La Nuova Sardegna

Alberto Erre, il portatore di suoni

di Paolo Curreli
Alberto Erre, il portatore di suoni

Fonico in sala d’incisione e uomo alla consolle dei grandi live

02 giugno 2018
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Forse lo strumento più importante di un concerto non sta sul palco. Cosa sarebbe l’assolo vertiginoso di una chitarra elettrica senza l’amplificazione? Una schitarrata tra amici, diciamocelo. Tutto il virtuosismo della rock star, i testi poetici del cantautore e la passione in battere/levare della ritmica passano attraverso la consolle dell’out-board. È l’amplificazione che fa diventare rito collettivo la musica. Alberto Erre fa questo mestiere da più di 30 anni, ha microfonato, equalizzato, illuminato e amplificato i grandi della musica che si sono esibiti sui palchi dell’isola degli ultimi decenni.

Il mondo delle radio

Ha prodotto e lavorato a più di seicento dischi, è stato testimone e protagonista del boom della musica sarda, quella Sardinian’s Wave che ha attraversato il Tirreno con Piero Marras, Bertas e naturalmente Paolo Fresu e i Tazenda. La sua “Antologia della musica sarda” la si può trovare nelle librerie specializzate del mondo. Erre ha condiviso le ansie delle star prima dei live e scambiato una birra fresca o un calice di champagne a fine esibizione con artisti del calibro di James Brown, Al Jarreau e Ray Charles, Sonny Rollins, Dizzy Gillespie, e Sting. «Ero un ragazzo, come tanti che suonava la chitarra e leggeva riviste tecniche di Hifi, già da allora il mio amore per la musica lo volevo esprimere facendo il tecnico, non salendo sul palco». Erano gli anni Settanta, musica a Sassari voleva dire negozi di dischi (oggi praticamente scomparsi) e una novità assoluta e coinvolgente: le radio libere. «Si ascoltava tanto e di tutto, a volte anche i dischi che avevi comprato avventatamente e che ti dovevi far piacere per forza» racconta Alberto. I suoi amici sono i musicisti che ruotano intorno alla formazione dei “Sole Nero”. Il nucleo che darà vita a tante esperienze musicali di successo e che girerà il mondo con Gianni Morandi. «Seguii Ginetto Marielli a Roma per un concorso, avevo 15 mila lire in tasca e un biglietto posto ponte sulla nave. Lì conobbi i ragazzi che si occupavano del service e cominciai a lavorare con loro» ricorda Alberto i suoi primi passi. Dopo qualche anno ritorna a Sassari e acquista la prima attrezzatura. Nasce Rockhaus, service e discoteca itinerante che anima tante rassegne. Da lì col fratello Paolo crea Blu Studio. Sono gli anni effervescenti della creatività musicale. «Incidemmo con un registratore a 8 piste e un computer Atari “Tazenda” il loro primo vinile e il meraviglioso “Funtana frisca” di Piero Marras. I dischi sardi andavano forte con Fresu e i Bertas». Lo scantinato con le vetrate sul giardino di Alberto Erre diventa laboratorio e incrocio di tante idee, generi e talenti. Vengono in mente gli Hansa Studios di Berlino, degli stessi anni: in uno studio di registrazione sconosciuto lontano oltre cortina, David Bowie & Co creeranno dei capolavori assoluti. «Be’, con le dovute proporzione l’atmosfera era molto simile, e anche se Sassari era completamente sconosciuta, c’erano tanti talenti e non esisteva il photoshop della musica che aggiusta tutto – sottolinea Erre –. All’epoca per fare un disco bisognava saper suonare».

