci: un’operazione condivisa che rende tutti noi molto orgogliosi». Il progetto è nato quasi come una sfida nel 2014, sulla scia di esperienze simili in altri luoghi del pianeta. In più c’era l’idea di collaborare con il Parco marino di Porto Conte dove si trovano parecchi dei vigneti conferitori.

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Le uve del Parco. Il progetto dunque è stato studiato e proposto dalla cantina Santa Maria La Palma al Parco di Porto Conte, all’Area Marina Protetta di Capo Caccia-Isola Piana e al Diving Blu Service, con la volontà di portare avanti l’iniziativa dando vita a un vero sistema integrato territoriale. L’idea prevedeva la produzione di un vino realizzato con le uve migliori coltivate nei terreni del Parco, di fronte al mare, da lasciare affinare in una speciale cantina subacquea, depositata sul fondale delle acque del parco stesso, in uno scenario mozzafiato e acque cristalline. Alla base del progetto diversi fattori: la coltivazione di un vitigno (il vermentino) valorizzato dalla vicinanza con il mare, la crescita culturale dei soci ma soprattutto la posizione di molti vigneti dei soci all’interno dell’area del Parco Naturale Regionale di Porto Conte, vista dagli amministratori come un elemento di valorizzazione dell’intero territorio, che si coniuga «con le politiche di qualità e di rispetto ambientale della cantina». Dopo aver sorvolato i campi ordinatamente coltivati della Nurra, molti dei quali vigneti piccoli ma curatissimi incastonati nel paesaggio come tessere di un gigantesco puzzle, l’elicottero zavorrato dalla prima cassa sospesa con un gancio sotto la “pancia”, ha superato le scogliere a picco e si è ritrovato all’improvviso sulla distesa blu cobalto della baia di Porto Conte: in lontananza l’inconfondibile profilo di Capo Caccia e sotto, piccolo così, il gommone con i sub già in acqua in attesa che il contenitore venisse calato sull’acqua. Veloce l’operazione di scambio: i sub hanno sganciato la cassa da depositare e hanno agganciato quella che nel frattempo avevano portato in superficie dalla cantina sottomarina. Un’operazione apparentemente semplice, in realtà molto delicata. «All’inizio noi non facevamo parte di questo team – racconta l’algherese Andrea Baccanti, pilota dell’elicottero e referente in Sardegna della ditta Star Work Sky –. La cantina si appoggiava a un’azienda di acquacoltura che operava a Capo Caccia, poi quel metodo si è rivelato inefficace e siamo stati coinvolti. Mi piace fare questo servizio, trovo il progetto interessante per il territorio di Alghero, valorizza il lavoro dei produttori e ha ricadute importanti per il turismo». Infatti l’accordo della cantina con il Diving Blu Service riguarda l’allestimento di percorsi guidati sott’acqua che hanno grande appeal. I turisti infatti sono molto incuriositi dalla visita alla cantina nata tra la posidonia e i coralli. Alla fine dei due viaggi dell’elicottero la cassa di spumante prelevata dal fondale marino è arrivata sana e salva nella cantina “di terra”, lì è stata lavata con acqua dolce e le bottiglie sono state immediatamente confezionate per la vendita.

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Quattro atmosfere. Ma quali sono i vantaggi di questa speciale lavorazione del vino? Lo spiega uno dei tre enologi di Santa Maria La Palma, toscano, per vent’anni al lavoro nelle tenute di Salvatore Ferragamo nel Chianti: «La temperatura a quelle profondità è praticamente costante, intorno ai 12/14 gradi – spiega Gaetano La Spina –. La pressione di 4 atmosfere nella profondità del mare, poi, favorisce la tenuta dei tappi e non si avranno perdite di pressione del vino. Il movimento continuo, ma leggero del mare contribuisce a mantenere l’uniformità del prodotto. La mancanza di luce diretta del sole favorisce la stabilità dell’aroma del vino mentre la mancanza di ossigeno impedisce l’ossidazione». Un aspetto molto importante che viene sottolineato dai tecnici della cantina è dato dal risparmio energetico (non vengono usati oscillatori, sostituiti dal movimento provocato dal mare) e da immissione di CO2 nell’ambiente pari a zero: «Le condizioni per il riposo e maturazione del vino sono del tutto naturali, senza uso di macchinari e scambiatori termici. Questo rende green la cantina subacquea». Le sperimentazioni erano cominciate nel maggio 2014: circa 700 bottiglie dello spumante Akènta (simbolicamente una per ogni ettaro di vigneto dei soci della cooperativa) erano state posizionate nei fondali dell’area Marina Protetta Capo Caccia a farsi cullare dalle correnti marine. La sperimentazione ha avuto successo, quindi si è deciso di utilizzare la procedura come strumento effettivo e ufficiale di produzione e maturazione del vino. Nel corso del 2015 sono state depositate sul fondale marino del Parco altre 700 bottiglie fatte emergere nel luglio del 2016, a distanza di un periodo di 6 mesi. Oggi la cantina subacquea ospita 5 casse di vino nella postazione sotto Punta Giglio e altre dieci in un sito più vicino ad Alghero ma meno scenografico. «Il vino Akènta è un vermentino di Sardegna Doc trasformato in spumante di Qualità Superiore, che racchiude in sé la valorizzazione del territorio, il sacrificio e l’impegno delle famiglie contadine – afferma il direttore generale della cantina Eugenio Profili –. Il suo nome deriva dall’augurio di lunga vita utilizzato da secoli in Sardegna: a chent’annos, a cent’anni». Questo vino, lavorato secondo il metodo charmat, viene lasciato affinare sott’acqua e diventa Akènta Sub. Dopo la complessa ma velocissima operazione di posa ed estrazione delle bottiglie (il tempismo garantisce la qualità al vino) i protagonisti di questa scena da film d’azione si ritrovano nel piazzale ancora in fibrillazione ma soddisfatti. Il finale invece si svolge sott’acqua, nell’oscurità e nella pace del fondale dove il vino, fluttuando in un’atmosfera irreale, si trasforma lentamente per poter raccontare, a tavola, i profumi e i sapori più segreti del mare.

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