La Nuova Sardegna

«Leggendo metropolitano è stato costretto a morire»

di Sabrina Zedda
«Leggendo metropolitano è stato costretto a morire»

Il duro atto di accusa del direttore Gaeta contro la Regione e il Comune di Cagliari «Chiudiamo: lungaggini e intoppi burocratici non garantiscono i finanziamenti»

17 giugno 2018
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CAGLIARI. L’intenzione di lasciare la covava da tempo. Ma annunciare semplicemente che il festival “Leggendo metropolitano” finiva con la decima edizione, appena conclusa, per il suo inventore sarebbe stato troppo poco. Perché dietro alla decisione di Saverio Gaeta c’è molto di più di quel numero 10, così tondo e quindi perfetto per dire addio. Ci sono i ritardi della burocrazia e la miopia della politica, sino a quel ceffone, mai dimenticato, ricevuto in occasione dell’arrivo in città del Premio Nobel israeliano Amos Oz. E così, l’occasione per annunciare che il festival si chiude qui è quella buona per togliersi finalmente i sassolini dalle scarpe.

Pantaloncini e maglietta nera (gadeget del festival), Gaeta si sfoga seduto su un divanetto davanti al quale campeggiano i suoi trofei: quattro medaglie del Presidente della Repubblica, per i meriti acquisiti da un festival di grande respiro come il suo, e una massiccia rassegna stampa dove “Leggendo metropolitano” compare in prestigiose testate nazionali come il domenicale del Sole 24 ore o Repubblica. «Non sono mai stato accettato in questa città – attacca– Ma i fatti parlano: in questi dieci anni abbiamo portato sette premi Nobel e sei premi Pulitzer. Abbiamo ospitato autori come Amos Oz, Zygmunt Bauman, Ian McEwan, Peter Cameron».

In tutto questo però, si domanda Gaeta, dove era la politica? Sì, perché sin dall’inizio il patron di “Leggendo metropolitano” non ha avuto pace: «Per le prime due edizioni mi sono indebitato – racconta – Poi ho dovuto combattere per ricevere i contributi pubblici, mai arrivati puntuali». Numeri alla mano, Gaeta parla di un festival che da altre parti non costerebbe meno di 500 mila euro, ma che lui ha organizzato con poco più di 200 mila: meno della metà arrivano da Regione, Comune e Fondazione di Sardegna, il resto l’ha tolto fuori in parte indebitandosi, in parte grazie agli sponsor. «Dalla Regione non ho ancora ricevuto i soldi per pagare i ragazzi che hanno lavorato con me l’anno scorso». Una situazione resa più pesante dalle lotte di ogni giorno, combattute per reclamare maggiore dignità: «Un dirigente che non rispondeva mai al telefono mi ha urlato contro perché, esasperato, alla fine ho chiamato l’assesssore», continua Gaeta. Ma si potrebbero citare altri fatti: come le spese per il progetto grafico del festival, per la Regione non finanziabili, o gli spazi concessi e poi negati: «Qualche anno fa l’allora assessora alla Cultura, Claudia Firino, mi promise che avrei potuto utilizzare l’ex Manifattura Tabacchi –ricorda ancora il direttore di Leggendo Metropolitano – Il giorno prima che cominciasse il festival mi fece sapere che era inagibile, e dovetti trovare un’altra soluzione, perdendo anche dei soldi»

Tra delibere che «sembrano scritte da Pluto e Carabella» e rappresentanti delle istituzioni che non si sono mai fatti vedere al festival («Una sola volta è stato ricevuto dal sindaco un Premio Nobel») e funzionari che si accaniscono sui rendiconti, la situazione era divenuta insostenibile: «Non farò più nulla – continua lo sfogo – Ma vigilerò su quello che sarà fatto. Controllerò ogni delibera». Perché il cuore vero del problema è una politica culturale non sempre all’altezza delle aspettative e che non riesce a pensare alle nuove generazioni, coloro alle quali Gaeta sembra guardare più di tutto. Mal di pancia a parte, «resta il fatto che sono stati dieci anni favolosi. Ho lavorato con ragazzi meravigliosi e qualche volta anche con bravi politici, che però durano poco».

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