La Nuova Sardegna

Sartoretti, il Bufalo con radici a Meana Sardo

Il “Bufalo” che non ti aspetti. Andrea Sartoretti, attore diventato mito per la fiction nostrana con il ruolo iconico in Romanzo criminale, nella perfetta nemesi attoriale diverge completamente dal...

21 giugno 2018
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Il “Bufalo” che non ti aspetti. Andrea Sartoretti, attore diventato mito per la fiction nostrana con il ruolo iconico in Romanzo criminale, nella perfetta nemesi attoriale diverge completamente dal killer pazzoide della serie cult. La genesi del suo sogno di fare l’attore si compie a Cagliari, a casa della nonna materna, originaria di Meana Sardo. Il sogno di diventare attore prende forma lì, davanti alla tv che proietta il “Pinocchio” di Comencini. «Lo ricordo, quell’estate in quella casa, una delle fiabe più belle del mondo, con quella vena quasi horror in certi momenti, fatta di tante parentesi belle, poetiche e altre brutte e cattive – racconta Sartoretti -. Da lì iniziai a pensare a quel mestiere, ma la gavetta è stata dura. Ricordo che i primi sei anni lavoravo per permettermi di poter recitare, facevo il guardiano in una specie di galleria e prestavo servizio alla Lipu. All’epoca si faceva tanto teatro e non guadagnavo nulla». Sartoretti è a Olbia in veste di giurato dell’ottava edizione del Figari Film Fest. «Ho visto tanti bei cortometraggi, stranamente su sette almeno quattro trattavano il tema della vendetta – racconta Sartoretti -. Questa cosa mi ha un po’ incupito (sorride, ndr). In realtà io non sono un tipo vendicativo. Per nulla». Continua così la nemesi rispetto al suo personaggio televisivo più famoso, anche se i ruoli leggeri non sono mancati, soprattutto in “Boris”. «Nel mio ultimo lavoro interpreto il personaggio ispirato alla vita di Luigi Rizzo, un eroe della Prima Guerra mondiale, che diede un contributo fondamentale nella vittoria sull’Austria con le sue due piccole imbarcazioni – racconta -. Lui fu un ammiraglio, nato a Milazzo, morto giovane, a 57 anni. Una storia bella e appassionante per la regia di Leonardo Tiberi». Infine un inno al cinema, quello del grande schermo. «I film si devono vedere lì, in sala o in un cinema all’aperto come qui al Figari Film Fest. Solo quella è la magia, solo quell’esperienza è davvero cinematografica». (g.d.m.)

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