La Nuova Sardegna

Come ti cambio la vita in tre settimane

Roberto Sanna
Come ti cambio la vita in tre settimane

In Sardegna per il festival Èntula Franco Berrino e Daniel Lumera, autori del best seller “Ventuno giorni per rinascere”

31 maggio 2018
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SASSARI. Tre settimane per cambiare il nostro stile di vita attraverso un percorso di fatto di ricette, esercizi fisici e spirituali: è quanto propone il libro “Ventuno giorni per rinascere”, edito da Mondadori e scritto dal medico Franco Berrino, esperto di alimentazione, con Daniel Lumera (pseudonimo di Andrea Pinna), sassarese, esperto di meditazione e autore del libro “La cura del perdono”, e a David Mariani, allenatore specializzato nella riattivazione dei sedentari. Un libro nato proprio in Sardegna, durante un seminario sulla longevità e la qualità della vita tenuto da Berrino e Lumera l’estate scorsa a Villagrande Strisaili e diventato un best seller che da tre mesi soggiorna nella top ten italiana: “Ventuno giorni per rinascere” verrà presentato in Sardegna da Berrino e Lumera nell'ambito del festival letterario Éntula organizzato da Lìberos in tre appuntamenti: martedì 12 giugno alle 18.30 ad Alghero nella biblioteca “R. Sari”; mercoledì 13 alle a Sassari nella Camera di Commercio e giovedì 14 alle 19 a Valledoria nell’Imbarcadero sulla foce del Coghinas. Il programma terminerà sabato 16 all'Hotel Regina Margherita di Cagliari con un seminario esperienziale di 4 ore.

Dottor Berrino, perché questo cammino dura proprio ventuno giorni?

«Una scelta che ha una base scientifica, perché tre settimane sono il tempo necessario a un trattamento per attivare i primi cambiamenti. C’è anche un riferimento nella tradizione cristiana: Daniele digiuna proprio per ventuno giorni e poi ha la visione. Ovviamente per digiuno io intendo quello dal cibo spazzatura e dallo zucchero. Nella prima settimana si prepara il terreno, nella seconda si semina e nella terza nascono le piantine. In realtà io chiedo alle persone un impegno a cambiare stile di vita che duri ventuno giorni consecutivi per vedere i primi effetti, ma non stiamo parlando di un farmaco: quando la gente mi chiede quanto dovrà osservare queste mie raccomandazioni io rispondo per sempre, fino all’ultimo giorno di vita».

È molto difficile seguire la strada che lei propone nel suo libro?

«Sì, è difficile perché viviamo in un mondo che negli ultimi sessant’anni ha stravolto le proprie abitudini alimentari. Almeno nei paesi ricchi, è passata la linea che è obbligatorio mangiare dei cibi che prima invece non avevamo mai mangiato. A questo punto è diventato molto difficile fare a meno di prodotti industriali e animali che invece causano malattie».

Quali sono i cibi dai quali tenersi lontani?

«I miei consigli si basano sulle raccomandazioni del gruppo di lavoro dell’Organizzazione mondiale della sanità che ha redatto il Codice europeo contro il cancro, all’interno del quale c’è anche una parte specifica dedicata alla dieta. Bisogna mangiare soprattutto cereali integrali, legumi, frutta e verdura. Bisogna invece limitare il consumo delle carni rosse, dell’alcol e dei cibi confezionati. Sono poi da evitare le bevande zuccherate e i salumi, raccomandazione che vale in particolare per i bambini e i ragazzi, i che invece a mio parere ne consumano troppo».

Un passaggio specifico del suo libro riguarda il consumo dello zucchero, che sembra quasi uno dei suoi “grandi nemici”.

“Non è proprio così, nel senso che è soprattutto una questione di quantità. Peraltro non sono il solo a pensarla così e l’allarme si sta diffondendo, tutto il mondo medico si sta accorgendo dei pericoli che derivano da questo alimento: per esempio, negli Usa l’associazione dei cardiologi ha messo per iscritto che i bambini, nei primi due anni di vita, non dovrebbero nemmeno assaggiare lo zucchero. La mia opinione in proposito è che possiamo anche consumare questo alimento, ma in piccole dosi: dallo zucchero noi non dovremmo assumere più del cinque per cento delle calorie quotidiane».

Una delle sue indicazioni riguarda anche il mangiare seguendo le stagioni e fare così una spesa diversa.

«Questo non fa parte delle raccomandazioni in senso stretto ma direi piuttosto che una conseguenza di quanto detto, una scelta di buon senso. Il problema è che ormai trovi tutto e in tutti mesi, la gente fa fatica a capire quali sono le stagioni a tavola. Ormai sui banchi dei supermercati si trovano i pomodori anche a gennaio, non si pensa che se sono lì è perché arrivano dall’altra parte del mondo. Per questo mi batto perché venga sempre indicata la provenienza degli alimenti. Così come sarebbe meglio mangiare prodotti bio: non ci sono ancora studi attendibili per quanto riguarda gli effetti sui consumatori ma anche questo mi sembra un discorso dettato dal buon senso. Fondamentalmente mangiare bio, locale e stagionale significa che stiamo assumendo alimenti ai quali non è stato necessario aggiungere veleni».

Dal punto di vista economico, però, può essere un problema: spesso seguire queste indicazioni alimentari può essere dispendioso e non tutti se lo possono permettere.

«Certamente alcuni alimenti, soprattutto quelli bio, costano di più, però si può ovviare il problema imparando a fare la spesa in maniera intelligente. Mi spiego: se basi la tua dieta su cereali e frutta, eviti altri cibi come la carne e i formaggi che costano anche di più. Se ci pensate, con un chilo di riso si può dar da mangiare a dieci persone, con un chilo di carne certamente a molte meno. Quello che incide sul prezzo è anche il processo di trasformazione industriale, quindi quando si fa la spesa bisogna evitare certi cibi, soprattutto quelli che devono essere cotti al microonde. Bisogna tornare a un cibo semplice e per farlo bisogna tornare in cucina come si faceva una volta: non è vero che non c’è tempo per cucinare, bisogna solo organizzare diversamente le proprie giornate».

La parte curata da Daniel Lumera parla anche dell’importanza dell’aspetto psicologico in questo cammino.

«Da sempre la filosofia ha sottolineato l’importanza dell’associazione tra cibo, attività fisica e vita spirituale; la meditazione, in particolare, aiuta a invecchiare bene, che è il nostro obiettivo. Invecchiare bene per vivere meglio, allungare la nostra vita senza diventare un peso per le famiglie».

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