La Nuova Sardegna

La folle galoppata per Sant’Antinu

La folle galoppata per Sant’Antinu

Il cavallo bianco di Luciano Putzulu scalpita sulla sommità di Frontigheddu, l’altura di fronte al santuario dove tutto comincia. Sono le 19 e il sole è ancora alto in questo venerdì di luglio....

07 luglio 2018
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Il cavallo bianco di Luciano Putzulu scalpita sulla sommità di Frontigheddu, l’altura di fronte al santuario dove tutto comincia. Sono le 19 e il sole è ancora alto in questo venerdì di luglio. Davanti al capocorsa migliaia di puntini colorati spalmati sull’enorme anfiteatro naturale: sono le persone, almeno ventimila, arrivate da tutta la Sardegna per assistere al rito millenario dell’Ardia che come ogni anno si è tenuta a Sedilo. Dietro i settanta cavalieri che lo seguiranno nella discesa a perdifiato verso la chiesa di San Costantino.

Sullo sfondo l’incessante susseguirsi degli spari dei fucilieri di Sedilo che incoraggiano i cavalieri e contengono il nervosismo dei bellissimi purosangue. A Putzulu basta fare un cenno alla seconda e terza pandela Antonio Porcu e Graziano Salaris per scatenare l’inferno. E lo fa. Subito dopo una stretta ai fianchi del cavallo e il serpente di uomini e cavalli al galoppo sfrenato scende in mezzo alla folla alzando un nuvolone di polvere. I cavalieri si infilano a tutta velocità nell’arco di Costantino che porta all’area del santuario e poi risalgono fino a dietro la chiesa dove fanno la prima sosta.

Tutto bene, se si esclude che in fondo al tragitto la seconda e la terza pandela vengono superate da un cavaliere particolarmente audace: è di Pier Giuseppe Spada, noto Rondella, che si parla con una certa ammirazione tra gli addetti ai lavori alla fine della corsa. Per il resto però tutto è filato liscio, tranne un incidente nella piazza del paese dove un cavaliere è caduto procurandosi un trauma cranico ed è stato subito soccorso dai sanitari. Sarà anche per questo che Luciano Putzulu, dopo essere sceso da cavallo e aver abbracciato la figlia, appare un po’ deluso: «Poteva andare meglio», dice e poi si fa travolgere dagli amici che si complimentano prima di entrare in chiesa per assistere alla messa, un atto dovuto a San Costantino dai cavalieri e da tutta la comunità. E’ così che Sedilo archivia con successo un’altra edizione dell’Ardia. Tutto era cominciato intorno alle 18.30 nella piazza parrocchiale del paese. L’eccitazione scandita dalle centinaia di fucilate sparate a salve: frastuono di novemila cartucce imbottite di polvere da sparo e polenta, sì polenta, per accompagnare i tre condottieri nella battaglia. Le altre novemila preparate saranno esplose stamattina nell’Ardia dell’alba, una cerimonia per pochi, si fa per dire, ma comunque più intima perché è difficile arrivare alle 7 dal resto della Sardegna.

Ieri invece, una manciata di minuti prima della partenza del drappello formato dal parroco, dal sindaco Salvatore Pes e dai carabinieri a cavallo don Battistino Mongili aveva consegnato le bandiere, quella dorata al capocorsa, quella rossa al secondo, quella bianca al terzo e aveva benedetto le “armi” da portare nel campo per sconfiggere gli uomini di Massenzio e sdoganare per tutti, anche per i sardi, il culto cristiano. Perché comincia così, nel IV Dopo Cristo, la devozione a un santo, Costantino Imperatore, santo solo per coloro che nei secoli lo hanno scelto come suprema guida spirituale, capace di lenire i dolori, di concedere le grazie. Lo testimoniano le migliaia di ex voto che tappezzano le pareti del santuario, infinite microstorie di malattie, di incidenti sul lavoro agropastorale, universo di paura, speranza e sollievo. Di gratitudine e religiosità, anche, dove sacro e profano danno vita a un rito collettivo di straordinaria potenza qual è la rappresentazione della battaglia di Ponte Milvio tra Costantino e l’esercito di Massenzio e della vittoria del primo sui secondi con il conseguente via libera all’editto di Milano che nel 313 accordò la libertà di culto ai cittadini dell’impero romano e pose fine alle persecuzioni contro i cristiani.

Da allora Costantino è venerato in tutte le aree in cui ha resistito il culto di origine bizantina e numerose sono le celebrazioni in suo onore. Ma l’Ardia di Sedilo è qualcosa di unico: qui si avverte l’inestimabile investimento emotivo in coraggio, soprattutto, il coraggio di lanciarsi a perdifiato e rischiare la vita in sella al cavallo per dimostrare alla propria comunità che c’è ancora ci si prende la responsabilità di essere un punto di riferimento per tutti, per tutto l’anno, fino alla nomina del prossimo capocorsa da parte del parroco. E’ lui che, mesi prima della nuova festa, lascerà tutti col fiato sospeso scorrendo la lista di coloro che si sono iscritti.

C’è chi aspetta da anni il suo momento. Anche una ragazza, Alessandra Spiga, 26 anni, infermiera al San Martino di Oristano che a cavallo ci sa andare più di molti maschi. «Prima o poi toccherà a me», dice. Certo, gli uomini storcono il naso davanti a un’ipotesi così rivoluzionaria. Ma le cose cambiano anche quando sembra impossibile. Lo ha insegnato a tutti Costantino, 1700 anni fa.



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