La Nuova Sardegna

L'intruso. Barbara Vargiu: «Peaky Blinders e Handmaid serie tv da divorare con il binge watching»

L'intruso. Barbara Vargiu: «Peaky Blinders e Handmaid serie tv da divorare con il binge watching»

Un’arma micidiale, una coppola siciliana equipaggiata con lamette cucite sul bordo. È questo uno degli oggetti feticcio di una delle serie tv britanniche più amate degli ultimi anni. Sto parlando di...

09 giugno 2018
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Un’arma micidiale, una coppola siciliana equipaggiata con lamette cucite sul bordo. È questo uno degli oggetti feticcio di una delle serie tv britanniche più amate degli ultimi anni. Sto parlando di Peaky Blinders, letteralmente Paraocchi a picco. Il titolo richiama i copricapo di cui fa largo uso la banda di gangster che, nella Birmingham degli anni Venti, raggiunge i vertici del sistema criminale e della politica. La forza del format è nella straordinaria bravura del suo protagonista, Cilliam Murphy, attore irlandese che da anni si è ritagliato uno spazio nel cinema hollywoodiano. Murphy interpreta Thomas Shelby, uomo solo al comando di una famiglia che si farà strada grazie alla sua scaltrezza e al suo ascendente sulle donne. A farmi innamorare della serie è stata, fuori da ogni dubbio, la potenza della sua colonna sonora: cupa, evocativa, passando da Nick Cave agli White Stripes, da P.J.Harvey agli Arctic Monkeys. Mentre aspetto con impazienza l’arrivo della quinta stagione (e Robert Knight, lo sceneggiatore della serie, promette di arrivare almeno alla settima) mi consolo zappettando tra Sky, Netflix e TimVision. Proprio quest’ultima piattaforma ha il merito di aver proposto in Italia le prime due stagioni di Handmaid’s Tale, la serie tratta da “Il Racconto dell’ancella” di Margaret Atwood. L’autrice, attivista canadese dei diritti delle donne, prefigura nel libro un futuro distopico dove un’élite prende il potere negli Stati Uniti. Il regime totalitario che viene instaurato esaspera la suddivisione per classi, e alle donne è impedito di lavorare e essere autonome. I disastri ambientali hanno ridotto drasticamente il tasso di fertilità, così le donne fertili vengono affidate alle famiglie elitarie e stuprate a scopo riproduttivo. Anche in questo caso il successo della serie è strettamente collegato al carisma della sua protagonista, una superba Elisabeth Moss che per questa interpretazione ha portato a casa un Golden Globe. Va detto però che la mia passione per le serie tv, piuttosto longeva, non mi ha sempre portato a fare scelte così dark. Certo, tutto cominciò con Belfagor, la serie televisiva francese sul fantasma del Louvre che la Rai replicò con enorme successo tra i Sessanta e i Settanta ma poi arrivò lo spensierato Happy Days che mi tenne i pomeriggi incollata a casa di una vicina che gentilmente ospitava me e mia sorella mentre mamma era al lavoro. È nell’ultimo decennio che questa compulsione per il piccolo schermo si è radicalizzata, grazie a serie come Lost, Prison Break, 24 e Game of Thrones. Non senza conseguenze. Ammetto di praticare senza ritegno il binge watching, consumo senza freni di interi pacchetti di episodi tutti in una volta. Una sorta di bulimia che mi porta in un universo parallelo. Alla fine sono frastornata ma felice.

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