I primi festival

Sono anche gli anni dei grandi concerti e della genesi dei festival made in Sardinia. Alberto è il primo fonico professionista sardo e il suo service si afferma come il più grande e affidabile dell’isola. «Il grande evento è un momento complesso e importante, dal punto di vista tecnico ma anche da quello umano – precisa Erre –. I grandi sono grandi in tutto. Al Jarreau è stato come se l’avessi sempre conosciuto, e per me è stato davvero così perché è uno dei musicisti che amo di più, prima del concerto si mise a cantare canzoni natalizie con mia figlia. Era talmente contento del duetto che la chiamò sul palco. George Benson, un altro grandissimo artista e professionista di fama mondiale, è un uomo schivo e gentilissimo». Poi ci sono le richieste particolari, i piccoli tic e manie. «Ray Charles voleva assolutamente una bottiglia di Dom Perignon gelida dietro le quinte, gli organizzatori pensavano che altri ottimi champagne andassero bene, invece il mitico Ray non salì sul palco finché il secchiello con la bottiglia non era esattamente dove lui lo desiderava. Dal manager poche indicazioni ma assolutamente inderogabili. Niente luci dirette, anche se ceco, il grande cantante si sarebbe accorto dal calore di avere un riflettore puntato in faccia, per il mixer una sola indicazione: il volume del suo microfono doveva essere il più alto». Grandezza e gentilezza anche in questo settore sembrano avere un andamento proporzionale. «Devo dire di sì – conferma Alberto –. Accade spesso che la pop star del momento, quella con la notorietà che dura una stagione, abbia le pretese più assurde. Ricordo un cantante italiano che ha fatto iniziare tutto in ritardo perché non gli piacevano i sedili del van che doveva prenderlo all’aeroporto. Desiderava che fossero frontali». Come andò a finire? «Che suonò lo stesso, non aggiungo altro».

Con Zola da Gabriel

Il rapporto con gli artisti crea amicizia e Alberto e la sua attrezzatura sono ricercati anche al di fuori degli eventi pubblici. «Un’esperienza molto bella – ricorda con piacere Erre – è stato il compleanno dell’etichetta Real World di Peter Gabriel nella sua casa di Cannigione nel 2014, io con Gianfranco Zola eravamo gli unici sardi, lui invitato io dietro al mixer. Un’atmosfera meravigliosa, una cena concerto con i tavoli pieni di ogni ben di Dio, ma il desiderio della gente era solo uno: ballare». E i nomi degli invitati desiderosi di lanciarsi in pista sono quelli del firmamento del rock. «Entusiasti di ballare con la musica del palco di Amadou & Mariam c’erano Nick Mason (batterista dei Pink Floyd) in camicia a fiori, Tony Banks e Mike Rutherford (Genesis), Andy Johns (fonico degli Stones e Paul McCarty) – elenca Alberto con soddisfazione i compagni di una serata indimenticabile –. L’unico un po’ in disparte era Zucchero con gli eterni occhiali da sole e Peter Gabriel, che girava per riempire i bicchieri e portar via quelli vuoti gli disse “Ehi uomo il sole è tramontato da un pezzo”». Come racconta con entusiasmo le feste-concerto- jam session organizzate da Massimo Cellino, ex presidente del Cagliari, chitarrista e amante del rock: «Cellino è un amico, organizzava la “Rock night”, un’immersione unica nella musica, concerti veri e molto partecipati nel centro sportivo “Ercole Cellino”. Suonavano Juli Jon Roth (Scorpion), Kee Marcello (Europe) un virtuoso incredibile, Don Smith Airey, dei Deep Purple, Rick Wakeman degli Yes si è avvicinato al mio mixer e rimase incantato perché ritrovò il suo amato mini-moog, tastiera a cui era molto legato e con cui ha realizzato i suoi capolavori». Oggi Rockhaus Blu Studio è il principale studio di registrazione e produzione discografica in Sardegna e Rockhaus service è l’azienda leader nel noleggio impianti audio luci e strutture. Prossimo appuntamento importante per Alberto Erre – tra i tanti live della stagione – il concerto dei Jethro Tull a Cagliari il 21 luglio.

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