La Nuova Sardegna

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Il senso della vita per Vito Mancuso

di Daniela Paba
Il senso della vita per Vito Mancuso

Le riflessioni del teologo insieme a Luigi Manconi e don Cannavera

03 agosto 2018
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PERDASDEFOGU. Le occasioni in cui “Il bisogno di pensare” si manifesta concretamente in una dimensione collettiva non sono molte. Tra i ruderi della chiesetta di San Sebastiano l’incontro con Vito Mancuso, ha trovato la cornice ideale per accogliere il teologo e il suo pubblico nella terza giornata di “Sette sere, sette piazze, sette libri”, per ascoltare, insieme a Mancuso, il suo omonimo sardo Luigi Manconi e Don Ettore Cannavera.

La traiettoria del libro “Il bisogno di pensare” nasce per Mancuso dalla constatazione delle antinomie che costellano il senso della vita per ciascuno di noi: da Plauto a Stazio la relazione col mondo è quella dell’homo homini lupus o, al contrario, quella dell’homo homini deus? Qualcosa di feroce o qualcosa di divino? La Natura è bestiale come insegna Leopardi o manifestazione di armonie divine come dice Dante? «Inchiodato alle antinomie insolubili – spiega Mancuso – ho sentito il bisogno di raccontare il senso della vita dalla parte delle speranze, con argomentazioni emotive, sentimentali, investendo sul polo positivo, sapendo che quello negativo c’è». Don Ettore Cannavera è intervenuto sul bisogno di “non pensare” cui l’autore dedica un ampio capitolo, ponendo a complemento del primo, l’altro libro di Mancuso, “Il coraggio di essere liberi” e partendo dall’eclissi di luna che ha riportato ciascuno a indagare il senso della vita. «Della mente cosmica sappiamo tutto – ha risposto il teologo – abbiamo anche le foto dell’universo neonato. Sull’origine della vita le teorie sono ancora molto contradditorie: Jaques Monod nel libro “Il caso e la necessità” descrive la vita un accidente cosmico in cui gli uomini si muovono come nomadi vagabondi. Per Christian de Duve la vita nasce come imperativo cosmico da polvere vitale. Gli stessi dati sono letti in termini opposti: la vita esiste in altre parti del cosmo, l’esistenza di dio è altra questione, ma esiste una mente orientata». Del coraggio Mancuso ha ricordato l’etimo: l’agire del cuore, perché per il senso della vita sono necessarie le passioni. Ma anche il coraggio di non pensare se i pensieri diventano ossessivi.

Luigi Manconi ha detto che la politica ha perso il suo cuore, ha definito il ‘900 dominato da un pensiero di morte fino alla guerra, che però ha prodotto «la più grande esplosione di pensiero dell’età contemporanea che ha coinvolto tutta la società quando le classi subalterne si sono emancipate». Il nostro tempo invece cerca di annichilire il pensiero con la cultura dell’immediato: «Tutto ci chiede di non pensare, nei social il pensiero viene ridotto all’istante, senza possibilità di confronto dialettico».

Rivendicando un approccio femminile alla vita, Mancuso cita Pavel Florenskji nelle lettere dal gulag e difende il primato della relazione rispetto alla sostanza aristotelica: «L’aria è un sistema di gas, gli atomi sono il risultato di aggregazioni, anche il Bosone di X è una combinazione. Il principio è la relazione: più siamo in relazione, più fioriamo. Più siamo isolati più la vita sfiorisce. E in questo le donne sono più capaci».

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