La Nuova Sardegna

La Sardegna vista con i piedi

Luca Urgu
La Sardegna vista con i piedi

Giovanni Chessa, un vigile del fuoco nuorese, ha camminato per 300 chilometri da Quartu a Posada lungo un antico sentiero. Tante le emozioni e non sono mancati gli imprevisti

23 giugno 2018
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Un passo dietro l’altro con la gioia nel cuore. Trecento chilometri a piedi, lungo la dorsale sud orientale dell’isola. Per scoprire una Sardegna insolita ricca di umanità, bellezza, ma anche con qualche imprevisto. Un sogno per tanto tempo nel cassetto è diventato realtà.

Giovanni Chessa, 45 anni, nuorese, ha concluso in solitario un singolare tragitto a piedi. Ha camminato per dodici giorni partendo da Quartu Sant’Elena per poi concludere il tragitto a San Giovanni di Posada. In mezzo fino al traguardo località come il Monte Serpeddì, Armungia, Quirra, Jerzu, Ulassai, Seui, Perda Liana, Punta Lamarmora, Bruncuspina, Correboi, Supramonte di Orgosolo e Su Gologone di Oliena fino al mare della Baronia. Fisico atletico, ma soprattutto mente salda e determinazione che contano più dei muscoli, lo hanno convinto ancora una volta a partire. Da vigile del fuoco conosce bene le modalità dei soccorsi e l’orientamento anche in situazioni critiche, ma ha soprattutto la curiosità dell’esploratore.

E’ uno che ha già camminato a lungo – ha in archivio due cammini di Santiago, quello classico dai Pirenei ma anche quello più intimistico e meno battuto dal Portogallo – ma questa volta il bisogno di scoprire la sua terra ha aggiunto motivazioni. «Il viaggio da Quartu a Posada non era casuale – racconta Giovanni appena tornato dall’esperienza – la prima località e dove abito mentre il centro della Baronia è il luogo dell’anima e della mia infanzia, dove i miei genitori hanno una casetta e qui ci trascorrono le estati».

«Volevo conoscere dall’interno la mia Sardegna, capire cosa mi avrebbe regalato – dice rievocando lo spirito della preparazione del viaggio – scoprirla da un punto di vista diverso dal solito sia per quanto riguarda le risorse ambientali ma anche incontrare la gente del posto». «Dopo aver letto il libro “Sentiero Sardegna” e consultato varie cartografie ho scelto il Sentiero Italia – aggiunge – un tragitto che parte da Santa Teresa di Gallura e arriva a Sgonico, in provincia di Trieste, come mappa del mio cammino». Giovanni si era documentato nel dettaglio apprendendo che il tracciato era stato studiato sulla carta e sul terreno da Salvatore Dedola della sezione Cai di Cagliari. Lo scorso 6 giugno la partenza all’alba con lo zaino in spalla, sacco a pelo e viveri per più giorni.

«Mia moglie era molto timorosa di questa mia nuova avventura ma mi ha incoraggiato – racconta ancora – con me ho portato un Gps traccia persona per permettere a chi sta in casa di seguire i miei spostamenti e intervenire in caso di necessità. Stessa cosa ho fatto con i miei colleghi vigili del fuoco».

Il sentiero Italia che Chessa traccia sul Gps e che viene riportato su tante carte escursionistiche, ben presto si rivela solo un miraggio: «Sicuramente era stato tracciato anni fa ed era presente sul territorio, ma poi nessuno si è occupato di gestirlo soprattutto nella prima parte del percorso». La mancanza di segnali, e la presenza di ostacoli continui come recinzioni con filo spinato, boschi fitti o terreni militari nel caso di Quirra mi impediscono il cammino e rendono il tragitto insicuro e molto rischioso. Più volte mi trovo in zone impossibili da percorrere, spesso si sono rivelate fondamentali le carte IGM che mi hanno permesso di cambiare percorso».

Paura? «Diverso tempo prima che partissi me lo hanno chiesto – conclude il nuorese – Per tutti la mia risposta è stata sempre la stessa: quando vai per la tua strada con il sorriso e uno zaino sulle spalle, dal mondo delle campagne non puoi che incontrare amore». Nell’ultima tappa suo fratello Paolo si è unito a lui per un arrivo in coppia a Posada.

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