La Nuova Sardegna

Nel romanzo “Gli autunnali” l’ossessione del maschio alfa

di Marcello Fois
Nel romanzo “Gli autunnali” l’ossessione del maschio alfa

Un sillabario contemporaneo del sentimento amoroso e delle manie di oggi Una storia da classe media come non se ne vedevano da “Dramma borghese”

01 giugno 2018
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Leggendo “Gli autunnali” di Luca Ricci, editato da La Nave di Teseo, non ho potuto fare a meno di pensare allo straordinario incipit de “L’informazione” di Martin Amis che recita: «Le città di notte contengono uomini che piangono nel sonno, poi dicono Niente». Il protagonista di questo romanzo disobbediente, talmente italiano da sembrare antitaliano, talmente sperimentale da apparire addirittura neorealista, dice: – Niente. Tutto pervaso da quella specie di narcisismo all’Antonioni, sarebbe a dire modellato sulla cultura del maschio benevolmente dominante; sempre riflessivo in un bianco e nero da Ermanno Olmi, sarebbe a dire in perenne, pacata, polemica tra sé e sé; completamente invasato in una specie di mostruosità landolfiana, ma assai più contemporaneamente disincantata; ebbene quest’uomo, questo maschio, in definitiva non fa altro che dire: – Niente.

“Gli autunnali” è un romanzo drammaticamente inattuale e, per questo, un fertile territorio letterario. Chi si aspetta conferme dalla letteratura è destinato a navigare nel nulla delle catarsi settimanali o mensili dei best-sellers attuali. E quando dico attuali non mi riferisco a quelli di oggi, o scritti quest’anno, mi riferisco a quelli scritti per l’oggi. Questo romanzo non offre catarsi alla stregua del miglior Delfini, anzi genera uno straordinario moto di antipatia nei confronti del suo personaggio principale. Il che è uno dei suoi più grandi pregi. Certo in sintesi stiamo parlando di un lungo matrimonio finito, consumato, nella nebbia delle abitudini. Un auto da fé, l’esposizione delle proprie sconfitte, travestiti dalla lagna del maschio alfa cinquantenne, ma ancora in forma che si convince di meritare di meglio che la cellulite della propria, pur splendida, moglie. Tutta la storia si gioca su questa miopia, direi strabismo affettivo del personaggio. Raccontato con quello specifico, disarmante, cinismo che ha generato l’universale seconda, cinematografica, commedia all’italiana, qualche secolo dopo Dante.

Un motivo validissimo per ringraziare Luca Ricci per questo romanzo sarebbe proprio la tracotanza con cui ha evitato ogni obbedienza, generando una storia da classe media italiana come non se ne vedevano dal “Dramma borghese” di Guido Morselli. Costruendo un personaggio e non un tipo, un protagonista cioè che si muove con tutto il suo carico di pensieri disdicevoli sulle donne, sul mondo, e, in definitiva su sé stesso. Un sillabario di quelle mostruosità che declinate sulla stanchezza del mènage riducono la coppia a un tacito campo di battaglia. Quelle stesse mostruosità che all’origine di tutto, non erano apparse nemmeno tali, ma tutt’al più stranezze se non addirittura punti di fascino. Certo stiamo parlando del lato precipuamente maschile della medaglia, di un universo cioè che, a differenza di certo sociologismo para-femminista, la letteratura non ha mai dato per scontato o minimizzato: nei grandi romanzi, a tutte le latitudini, la battaglia tra i sessi si agisce esercitando il proprio genere fino all’autolesionismo. Pensate alla bontà ostinata, alla crudele, maniacale, pazienza del povero signor Karenin. Non credo che la liceità e il politicamente corretto possano essere sistemi che hanno diritto di cittadinanza in letteratura. “Gli autunnali” ha lo spessore per superare ogni possibile contingenza: racconta un sogno impossibile, quel guado della mezza età che è lo spazio dei bilanci o della rimozione di qualunque bilancio. Racconta della malinconia che avvolge ogni ipotesi di rivalsa, perché per quanto palesemente inferiore, anche il maschio, grazie alla letteratura, ha qualcosa da sussurrare. Ancora Amis per finire: Le donne – e possono essere amanti, muse macilente, pingui nutrici, ossessioni, divoratrici, ex, nemesi – si svegliano, si girano verso questi uomini e domandano, con femminile bisogno di sapere: – Che cosa c’è? – E gli uomini dicono: – Niente. No, non è niente davvero. Solo un sogno triste.

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