La Nuova Sardegna

L’astore e la poiana che gli insegnò a volare

Luciano Piras
L’astore e la poiana che gli insegnò a volare

Marco Lutzu, fotografo e naturalista di Orani, racconta come ha salvato un piccolo rapace e creato una nuova famiglia

19 luglio 2018
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ORANI. Accidenti a loro. A quei due ragazzini faccia da schiaffi... Quando se li è trovati davanti sotto casa, Marco Lutzu l’ha capito subito che avevano combinato qualcosa. Comincia così una storia vera che soltanto Sepulveda avrebbe potuto trasformare in favola. Protagonisti un astore e una poiana che gli ha insegnato a volare e a sopravvivere. Dandogli anche un fratello “gemello diverso”. «Ma vi rendete conto di quel che avete fatto? Cosa diavolo vi è saltato in testa?», ha alzato la voce il fotografo naturalista di Orani per non scaricare i ceffoni che i due quattordicenni meritavano.

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Mortificati, tenevano in mano una scatola di cartone: «Quando abbiamo visto quel nido enorme non abbiamo resistito». Perciò hanno raccolto il pullo di astore ormai rimasto orfano. Un magnifico esemplare di accipiter gentilis arrigonii, il pirata dei boschi di Sardegna, forse destinato a morire in un nido abbandonato. «La frittata è fatta, accidenti a voi» ha sbottato Lutzu, che non si è perso d’animo: «La mia mente è tornata indietro di circa quarant’anni quando con gli amici visitavamo tutti i nidi del circondario: su albero, su roccia o su insicure mura di case diroccate. In automatico ho rivisto anche il compianto Gianfranco Kranz Noli, insostituibile compagno di mille follie che un cuore impazzito si è portato via a soli trentatré anni. Tutto quel turbinio di ricordi e di emozioni mi ha ridato la freddezza da adulto ricordandomi che spesso da piccoli la passione e il desiderio di impadronirti di quanto ammiri corrono paralleli: è umano. No, non potevo accanirmi ulteriormente contro questi due ragazzini».

Che fare allora? «Faccio un sopralluogo all’albero del nido che gli stessi ragazzi mi hanno indicato, nelle campagne tra Orani e Ottana, e mi rendo conto che è stato abbandonato perché un grosso alare è stato segato (insieme ad altri rami di piante vicine), per far passare un voluminoso camion carico di sughero appena estratto proprio in quella vecchia carrareccia ormai troppo chiusa dalle chiome».

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«Non avendo a disposizione nidi di astore occupati da suoi coetanei, decido di mettere il superstite su un nido di poiana» racconta Marco Lutzu. «I giorni precedenti avevo adocchiato un sito, tra Sa Serra e la piana di Oddini, con un unico pullo più o meno della stessa età per cui... l’indomani sono su quella sughera. Depongo il piccolo astore nella casa adottiva e mi allontano. In un primo momento i due si ignorano (e questo è già un buon segno) ma quando, circa mezz’oretta più tardi, vedono arrivare mammina con le cibarie, entrambi la accolgono con entusiasmo. Il primo passo è fatto». Riposto il binocolo nella custodia, Lutzu torna a casa pur con qualche dubbio.

«Per impegni di varia natura, nei tre giorni successivi non posso controllare il nido, ma al quarto il binocolo coglie i due “gemelli diversi” in piedi sulla piattaforma, spalla a spalla, intenti a scrutare l’orizzonte in trepida attesa di rifornimenti. È andata». A quel punto, il fotografo torna diverse volte. E ogni volta c’è una sorpresa. Con la poiana, grossa, ormai quasi perfettamente piumata, e il fratello astore diventato una scheggia volante. Orgoglio di mamma tata poiana che ora può vantare un figlio adottivo pirata del bosco. «Sono certo – chiude Lutzu – che vedendo le sue gesta, la mite genitrice pensi e annunci ai quattro venti: “Ho procreato un super bird”».
 

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