La Nuova Sardegna

Antonio Lubrano: «Sardegna bella e anche faticosa»

Roberto Sanna
Antonio Lubrano: «Sardegna bella e anche faticosa»

Da 25 anni trascorre le vacanze a Santa Teresa di Gallura il conduttore di una trasmissione che fece la storia della televisione italiana

25 luglio 2018
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Quando ha visto un liquido di colore imprecisato scendere dal rubinetto della sua casa di San Pasquale,tra Santa Teresa e Palau, forse ha rimpianto di non essere ancora nella sua postazione a condurre una delle trasmissioni che hanno fatto la storia della televisione italiana. Antonio Lubrano, come ogni anno dal 1992 a questa parte, in questi giorni sta trascorrendo l’estate in Gallura e a 86 anni non ha intenzione di farsi da parte tanto che ha appena pubblicato per Castelvecchi il libro “L'Italia truccata”, una sorta di saggio dei suoi anni televisivi durante i quali ha raccontato «storie assurde e trufferie varie. Ci sono le cose più strane che mi è capitato di vedere durante la mia carriera, cominciata nel 1968 col programma “Un volto, una storia”. Erano i tempi di “Canzonissima”, il successo di un programma si misurava non coi dati di ascolto come oggi ma col famoso “indice di gradimento” che veniva preso su un campione di cinquemila famiglie. Tornando al libro, chi l’ha letto l’ha trovato divertente, aggiungo che comunque c’è una nota di amarezza perché, da cittadino, riconosco che non sono storie edificanti».

Il suo volto è associato a “Mi manda Lubrano”, programma che ha veramente fatto storia nel nostro paese.

«Tutto cominciò con “Diogene”, nel 1990, programma di dieci minuti che andava in onda dopo il Tg2 e nel quale si parlava di diritti calpestati. Il venerdì sera, poi, c’era il confronto con le autorità chiamate in causa. Ascolti straordinari, anche quattro milioni di spettatori, così nacque l’idea di un programma in prima serata interamente dedicato a questo argomento».

Come fu l’impatto?

«Intanto non volevo il mio nome nel programma, a quei tempi solo Maurizio Costanzo e Mike Bongiorno avevano un simile onore e sinceramente mi sembrava esagerato. Però dovetti cedere perché volevano comunque un richiamo a “Diogene”. Il primo anno non fu dei migliori, appena due milioni di spettatori, nelle stagioni successive invece il boom, arrivammo a sei milioni, nessuno lo avrebbe mai immaginato. E mi fa piacere che molti abbiano attribuito questo successo al mio modo di condurre la trasmissione».

Uno stile che la televisione di oggi, coi suoi talk-show urlati, ha abbandonato. Guarda mai quei programmi?

«Devo essere sincero: ormai li guardo molto raramente. Li trovo insopportabili, non mi riconosco più, troppo urlati».

Come ha scoperto la Sardegna?

«Me l’ha fatta scoprire la mia seconda moglie, che è proprietaria di una casa qui a San Pasquale. Stiamo qui sempre tutto il mese di luglio, è bellissimo, la mattina mi alzo e da casa vedo Spargi, poi vado a fare il bagno a Porto Pollo. Qualche giorno fa ho anche avuto modo di fare un’escursione a cavallo lungo il Liscia ed è stata una sorpresa, ho vissuto un’ora e mezza deliziosa in una Sardegna magari non selvaggia, perché non è il termine giusto, ma certamente inedita».

Se dovesse fa qualche segnalazione al suo programma per i disservizi che ha trovato qui in Sardegna, da quale comincerebbe?

«Vi racconto l’esperienza più recente: ho aperto il rubinetto di casa e l’acqua era marrone, così ho chiamato Abbanoa ma non mi hanno risposto. Allora ho chiamato il Comune e ho trovato una persona molto gentile che mi ha aiutato, dopo un paio d’ore è venuto un operaio di Abbanoa ma sul momento non è che abbia risolto granché. Poi in giornata, finalmente, sono riusciti a venire a capo del problema».

E sui trasporti cosa dice?

«Non ne parliamo, questa continuità territoriale mi sembra giusto una bella espressione con poco riscontro nei fatti. Faccio ancora un esempio in prima persona: in agosto dovrò andare a Procida, la mia città, a presentare il libro e non ho trovato un aereo diretto per Napoli a un orario decente. Alla fine dovrò andare a Roma, poi prendere il treno per Napoli e finalmente l’aliscafo. Non è un problema che potete trascurare, se non mettete a posto i trasporti tutto si fa più difficile per voi. Anche il sovraffollamento è un problema, in estate a Santa Teresa c’è una concentrazione di gente e di automobili pazzesca, quando sei in mezzo al traffico sembra di essere a Roma o a Milano. In certe situazioni una vacanza in Sardegna diventa davvero molto faticosa».

In questi venticinque anni avrà visto anche il territorio trasformarsi, soprattutto nelle coste.

«Quando sono venuto qui per la prima volta San Pasquale era un piccolo paradiso, un posto piacevole che poteva essere un esempio per tutti. In pochi anni invece il paesaggio si è trasformato e in peggio, l’edilizia ha rovinato le coste della Sardegna. Non posso parlare di altri posti perché non li conosco, prima del 1992 ero stato solo una volta a Cagliari per seguire una crisi politica regionale ed ero andato anche a Villasimius. Avevo avuto un’impressione di un certo tipo, mi sembra che adesso siano cambiate troppe cose. Dovete ricordarvi che il mare resta sempre il vostro capitale e ve lo dice un isolano come voi. E per di più il vostro mare è più bello del nostro».

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