La Nuova Sardegna

 

Daniela Pes, l’eleganza del canto in gallurese

Giuseppe Pulina
Daniela Pes, l’eleganza del canto in gallurese

Ventisei anni e una carriera artistica che va facendosi sempre più esaltante. Daniela Pes non è più solo una delle grandi promesse della musica sarda

16 giugno 2018
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Ventisei anni e una carriera artistica che va facendosi sempre più esaltante. Daniela Pes non è più solo una delle grandi promesse della musica sarda. Le starebbe stretta ormai anche l’etichetta di rivelazione dell’anno. La musicista che nel 2017 ha vinto il Premio Parodi e che si è affermata anche nell’ultima edizione di Musicultura inizia ad essere molto di più di una promessa mantenuta o di un’artista emergente. È, se vogliamo dirla tutta, una delle punte di quella new wave musicale sarda che, a suon di riconoscimenti e titoli, sta guadagnando con orgoglio e merito l’altra sponda del Tirreno. Chi la conosce da sempre, come i suoi concittadini di Tempio, direbbe in effetti che è sempre stata una “steddha” predestinata al successo.

Un classico, ma sempre raro, caso di enfant prodige perché la “profezia” ha avuto inizio sin dai primi vagiti trasformati in note musicali, quando la piccola Daniela sicuramente non immaginava che un giorno (e oggi è quel “giorno”) il suo talento sarebbe stato riconosciuto da tutti. Quello di Daniela è, in effetti, un destino segnato. Cresciuta in una famiglia di musicisti (solo la madre non lo è), non poteva non esserlo anche lei. La musica è sempre stata il quinto elemento di casa Pes. Tutti, dai fratelli Mauro e Marco al padre Marcello, ce l’hanno da sempre nel sangue, come una di quelle dolci ossessioni di cui non ci si può liberare tanto facilmente. L’imprinting è venuto dal padre, avvocato di professione «con un cuore – dice Daniela – da autentico musicista, tanto che gli riconosco una passione superiore alla mia». Inappuntabile in un tribunale, Marcello non lo sarebbe meno quando ha uno strumento in mano.

«È capace di suonare ininterrottamente, per ore intere, e nessun musicista che io conosca è come lui». Un altro modello potrebbe essere Marco, il fratello più grande, ma solo di un paio di anni. Vive a Dublino, dove si è laureato in musica, lavora come compositore di colonne sonore per cortometraggi, e di bello c’è che ne ha già realizzati anche per la Rai. Insieme a lui, a Mauro, piccolo mago della batteria che usa le bacchette come due appendici degli arti, e al padre stacanovista, Daniela potrebbe fondare un quartetto niente male. Un quartetto di cui lei, naturalmente, sarebbe l’indiscussa front-girl.

La strada che sta seguendo è però un’altra e ben si attaglia alla sua personalità di creativa che vuole sperimentare nuove vie sino a quando non troverà quella che più le si addice. In questi giorni sta facendo la spola tra la sala di registrazione di Andrea Pica, a Olbia, dove sta prendendo corpo la preproduzione del disco che uscirà nei prossimi mesi, e il palco dello Sferisterio di Macerata, dove è in corso l’esibizione degli otto vincitori di Musicultura. Il disco, sul quale la musicista tempiese non concede anticipazioni, sarà la summa del percorso intrapreso. Si sa, comunque, che tutte le tracce saranno in gallurese, che il brano di don Baignu farà da singolo e che a questo sarà abbinato un video. «Sto cercando un suono identitario, intendendo con questa parola qualcosa che mi appartenga e distingua. In questa operazione mi servo della musicalità del gallurese, che sento come un’idea, un concetto, una forma di esperanto e che è come un ponte che mi collega a più mondi musicali». D’altronde, se Daniela Pes è tra i vincitori di Musicultura è per l’equilibrio che ha saputo creare tra il rispetto della tradizione e la necessità di una sua rigenerante interpretazione.

Mettendo in musica le poesie di don Baignu Pes, poeta gallurese del Settecento, Daniela non solo non ha tradito il suo credo artistico, ma lo ha, semmai, alimentato e rinnovato. Sinora ha incontrato più generi, mostrando una speciale inclinazione per il jazz. Di ibridi armoniosi, equilibri complessi, è fatta la sua ricerca musicale, simile a quegli abiti colorati che Alessandra Mura, stilista sassarese, le cuce addosso come una seconda pelle. «Abiti meravigliosi – tiene a far sapere Daniela – che si sposano con la musica che suono». Vestiti colorati, eleganti, misurati, come i versi di quel poeta sacerdote del Settecento che mai e poi mai avrebbe sospettato che la sua poesia sarebbe un giorno rivissuta grazie all’arte di un’altra Pes.

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