La Nuova Sardegna

«La tecnologia garantirà sviluppo sostenibile»

di Fabio Canessa
«La tecnologia garantirà sviluppo sostenibile»

Intervista con il sociologo giapponese Junji Tsuchiya, a Sassari per un seminario sui modelli di crescita urbanistica

13 giugno 2018
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SASSARI. Un laboratorio socio-urbanistico sperimentale. Tra le mille definizioni che si possono dare di Tokyo c’è anche questa. D’altronde, citando liberamente il grande autore di fantascienza William Gibson, a impostare l’immaginario globale sul futuro è proprio il Giappone. E in particolare la sua metropoli simbolo. Così anche quando si ragiona di paesaggio urbano e della sua evoluzione non si può fare a meno di guardare la capitale giapponese, dove il futuro diventa presente sempre prima che in ogni altra parte del mondo. Da qui l’interesse del Dipartimento di storia, scienze dell’uomo e della formazione dell’università di Sassari, in particolare della docente di Analisi delle politiche urbane Antonietta Mazzette, che ha organizzato un seminario con Junji Tsuchiya dal titolo “L’evoluzione urbana di Tokyo verso la sostenibilità. Percorsi di riqualificazione nel paesaggio urbano moderno e postmoderno”. Un’occasione di riflessione e confronto con l’esperienza urbana giapponese, grazie al prezioso contributo di Junji Tsuchiya che insegna all’università Waseda di Tokyo e si occupa di tematiche sociologiche legate ai processi culturali e comunicativi, con particolare attenzione alle teorie sui comportamenti collettivi e al rapporto tra tecnologia, moda, consumi e ambiente urbano. Da tempo collabora con numerosi atenei italiani. «Facendo ricerca su fenomeni della moda – spiega lo studioso giapponese – ho cercato colleghi sociologi di questo settore e sono arrivato a Milano molti anni fa. Da allora è nato un rapporto stretto con l’Italia e vengo qui spesso. In Sardegna sono venuto la prima volta nel 2006».

Conoscendo bene la realtà italiana, cosa dovremmo imparare secondo lei dal modello giapponese per quanto riguarda sviluppo urbano e sostenibilità?

«A lavorare sull’applicazione tecnologica. Noi vediamo la tecnologia come uno strumento fondamentale per uno sviluppo ambientale sostenibile».

L’inquinamento è stato ridotto seguendo questa via?

«Certo. Anche perché, va ricordato, a partire dagli anni Ottanta molte fabbriche sono state trasferite in altri Paesi. In Cina, Corea, Vietnam, Thailandia. Il Giappone si è comunque assunto le sue responsabilità e punta sempre a sviluppare tecnologie che possono aiutare a migliorare la lotta all’inquinamento. Per esempio si stanno elaborando soluzioni per l’eliminazione delle scorie radioattive che rappresentano un grave problema del nucleare».

Perché il Paese decise di puntare sul nucleare e qual è oggi, a sette anni dal disastro di Fukushima, il sentimento popolare sulla presenza nel territorio delle centrali?

«Per contrastare le emissioni di anidride carbonica provocate dalle energie tradizionali e più in generale il fatto che il Giappone non ha grandi risorse da questo punto di vista, quarant’anni fa si è deciso di puntare sulle centrali nucleari. Una scelta accettata anche per la mancanza di altre risorse. Quello che è successo a Fukushima ci ha fatto però capire il rischio che corriamo e l’opinione pubblica oggi è contraria a questi impianti. Sono tornate a funzionare, ci sono nuovamente centrali attive, ma non mancano proteste, un atteggiamento raro in Giappone. La richiesta generale è cambiare fonte di energia».

Quali sono le alternative?

«C’è l’energia solare, anche se il clima monsonico non favorisce tanto i pannelli solari, e quella geotermica che rappresenta un’ottima scelta anche perché il Giappone è un paese di vulcani. È adatto per sviluppare questa fonte di energia».

A Tokyo com’è la situazione?

«Molto buona. È una città ricca di spazi verdi, l’aria è pulita e si può fare anche il bagno nella baia».

Nel 2020 ci saranno le Olimpiadi, un evento che ha cambiato il volto di tante città. Sta accadendo anche a Tokyo?

«Tokyo è sempre una città in continua trasformazione. Negli ultimi cent’anni è stata anche ricostruita due volte da zero: dopo il grande terremoto del 1923 e dopo i bombardamenti americani della Seconda guerra mondiale. Oggi la preparazione per le Olimpiadi sta rinnovando ancora di più e molto velocemente la città, con la costruzione di nuove strutture e non solo. Questo cambiamento si sposa con i concetti di sostenibilità che sono fondamentali. Per esempio dal punto di visto energetico si vedono sempre più stazioni di rifornimento di idrogeno».

Ma come convive questa spinta continua verso il futuro con il rispetto del passato e della natura?

«Alla base di tutto c’è lo shintoismo che non è proprio una religione, ma un modo di vedere le cose, una visione spirituale che disegna un’etica sociale. La natura per noi è al centro e la convivenza con essa passa anche attraverso la tecnologia. Ci sono oggi scienze specializzate in questo aspetto, il kansei engineering. Una sorta di ingegneria umanistica».

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