La Nuova Sardegna

Ovadia: «La famiglia non ha bisogno di ministri omofobi»

Fabio Canessa
Ovadia: «La famiglia non ha bisogno di ministri omofobi»

L’attore a Cagliari tra gli ospiti del festival Leggendo Metropolitano: «Fontana è fuori strada, i cittadini devono essere liberi di seguire i loro orientamenti» 

07 giugno 2018
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Cos’è la famiglia? Domanda solo apparentemente semplice, perché provare a definirla può aprire a molteplici riflessioni. Ed è proprio da questa considerazione che parte la decima edizione di Leggendo Metropolitano, a Cagliari da oggi, con la serata d’anteprima, a domenica. Tanti gli incontri in calendario, tra i Giardini pubblici e il Teatro Civico di Castello, con protagonisti studiosi, scrittori, esponenti di spicco del mondo della cultura.

Tra questi Moni Ovadia, che avrà il compito di chiudere (domenica sera) il festival ideato dall’associazione Prohairesis con il suo intervento dal titolo “Tutte le famiglie del mondo”. Un viaggio di parole che, come annunciato nel programma, inizierà dal Vecchio Testamento. Racconti di famiglie che hanno abitato il Mediterraneo dai tempi dei tempi e uno spaccato degli usi e costumi, delle tradizioni, della cultura di queste che dall’antichità giungono all’abominio della Shoah e, poi, sino ai giorni nostri.

Parte da lontano. Cosa ci dice la Bibbia della famiglia?

«Che all’inizio la famiglia era una tribù, quindi una struttura endogamica. Non si usciva dal proprio gruppo. Ma la vera famiglia arriva in realtà quando nasce il progetto di creare società, perché devi andarti a sposare fuori dalla tribù. Come fa Isacco. La famiglia è così embrione della costruzione della società, vuol dire prima di tutto andare verso l’altro. Questo senso però con il tempo è stato in parte corrotto, da idee di inquadramento dentro una presunta regolarità.

Ogni tanto qualcuno traccia delle regole, che non si capisce perché dovrebbero essere assolute. Dobbiamo invece tornare a vedere la famiglia come paradigma di creazione di una società per cui per definizione le famiglie devono essere aperte, non chiuse. Non che uno debba divorziare per forza, ma ormai ci sono per esempio le famiglie allargate. E ci sono le famiglie omosessuali, le convivenze. Dobbiamo guardare alla famiglia come una struttura che si apra alla società e costruisca società, la famiglia quindi come attivatore e ricettore della trasformazione. La nostra società è destinata a essere aperta, è cambiato lo sguardo, ha preso forme diverse. Che piaccia o non piaccia a tutti».

A chi se ne dovrebbe occupare in prima persona, il nuovo ministro della famiglia Lorenzo Fontana, il cambiamento non sembra piacere granché. Come commenta la sua frase “le famiglie gay non esistono”?

«Che commento vuole faccia a queste parole. Decidono le persone che famiglia farsi, certo non lo decide il ministro. Nel suo ruolo dovrebbe analizzare la società e provvedere agli strumenti per cui tutte le famiglie trovino accoglienza, protezione, aiuto da parte dell’istituzione pubblica. I cittadini sono liberi e devono essere liberi di formare le famiglie che meglio ritengono per quelli che sono i loro orientamenti e sensibilità. Tutti i Paesi civili lo stanno accogliendo e rubricando. È questo il trend della società».

Il cattolicesimo può ancora essere un freno per certi aspetti?

«I cattolici all’interno della confessione facciano quello che meglio credano, io difenderò il loro diritto. Ma uno che non è cattolico, diversamente credente o non credente deve poter decidere per sé. Se i sacerdoti non celebreranno le nozze omosessuali, questo è nella loro libertà. Ma lo Stato è laico, non può essere confessionale. Sarebbe una contraddizione in termini. Voglio citare Oscar Luigi Scalfaro che un giorno a una conferenza disse una frase buffa, ma illuminante: “Se Dio entra in Parlamento, esce la democrazia”. È esattamente così. Per forza. Perché Dio è verità assoluta, la democrazia è confronto delle opinioni».

A proposito di Parlamento, durante il dibattito in Senato che ha preceduto il voto sulla fiducia al governo Conte c’è stato l’intervento della senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz...

«Liliana è una persona unica, di un profilo umano altissimo. Il suo intervento è stato un grande momento per il Parlamento».

Ma è fondata la paura di leggi speciali di cui ha parlato nel suo discorso?

«È stato un monito importante. Noi tutti cittadini onesti e rispettosi dei diritti dell’uomo, quelli garantiti dalla Costituzione e dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, ci mobiliteremo contro qualsiasi eventuale provvedimento di polizia di questo tipo.

Nel suo intervento Liliana Segre con grande sensibilità ha fatto riferimento ai Rom e Sinti ed è giusto ricordare che il 65 per cento in Italia sono cittadini italiani, hanno gli stessi diritti degli altri. E poi gran parte del restante 35 per cento è composto comunque da cittadini comunitari».

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